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Attività giornalistica sul web e Inpgi, la sentenza

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Importante sentenza della Cassazione Sezione Lavoro favorevole all’INPGI. La Suprema Corte non solo ha fissato una serie di principi giuridici di grande portata in tema di obbligo di iscrizione all’ente per chi svolga attività giornalistica nei siti web, ma ha soprattutto legittimato la possibilità di ampliare la base contributiva dell’ente.

Secondo i supremi giudici (vedere i punti da 12 a 29 della motivazione della decisione n. 16691 del 25 giugno 2018, riportata in calce) “la legge 6 febbraio 1963 n. 69, fonte normativa di rango primario dell’attività giornalistica, non enuncia una definizione dell’attività giornalistica proprio al fine di ricomprendervi qualunque attività diretta all’informazione, in qualunque forma svolta e attraverso qualunque mezzo di comunicazione diretto ad un numero indistinto di persone, dovendosi ricomprendere nella ratio della disciplina legale ogni espressione e manifestazione dell’attività informativa”.

In particolare per la Cassazione costituisce attività giornalistica “la prestazione di lavoro intellettuale diretta alla raccolta, commento ed elaborazione di notizie volte a formare oggetto di comunicazione attraverso gli organi di informazione, ponendosi il giornalista quale mediatore intellettuale tra il fatto e la diffusione della conoscenza di esso, con il compito di acquisirne la conoscenza, valutarne la rilevanza in relazione ai destinatari e predisporre il messaggio con apporto soggettivo e creativo, assumendo rilievo, a tal fine, la continuità o periodicità del servizio nel cui ambito il lavoro è utilizzato, l’attualità delle notizie, la tempestività dell’informazione, elementi distintivi rispetto ad altre professioni intellettuali e funzionali a sollecitare l’interesse di una molteplicità di persone verso tematiche meritevoli di attenzione per la loro novità”.

Clicca qui per scaricare e leggere la sentenza

A distanza di ben 16 anni dalla conclusione di un’ispezione dell’INPGI è stato così definitivamente respinto il ricorso della società UOMINI & AFFARI contro la precedente sentenza della Corte d’appello di Roma che l’aveva condannata a pagare all’INPGI circa 188mila euro per contributi previdenziali omessi.

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