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Ridiamo dignità e verità ad Andrea Palladino: la solidarietà di Stampa Romana

Attaccato Andrea Palladino per le sue inchieste sul salvataggio dei migranti

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Andrea Palladino è un giornalista freelance. Da tempo segue con attenzione le rotte dei migranti. Lo ha fatto con senso etico, interessato a raccontare rigorosamente gli incroci della storia nelle acque del Mediterraneo e le condizioni terribili di chi tenta la sorte in Europa, spinto da una necessità e da un bisogno ineludibile.

Nel farlo in passato ha trovato a contrastarlo la derisione e le offese di chi ha fatto della migrazione un tornaconto politico nella difesa di “purezze” di vario tipo.

Gli abbiamo espresso solidarietà. Gliela rinnoviamo ora quando a limitare il suo racconto è stato il controllo del giornale, di Famiglia Cristiana, come ricostruisce Graziella Di Mambro.

Abbiamo sperato che la mediazione condotta con merito anche dal comitato di redazione restituisse dignità e verità a Palladino ma la mediazione non ha prodotto esito, chiudendosi con la fine del rapporto professionale.

È una ferita alla comunità dei giornalisti, più grave perché colpisce chi rischia da freelance tutto quello che ha in ogni pezzo per raccontare i fatti. La solidarietà di Stampa Romana ad Andrea Palladino.

STORIA DI UN RACCONTO SCOMODO

La storia del dissequestro della nave Open Arms raccontata nel dettaglio da Andrea Palladino, dopo l’iniziale giusta attenzione del giornale Famiglia Cristiana è diventata anche altro. Si è trasformata in una sorta di abiura nei confronti del giornalista, cui prima è stato pubblicato il pezzo sul sito del giornale, poi è stato messo off line e in seguito rimesso ma con titolo diverso e alcune modifiche del testo, tali da indurre l’autore a togliere la firma come previsto dal contratto nazionale. Ecco la sequenza dell’accaduto.

A fine marzo 2018 il primo step in concomitanza con la notifica alle parti del decreto di convalida del sequestro della nave da parte del Gip di Catania, documento che però conteneva una serie di elementi utili alla ricostruzione di quanto accade in quell’area e che, essendo di rilevante interesse pubblico, viene riportato nel pezzo di Andrea Palladino. Il 27 marzo 2018 Andrea Palladino invia alla redazione di Famiglia Cristiana l’articolo, concordato con i colleghi che seguono la versione online; il pezzo racconta quanto deciso dal Gip di Catania relativamente al sequestro della nave Open Arms. Nel pomeriggio dello stesso giorno, poco dopo le 17, c’è la pubblicazione sul sito della rivista, con il titolo: “Crolla l’accusa a Open Arms, ma dietro i Libici c’è la Marina Militare italiana” (clicca qui per leggere la versione pubblicata il 27 marzo). Nel decreto il Gip, che decideva di convalidare il sequestro facendo però cadere l’accusa di associazione per delinquere, scriveva apertamente che l’intervento delle motovedette libiche nel corso del salvataggio dei migranti operato dalla nave umanitaria era avvenuto sotto il coordinamento della Marina Militare italiana (forza che gestisce gli interventi di salvataggio nel mediterraneo centrale, afferma il magistrato di Catania, anche attraverso la Guardia costiera libica). Nello stesso documento è riportata la cronologia dell’intervento di salvataggio della Open arms del 15 marzo, operazione che verrà poi configurata dalla Procura di Catania come favoreggiamento dell’immigrazione clandestina (sarà poi il Gip di Ragusa a far cadere l’accusa dissequestrando la nave). Nella narrazione dei fatti appare chiaro come l’intervento della Guardia costiera libica abbia avuto quantomeno un supporto operativo da parte della Marina Militare italiana. Questi stretti legami verranno poi confermati – e rafforzati – dalla successiva discovery processuale dei documenti d’indagine (ad esempio la carta intestata della Guardia costiera libica riporta come contatto un numero di telefono della Marina Militare italiana). Dunque il titolo era assolutamente corretto e fondato. Ma verso le 22 del 27 marzo un redattore di Famiglia Cristiana contatta telefonicamente l’autore dell’articolo per comunicargli che il condirettore aveva disposto di mettere offline l’articolo.

Nel frattempo – vista anche la rilevanza del tema – il pezzo era stato condiviso migliaia di volte sui social, con una diffusione molto ampia. La mattina alcuni tweet segnalano pubblicamente la scomparsa dell’articolo (ad esempio il senatore Luigi Manconi) e la notizia viene riportata anche dalla versione online della rivista “Internazionale”. Il caso diventa così pubblico.

Nessuno della direzione aveva ancora comunicato a Palladino i motivi della decisione di rimozione del pezzo. Il 28 marzo un collega della redazione gli spiega che il condirettore, Regolo, aveva chiesto alcune modifiche del titolo e del testo prima di rimettere online l’articolo. Quindi lo stesso giorno gli vengono proposte le modifiche, ma Palladino, come previsto dal CCNL, decide di ritirare la firma, non condividendo le modifiche stesse. La sera del 28 marzo l’articolo esce con un nuovo titolo: “Crolla l’accusa a Open Arms, e un’interrogazione parlamentare parla di «respingimenti mascherati»”. Sparisce il riferimento alla Marina militare italiana nel titolo del pezzo e con alcune modifiche del testo che indeboliscono la questione del rischio di una accusa, nei confronti dell’Italia, di respingimento collettivo di richiedenti asilo. Il 29 marzo il condirettore Luciano Regolo scrive al giornalista autore del servizio chiedendogli di spiegare i motivi del ritiro della firma. Quanto alle motivazioni dell’intervento – che lo stesso condirettore ha ammesso essere “anomalo” nelle modalità – Regolo ha parlato genericamente di possibili problemi legali. Palladino risponde al condirettore argomentando la sua scelta, affermando, tra l’altro, che il ritiro a valle della pubblicazione di un articolo dal sito era una procedura anomala, contraria alla prassi giornalistica utilizzata nelle pubblicazioni online (qualsiasi intervento poteva essere operato dalla direzione senza rimuovere l’articolo); poco dopo riceve una replica, dove Regolo afferma di sentirsi “offeso”.

Quello che accade successivamente è ancora più strano perché Palladino non riuscirà più a far passare altri pezzi di approfondimento sull’argomento, nemmeno un’intervista, già realizzata, con il procuratore generale di Roma sul tema dei migranti. Il 16 aprile Palladino ha chiesto al condirettore di Famiglia Cristiana, con una mail, se le proposte inviate fossero state valutate, senza ricevere risposta.

Il 19 aprile il Cdr comunica al giornalista di aver incontrato il direttore di Famiglia cristiana, don Antonio Rizzolo, il quale ha suggerito di inviare una email spiegando che la motivazione sul ritiro della firma non voleva essere offensiva, ma una semplice argomentazione delle ragioni della scelta. Era un tentativo di mediazione. Palladino ha inviato quanto richiesto dal Cdr. Il 20 aprile il condirettore Luciano Regolo risponde comunicando, di fatto, l’interruzione della collaborazione, che sarebbe potuta continuare solo se il collega avesse pienamente riconosciuto la correttezza dell’operato del condirettore nella rimozione dell’articolo. Una sorta di abiura.

Graziella Di Mambro
Responsabile Macroarea Articolo 21

COMUNICATO DEL CDR DELLA PERIODICI SAN PAOLO

Cari amici di Articolo 21,
in merito alla vicenda che ha coinvolto il collaboratore Andrea Palladino, raccontata dalla collega Graziella Di Mambro, noi del Comitato di Redazione della Periodici San Paolo desideriamo precisare che la ricostruzione pubblicata nell’articolo “Un racconto scomodo” corrisponde, per quanto ci consta, a quanto avvenuto.

Vogliamo anche sottolineare, però, che non siamo d’accordo con chi in questi giorni ha gridato alla censura. Nei quasi 90 anni di vita di Famiglia Cristiana non c’è mai stata. In questa circostanza, c’è stata una combinazione di valutazioni forse frettolose, ma sicuramente non censorie.

A questo proposito, noi del Comitato di Redazione ribadiamo che l’assemblea dei giornalisti riunitasi il 27 aprile scorso ha accolto a stragrande maggioranza la disponibilità dell’Associazione Lombarda dei giornalisti, proposta dal suo presidente Paolo Perucchini, di offrirsi come luogo di confronto, di chiarimento e dialogo.

L’incontro avverrà nei prossimi giorni e il nostro auspicio, come abbiamo sempre fatto dal 27 marzo ad oggi, è che la questione si risolva serenamente. È a quel tavolo che porteremo le nostre valutazioni di merito sull’episodio.

Ci sta a cuore sottolineare che è fra i nostri compiti vigilare e difendere gli interessi e la dignità di tutti i giornalisti che lavorano per la Periodici San Paolo e che scrivono sulle nostre testate, a partire dal direttore don Antonio Rizzolo e dal condirettore Luciano Regolo, fino a tutti i collaboratori, Andrea Palladino incluso, nel rispetto del Contratto Nazionale di Lavoro Giornalistico.

Come rappresentanti dei giornalisti della Periodici San Paolo, siamo convinti che, al di là del peculiare presente episodio, la credibilità del sindacato, oggi, si giochi anche nella capacità di tutelare e far rispettare i diritti dei meno garantiti.

Infine, vogliamo esprimere un sentito ringraziamento ai colleghi di Articolo 21 per il prezioso lavoro di attenzione a tutte le situazioni in cui si mette a rischio la libertà di stampa, specie in relazione ai tanti, troppi casi di volontà di imbavagliare l’informazione o di intimidire e minacciare i colleghi “in prima linea” sui fronti più delicati e complessi del nostro lavoro.

Il Comitato di Redazione della Periodici San Paolo

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