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Festa della liberazione. Stampa Romana ricorda i giornalisti Malatesta e Merli. Presentato il film ” Figli di Roma Città Aperta”

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Roma, 24 aprile.
“La memoria è un bene fondamentale per il nostro Paese, soprattutto per chi ha scelto il mestiere di giornalista: le notizie, che sono di “attualità” solo per poche ore, rappresentano infatti i tasselli di una Storia più grande, da non disperdere. Oggi come ieri abbiamo da mantenere viva anche e soprattutto la memoria di quei giornalisti che hanno lasciato la vita per la nostra libertà: è infatti grazie a persone come Enzio Malatesta e Carlo Merli, assassinati dalla SS a Forte Bravetta nel 1944, che oggi questo Paese ha conquistato la libertà e che si è dato una Costituzione tra le più avanzate d’Europa sulla libertà di stampa”. E’ quanto ha affermato Silvia Garambois, segretario dell’Associazione Stampa Romana, nel corso della manifestazione organizzata, nell’ambito delle celebrazioni della Liberazione, insieme al Comune di Roma e all’Anpi, in cui è stato anche proposto il film-documentario “Figli di Roma Città Aperta”, di Laura Muscardin. “Il ricordo del sacrificio di Malatesta e Merli, e di tutti coloro che sono caduti per la libertà e la democrazia – ha scritto in un messaggio il sindaco Walter Veltroni – sarà indelebile”. Alla manifestazione hanno partecipato, insieme a partigiani e a protagonisti del documentario, i rappresentanti del Comune e della Provincia.

La scelta di Stampa Romana di parlare in questa occasione di “Roma città aperta” di Rossellini nasce dalla constatazione che questo film non solo ha fatto conoscere la realtà dell’Italia della guerra nel mondo, ma ha reso omaggio in modo immortale ai tanti martiri di Forte Bravetta. Massimo Rendina, presidente dell’Anpi, oltre a tracciare un profilo di Malatesta e Merli, ha ricordato anche un altro giornalista, Eugenio Colorni (autore del “Manifesto di Ventotene”, insieme ad Altiero Spinelli), assassinato due giorni prima della Liberazione all’uscita di una tipografia clandestina: è quel clima della paura e dell’occupazione ricostruito appunto da “Roma Citta’ Aperta”.

Nel documentario “Figli di Roma città aperta” Laura Muscardin, partendo da un’idea di uno dei figli del produttore di Rossellini, Claudio Venturini, ripercorre le strade del set: le vie del Pigneto, la ferrovia, quell’indimenticabile portone dal quale Anna Magnani (Pina) esce disperata per correre appresso al camion tedesco che le sta portando via il suo uomo. A più di sessantadue anni dall’ultimo ciak, le telecamere riscoprono il capolavoro di Rossellini che fece esplodere nel mondo il neorealismo italiano, con le testimonianze dei figli dei protagonisti e attraverso gli occhi di Vito Annichiarico, che nel film era il piccolo Marcello, figlio di Pina. A ricordare, ricostruire, rileggere quelle inquadrature, sono infatti soprattutto i figli, da Luca Magnani a Renzo Rossellini, a Claudio Venturini.

Il film “Figli di Roma città aperta”:

‘’Era paura vera, dichiarò Roberto Rossellini in una intervista rilasciata al quotidiano Paese Sera tanti anni fa, nel 1976. Ero dimagrito di 34 chili, avevo fatto la fame, in me c’era lo stesso terrore che ho descritto nel film. Cercavo di prendere coscienza degli avvenimenti in cui ero immerso, dai quali ero travolto. Cominciai a girare Roma Citta’ Aperta di cui avevo scritto la sceneggiatura con alcuni amici, mentre i tedeschi occupavano l’Italia. Girai quel film con poco denaro, il film apparve in Italia nel settembre 1945. L’accoglienza della critica fu unanimamente sfavorevole ma a Parigi il film suscito’ un entusiasmo che oramai non speravo piu’. Poco dopo usci’ a New York con esito molto fortunato’’.

Roberto Rossellini racconta cosi’ perche’ ha girato Roma Citta’ Aperta. Degli attori afferma: ‘’non mi interessano in quanto attori, voglio ottenere il contatto con l’uomo: e’ cosi’ che Anna Magnani e Aldo Fabrizi sono stati utilizzati al di fuori dei loro ruoli abituali. Rimango volontariamente ancora una volta, piu’ sul piano della sensibilita’ che su quello dell’intelligenza. Il cinema industriale non mi interessa. La resistenza e la guerra sono le piu’ importanti esperienze della nostra vita. Mettono in luce con crudezza uno dei problemi umani. Per affrontarlo bisogna diffidare della fredda perfezione e sfuggire alla retorica’’.

E ancora: ‘’cerco sempre di restare impassibile, trovo che cio’ che vi e’ di sorprendente, di straordinario, di commovente negli uomini e’ proprio che i grandi gesti o i fatti importanti si verificano nello stesso modo, con la stessa pacatezza dei piccoli fatti normali della vita, ed io cerco di rendere gli uni e gli altri con la stessa umilta’: in questo c’e un forte interesse drammatico’’.

Cosi’ l’icona del cinema italiano nel mondo spiega perche’ ha inventato il neorealismo. Laura Muscardin, partendo da un’idea di uno dei figli (Claudio) del produttore di Rossellini Aldo Venturini, ripercorre le strade del set: le vie del Pigneto, la ferrovia, quell’indimenticabile portone dal quale Anna Magnani (Pina) esce disperata per correre appresso al camion tedesco che le sta portando via il suo uomo.. A più di sessantadue anni dall’ultimo ciak, le telecamere riscoprono il capolavoro di Rossellini che fece esplodere nel mondo il neorealismo italiano, con le testimonianze dei figli dei protagonisti. E gli occhi di Vito Annichiarico, che nel film era il piccolo Marcello, figlio di Pina.

Film ‘perfetto’, come lo definisce oggi il regista Carlo Lizzani, entrato di prepotenza nel mito e non solo perché con il suo successo fece aprire le porte degli Usa a tante altre pellicole made in Italy, Roma città aperta, era già stato il soggetto, 25 anni fa, di Celluloide, il romanzo verità di Ugo Pirro che Lizzani trasformò poi a sua volta in un film. Qui però l’operazione è diversa, forse proprio perché a ricordare, ricostruire, rileggere quelle inquadrature, sono soprattutto i figli, da Luca Magnani a Renzo Rossellini, a Claudio Venturini. E quel bambino, che oggi è un signore d’età quasi imbarazzato da questo piccolo viaggio nella memoria ripreso dalle telecamere. E’ stato proprio Claudio Venturini nel 2004, dopo il restauro del film di Rossellini a mettersi alla ricerca dell’ultimo testimone superstite, Vito Annichiarico . Ne è venuto fuori un viaggio curioso, a tratti commovente, nelle strade e nei cortili della capitale, in particolare del Pigneto, il quartiere popolare che fece da sfondo alla pellicola. Alla ricerca dei luoghi, anche quelli non strettamente legati al film, come la tomba di famiglia dei Rossellini, aperta alle telecamere dalla prima moglie del regista, Marcella De Marchis. Recuperate dalle teche Rai, arrivano anche le testimonianze dei protagonisti di allora, Aldo Fabrizi, la Magnani, lo stesso Rossellini. Gli occhiali sul naso, le spalle larghe un po’ curve dentro il cappotto blu, Vito Annichiarico indica, racconta, talvolta si sorprende. Come quando, chiedendo informazioni nel cortile di un caseggiato, ritrova un compagno d’avventura, il ragazzino che nelle ultime scene del film gli cinge le spalle e si allontana con lui dopo che Pina, Anna Magnani, è stata uccisa dai tedeschi. Di recente, proprio Renzo Rossellini, figlio di Roberto ha affermato che il padre voleva con quel film dare un messaggio di pace, mentre l’attenzione degli altri registi si soffermava su perche’ aveva scelto due attori comici per realizzare un film drammatico. E questa era la vera novita’ del cinema di Rossellini. Ma Anna Magnani non era solo un’attrice comica, era anche e soprattutto uno di quegli attori che ‘escono dallo schermo’.

Rossellini ci dava la sensazione che si stava aprendo una nuova civilta’. Soprattutto quando tornava da Huston, dove lavorava gia’ con l’elettronica, e sulla commistione tra la televisione e il cinema, era come se pensasse gia’ ad un cinema post moderno. Dava l’idea di un pioniere, che al Centro Sperimentale di Cinematografia quando era stato nominato commissario, non fu colta. Erano i primi anni ’70 quando giro’ Cartesio, nel 1973 tutti gli allievi venivano ingaggiati per fare le comparse. Rossellini controllava tutto con lo zoom, lui sapeva esattamente quello che si stava riprendendo, con il controllo a distanza. Fu un grandissimo sperimentatore che e’ stato scoperto solo dopo. Era li’ nel suo lavoro la grande commistione tra cinema e tv, che gia’ neglia anni ‘’70 si prefigurava, e quell’atmosfera che si respirava al Centro Sperimentale guidato da lui, era ancora piu’ suggestiva, ancora piu’ innovativa.

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