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Quote rosa. Stampa Romana appoggia l’iniziativa delle giornaliste Rai. E denuncia: “Anche nella carta stampata le donne non hanno ruoli dirigenti”

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”L’Associazione Stampa Romana appoggia con forza l’appello delle giornaliste Rai per una maggiore presenza delle donne negli incarichi di direzione della tv pubblica, e lo estende anche sul fronte della carta stampata e dell’editoria radiofonica e televisiva locale di Roma e del Lazio -si legge in una nota del sindacato-. Nel folto panorama giornalistico della Capitale, infatti, i ruoli di gestione dei giornali sono quasi totalmente nelle mani di giornalisti maschi e le numerose donne impegnate quotidianamente nelle redazioni raggiungono al massimo la qualifica di caporedattore (ed anche queste si contano, comunque, sulle dita di una mano). Una situazione inaccettabile -prosegue la nota della Stampa romana- che fa emergere con ancora maggiore chiarezza come il mestiere giornalistico, nelle delicate e strategiche redazioni romane, sia preferibilmente affidato agli uomini, nonostante il mestiere giornalistico sia ormai sempre piu’ ‘al femminile’. L’Associazione Stampa Romana si augura che l’acceso dibattito politico sulle quote rosa produca anche all’interno del mondo giornalistico, non solo romano, una maggiore sensibilita’ nei direttori e negli editori dei giornali al ruolo e al peso dell’universo femminile”. (ANSA). 21 febbraio 2006
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RAI: le giornaliste al CDA:”Quote rosa nelle nomine”

Buone per condurre un Tg, per essere inviate di guerra, ma sempre escluse da incarichi di direzione, le giornaliste della Rai vogliono quote rosa nelle nomine. Un appello, corredato da centinaia di firme, dai nomi notissimi dei tre tg alle redattrici sconosciute al grande pubblico delle sedi periferiche, di Televideo o di Rainews, e’ stato indirizzato al presidente Petruccioli, al dg Meocci, al Cda ed alla commissione parlamentare di vigilanza. ”La questione della rappresentanza femminile in Parlamento, nei partiti e nelle istituzioni e’ diventata uno dei punti chiave della campagna elettorale, per entrambi gli schieramenti -si legge nel documento-. Il progetto di legge sulle quote rosa, nonostante il triste epilogo, resta comunque il segno di un’esigenza reale della societa’ italiana. Nell’attesa di vedere come andra’ a finire la composizione del nuovo Parlamento, pensiamo sia giunto il momento di sollevare la questione della parita’ sui luoghi di lavoro. A partire dal nostro lavoro, quello di giornaliste, e dalla nostra azienda, la Rai. Una sola occhiata agli organigrammi dei telegiornali e radiogiornali rende evidente una disparita’ divenuta insopportabile. Certo, in questi anni abbiamo guadagnato posizioni: possiamo occuparci tanto di cronaca quanto di politica, possiamo condurre un giornale, coordinarlo o essere inviate in mezzo alle guerre. Ma la carriera si ferma qui. I numeri parlano chiaro: tranne pochissime eccezioni le donne non riescono a raggiungere il livello di dirigente, qualsiasi sia l’anzianita” o l’esperienza di lavoro. I capi, insomma, sono uomini”. ”Il fatto che la Rai abbia avuto, negli ultimi dieci anni, due donne presidenti e alcune direttrici di testata -prosegue il documento delle giornaliste Rai-, non smentisce lo scenario di un quadro dirigente, vera ossatura dell’azienda, quasi totalmente maschile. Inadatte al comando per caratteristiche genetiche, oppure per una scarsa propensione a frequentare i luoghi del potere, a partire dalle segreterie dei partiti? Che non sia in atto alcuna inversione di tendenza lo dimostra la composizione dell’ultimo pacchetto di nomine per le sedi di corrispondenza all’estero. Facile indovinare quante siano le donne. Nessuna. Ovviamente tale disparita’ di trattamento si traduce in una sperequazione retributiva, sulla quale sarebbe auspicabile una maggiore attenzione anche da parte del sindacato dei giornalisti. A questo punto, ci piaccia o meno, l’introduzione delle quote rosa nella struttura dirigente delle nostre testate resta l’unico modo per sanare una situazione palesemente iniqua. A chi considera le quote rosa una misura persino umiliante, rispondiamo che siamo pienamente consapevoli dei limiti di questo strumento: ne faremmo volentieri a meno, se le promozioni fossero assegnate per meriti. Ma una discriminazione tanto clamorosa all’interno di una grande azienda europea dovrebbe essere ancor piu’ grande motivo di scandalo per tutti i suoi dipendenti, uomini e donne. Chiediamo pertanto al Consiglio di amministrazione -conclude il documento- di intervenire per cancellare questa macroscopica anomalia e riportare all’equilibrio la composizione dei vertici giornalistici dell’azienda, e alla Commissione parlamentare di vigilanza di garantire il rispetto dell’ art. 51 della Costituzione”. Il documento delle giornaliste Rai riporta poi i numeri della presenza femminile nelle varie testate: ”TG1: giornalisti 129 di cui 32 donne, dirigenti 27 di cui 2 donne; TG2: giornalisti 123 di cui 41 donne, dirigenti 18 di cui 4 donne; TG3: giornalisti 105 di cui 37 donne, 29 dirigenti di cui 2 donne; TGR: giornalisti 714 di cui 146 donne, dirigenti 46 di cui 7 donne; GR: giornalisti 182 di cui 63 donne, dirigenti 38 di cui 5 donne; Rainews24: giornalisti 89 di cui 37 donne, dirigenti 13 di cui 3 donne; Rai sport: giornalisti 80 di cui 10 donne, dirigenti 25 di cui 2 donne; Televideo: giornalisti 48 di cui 25 donne, dirigenti 11 di cui 4 donne; Rai international: giornalisti 36 di cui 13 donne, dirigenti 13 di cui due donne; Sedi di corrispondenza: 30 giornalisti per 13 sedi, 2 giornaliste”.(ANSA).

Roma, 21 febbraio 2006

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