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Il Comitato di Redazione di Repubblica si rivolge ai lettori: “Qualcosa non va nel quotidiano che voi leggete ogni giorno”

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Cari lettori, ci dispiace informarvi, anche in un delicato momento come quello pre-elettorale, che qualcosa non va nel quotidiano che voi leggete ogni giorno e nel quale lavora con passione una redazione di oltre quattrocento giornalisti che hanno sempre avuto un altissimo senso di attaccamento al giornale.

E non solo perché da ben 393 giorni gli editori rifiutano di rinnovare il nostro contratto di lavoro, ma perché anche la proprietà di un giornale «liberal» come Repubblica, al di là di tante parole astratte; sui temi concreti come i problemi dei suoi giornalisti non si comporta diversamente dalle altre aziende del settore. Siamo stati così costretti a indire uno stato di agitazione dalle conseguenze al momento imprevedibili, perché l’azienda ci ha sbattuto le porte in faccia su richieste improntate al più assoluto buonsenso e all’esigenza di migliorare la qualità del giornale.

Avevamo chiesto strumenti di lavoro adeguati alla realtà tecnologica di oggi (computer portatili, telefoni cellulari, ecc.), la ridefinizione del lavoro domenicale (il giornale oggi esce nell’edizione del lunedì in forma sempre più ampia e articolata, ma l’organizzazione del lavoro è ancora strutturata su un numero di pagine e di servizi nettamente inferiore a quelle effettive e, inoltre, mancano ancora due edizioni locali importanti come Bari e Palermo) e la regolarizzazione della situazione di un certo numero di colleghi «precari», da tempo impegnati in ruoli e servizi indispensabili per la realizzazione del giornale, ma non ancora inseriti a tutti gli effetti negli organici redazionali. Persone che anche voi leggete e probabilmente apprezzate.

L’editore ha risposto un sostanziale «no» su tutta la linea trincerandosi dietro una vaga esigenza di mantenersi a tutti i costi all’interno di un generico «budget» previsto per il 2006: Dimenticando che, se nel 2005 Repubblica ha prodotto non solo un incremento dei lettori, ma anche un consistente utile netto per gli azionisti, questo è dovuto anche e soprattutto al lavoro dei giornalisti che hanno supportato con la qualità del giornale e la sua autorevolezza la credibilità di tutte quelle iniziative «collaterali» allegate al quotidiano (libri, enciclopedie, Dvd, audio Cd; ecc.) che anno prodotto entrate economiche importanti per la crescita del Gruppo Editoriale.

Ci è stato detto che per ottenere gli strumenti di lavoro che abbiamo richiesto per tutti i giornalisti dovremmo eventualmente attendere una futura trattativa sui benefits, quasi che averli sia un privilegio e non un’esigenza lavorativa concreta. Sul lavoro domenicale ci è stato proposto solo l’azzeramento degli accordi esistenti, senza alcuna garanzia per i diritti dei redattori. Quanto poi alla sistemazione dei precari, l’azienda ha prospettato due possibilità: il rinvio a data da destinarsi – salvo pochissime eccezioni – o la loro sostanziale espulsione; mettendo in conto anche l’ipotesi di una vertenza di lavoro. Come se non bastasse, l’azienda si è rifiutata di tenere conto – come chiedeva il sindacato – del disagio di una categoria di giornalisti discriminati, quelli assunti dopo gli accordi nazionali del 1997 che, pur facendolo stesso lavoro degli altri colleghi; ricevono: ad esempio, stipendi inferiori ed hanno contratti integrativi dimezzati. Niente male come ringraziamento per aver contribuito a far diventare La Repubblica il più letto quotidiano italiano.

Per tutti questi motivi, il Comitato di Redazione è stato costretto a decidere, suo malgrado, la via di un duro confronto con l’azienda che – ce ne rendiamo conto – rischia di penalizzare anche voi lettori. La funzione di un sindacato è certamente quella di trattare, ma non possiamo subire sempre dei «no» pregiudiziali: Se nei prossimi giorni i lettori vivranno qualche disagio, ce ne scusiamo preventivamente; ma ora sapete il perché. Anzi, ci piace sperare che sarete al nostro fianco.

Il Comitato di Redazione

Roma, 28 marzo 2006

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