Piacenza, 31 ott – Dolcetto e ´pugni in faccia´, Bossi scatenato contro i giornalisti. La festa di Halloween in salsa padana ha come di consueto una cornice piacentina con il leader della Lega in pellegrinaggio a Pecorara, cittadella sui monti in provincia di Piacenza. Ma questo è un Halloween particolare per la Lega, con l’Italia sull’orlo del baratro economico e il governo alle strette sui conti pubblici. Ma la risposta alla crisi, l’Umberto, ce l’ha al solito in tasca ed è il solo a prendere le distanze dal sud, arto malato da amputare visto che ´noi coglioni del nord siamo stanchi di pagare e tacere´. I simpatizzanti leghisti, con piatti di tortelli alla zucca tra le mani, circondano quindi il proprio leader sventolando bandiere di partito e dei Cobas. A fianco al Senatur sul palco allestito sotto i tendoni del centro sportivo, anche il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. Ed è proprio a lui che Bossi si rivolge quando si tratta di tasse. “Qui pagano troppe tasse – lamenta Bossi tra gli applausi – il tutto per tenere in vita il pubblico impiego del sud sulle spalle del nord“. Ed è un ritorno alle origini, quello del leghista, che per questo comizio punta tutto sullo scaricare il sud Italia “che si prende gli stipendi a scapito delle pensioni sottratte al nord”. E per unificare il Paese, è l’opinione di Bossi, “non basta mica un tricolore, questo Paese non può durare cosi’” con “il nord che è la prima forza industriale con noi coglioni che paghiamo” ed un sud “che dà poco e riceve troppo“. “Gabbie previdenziali” è quindi la ricetta di Bossi “per riuscire a portare a casa il risultato” di un fisco “più equo, perché noi del nord siamo stanchi di pagare e tacere e andare a picco”. Ma, è lo stesso Bossi che lo confida, “sarà dura andare a picco se teniamo duro fino a che saremo liberi”. Liberi dal sud, “un grido che fa tremare quei coglionazzi di Roma” ma anche dai giornalisti “che lavorano per il sistema”. Il popolo di Bossi scandisce quindi le parole del leader a suon di “federalismo” e “secessione” mentre il Senatur scalda la platea: “Nessuno può fermare i popoli, vedete cosa è successo a Gheddafi – intima il leghista- ma il federalismo non basta, servono gabbie previdenziali per ottenere quel che si paga”. Bossi torna quindi al suo leit motiv nordista e il clima è quello della campagna elettorale vera e propria, visto che si parla già di “cabine elettorali nelle quali dovete fare il segnetto sul guerriero“. Il tutto, senza dare tanto ascolto ai giornalisti, “perché questi scrivono sulla mia famiglia e prima o poi vi spacchiamo la faccia o vi denunciamo”. Metà del comizio di Bossi, infatti, è dedicato ai giornalisti con un duro attacco ai mezzi di informazione “che lavorano per il sistema e ci rompono i coglioni”. “La gente – sostiene il Senatur – ne ha piene le scatole dei giornalisti e dopo – avverte – arriva il momento della rabbia“. Gli operatori dell’informazione sono quindi rei di “inventarsi un sacco di storie” ma denunciarli sarebbe vano, “perché tanto i magistrati li assolvono”. L’invito all’attenzione di Bossi passa quindi per la minaccia visto che “la Padania può diventare incontenibile”. Una Padania autosufficiente” e se a Roma avessero ascoltato Bossi – sostiene il governatore del Piemonte, Roberto Cota, anche lui alla festa leghista – ora non saremmo in questa situazione economica”. Ma il tempo a disposizione per il comizio è terminato: ora cinghiale e polenta e pianobar con canzoni di Bennato. Prima di un consiglio del superministro Tremonti sull’economia: “E’ arrivato il momento di mettere il pane al posto degli agnelli e gli uomini al posto dei lupi”. (Ilfattoquotidiano.it)_______________________________________________________________Natale (Fnsi): inaccettabile che un ministro insulti e minacci i giornalisti. Bisogna fermare le minacce e gli insulti di Umberto Bossi contro i giornalisti. A lanciare l´allarme è il presidente della Fnsi Roberto Natale. «I giornalisti – osserva in una nota – sono tenuti ad esercitare il dovere di cronaca anche quando investa il loro operato, e devono dar conto anche delle critiche che il loro lavoro può suscitare. È però semplicemente inaccettabile che un ministro della Repubblica, nelle occasioni in cui sceglie di esprimersi con le parole anziché con i gesti, abbia ormai l´abitudine di insultare e minacciare i giornalisti senza che questa sua ricorrente istigazione alla violenza susciti adeguata riprovazione». «È successo di nuovo ieri sera – sottolinea il dirigente del sindacato dei giornalisti – in provincia di Piacenza, alla Festa della Zucca, ma le parole erano assai poco scherzose: “Prima o poi vi spacchiamo la faccia”, ha detto Umberto Bossi. Se un qualsiasi privato cittadino pronunciasse una frase del genere all´indirizzo di un uomo politico, partirebbe immediato l´allarme sulle degenerazioni che può produrre un clima di contrapposizione violenta. Perché ad un ministro deve essere invece consentito impunemente un comportamento tanto incivile? Serve forse – si chiede in conclusione Natale – che i giornalisti arrivino al silenzio-stampa verso Bossi, per evitare di essere insolentiti?». Non è la prima volta che Bossi esprime il suo disprezzo per la categoria. L´ultima aggressione verbale in ordine di tempo risale al 25 ottobre scorso quando alla giornalista dell´Agi Simona Zappulla ha detto: «Sempre qui a rompere i coglioni, fuori dalle palle!». Ma gli insulti del capo del Carroccio all´indirizzo dei giornalisti sono all´ordine del giorno. Nel corso di un intervento a Somma Lombardo (Varese) Bossi ha definito i rappresentanti della stampa stronzi», «lacché», «gentaglia», «obbedienti agli ordini peggiori pur di andare contro la Lega». Nel suo ultimo giorno di vacanza a Calalzo di Cadore li aveva minacciati, dicendo che qualcuno avrebbe dovuto dar loro dare quattro legnate, dal momento che sono «delinquenti» e «bugiardi». Poi, aveva definito il Corriere della Sera «gran cornuto» e Repubblica un giornale che «inventa balle». Il Senatur aveva affermato che i giornali si erano inventati di sana pianta una contestazione avvenuta in quei luoghi, dove in genere è applaudito. Durante un comizio tenuto ad Alzano Lombardo il 21 agosto scorso, Bossi aveva definito i rappresentanti della stampa gente «da legnare». (ilsole24ore.com)_____________________________________________________Il Paese ´non è ancora´ salvo da fallimento, e con ´milioni di persone che vivono alle spalle del nord non può durare´. E anche il federalismo “non basta”. Parola di Umberto Bossi, che sul palco della Festa della Zucca a Pecorara, al fianco del ministro dell´Economia Giulio Tremonti, replica alle esortazioni dei leghisti che incitano alla “secessione”. A chi lo ringrazia a voce alta per “averci salvato dal fallimento”, Bossi replica: “Non ancora, non è facile fare le cose. Non è che uno va a Roma, schiaccia un bottone ed è tutto fatto. Non basta tirare fuori un tricolore”. E a chi gli chiede Federalismo, risponde: “Quello è già passato, ma non basta mica”. “Milioni di persone vivono alle spalle del Nord – ha detto Bossi -. Ditemi se questo è un Paese che può durare. Nessuno è mai riuscito a mandare a picco il Nord. Siamo abituati a lottare. Il nord è la prima forza industriale d´Europa”. E ha aggiunto unendosi al coro dei militanti: “Padania libera è il grido che fa tremare quei coglionazzi del centralismo romano. Certo, loro sono forti. Hanno i giornali e i giornalisti. Ma nessuno può fermare i popoli”. Ma il Senatùr non si ferma qui e passa alle minacce contro i giornalisti rei di attaccare la sua famiglia. “Questi qui scrivono per esempio sulla mia famiglia – ha detto Bossi – Prima o poi vi spacchiamo la faccia o vi denunciamo. Non è possibile che uno si metta a sputare. Io ci tengo alla mia famiglia. Mi dà fastidio – ha proseguito – che voi rompiate i coglioni. Parlate dei politici, sennò un giorno quella gente lì vi piglia per il collo. State attenti. C´è un limite alla critica o no? O chi non la pensa come voi va ucciso? Io non la penso così”. (tmnews)