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Piano industriale Rai: in gioco l’autonomia professionale

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Le critiche puntuali che Riccardo Laganà ha rivolto al piano industriale Rai prima attraverso il suo voto contrario e poi con una lettera inviata all’intero consiglio d’amministrazione, alla Commissione di Vigilanza e ai ministeri dell’Economia e dello Sviluppo Economico in parte le conoscevamo.

Si sapeva che l’opposizione al piano del consigliere eletto dai dipendenti si era focalizzata sulla realizzazione di un canale in lingua inglese affidato alla consociata Rai Com. Tuttavia la lettura del documento che ha il sapore di una diffida rivela con chiarezza diversi punti di critici: Rai Com essendo una consociata è fuori dalla sfera del Servizio Pubblico e dunque non è regolata dal contratto di servizio stipulato tra Rai Spa e Ministero dello Sviluppo Economico; i vertici di Rai Com (presidente Marcello Foa, amministratore delegato Monica Maggioni) facendo parte del consiglio d’amministrazione Rai rivestono sia il ruolo di controllante che quello di controllato e dunque sarebbero in palese conflitto d’interessi; il finanziamento del nuovo canale avvenendo con i soldi del canone muterebbe la ragione giuridica di Rai Com trasformandola in un inutile doppione di Rai Spa.

Fin qui la lettera di Laganà ma il piano in vista del confronto con i sindacati inizia a circolare e rivela a proposito del canale in lingua inglese altri punti critici. Tutta la responsabilità editoriale ricade su Rai Com e secondo il piano proposto da Salini la programmazione dovrà essere finalizzata ad una sorta di promozione dell’Italia all’estero con il rischio di sconfinare nella pubblicità e nella propaganda.

Altro aspetto critico è la privatizzazione strisciante che si nasconde dietro l’affidamento a Rai Com del canale in lingua inglese che secondo gli estensori del piano dovrà essere “un punto d’incontro tra soggetti pubblici e privati”.

Nel piano industriale non possiamo non rimarcare il capitolo che riguarda il nuovo assetto dell’informazione Rai. Fermo restando il diritto del cda della Rai a varare un piano di riforma dell’Informazione Rai anche qui emergono aspetti poco chiari e preoccupanti.

L’idea è quella di realizzare in una prima fase una Newsroom unificata di cui farebbero parte Rainews 24, Testata Giornalistica Regionale, Rai Parlamento e Rai Sport che, inglobando tutta l’area digital, farebbe da service per i tre telegiornali generalisti (Tg1, Tg2 e Tg3) e per il Giornale Radio. Alla newsroom che dovrebbe convivere con le redazioni delle testate generaliste -non si sa in quali spazi della cittadella dell’informazione Rai considerato il numero delle persone coinvolte- sarebbe affidata la copertura degli eventi locali, delle notizie più fattuali e meno significative.

Una gerarchia della notizia che rischia di stridere con le regole della nostra professione e l’autonomia dei giornalisti tanto più se queste “notizie più fattuali e meno significative” rientrano in un ambito nobile del giornalismo come la Cronaca che verrebbe, salvo nei fatti più rilevanti, realizzata dalla redazione multipiattaforma.

Il piano però non disegna un perimetro lasciando nel vago i confini della Cronaca che copre e può coprire eventi che sconfinano in diversi ambiti dell’attualità. A coprire gli eventi sarà tanto nella Newsroom che nei media generalisti un “giornalista digitale” che, secondo gli estensori del piano, non avrà più al proprio fianco né l’operatore né il montatore (o tecnico radio): un “one man show” che raccoglie notizie, gira immagini, scrive i testi e poi prepara il “materiale semi-finito o finito” per le notizie locali o “materiale pre-montato” per quelle dei rilevanza nazionale.

Solo per le notizie di “alta importanza nazionale” scenderebbe in campo un giornalista inviato, l’unico a poter avere il supporto di tecnici di produzione. Tutto questo dovrebbe finire in un “calderone” da cui le testate generaliste dovrebbero attingere.

Il piano sorvola allegramente sul tema della responsabilità e dell’autonomia del giornalista ma anche sulle ricadute occupazionali che questo progetto comporta nella ridefinizione dei profili professionali legati alla nuova catena produttiva digitale.

Altro aspetto preoccupante del piano è la grande importanza che il piano per l’informazione assegna ai cosiddetti analytics, cioè i dati sull’interesse del pubblico e sul traffico web generato dai servizi finiti e/o dalle singole notizie. La declinazione di come i giornalisti Rai dovrebbero utilizzare questi dati va dalla definizione della durata di vita delle notizie alla posizione che dovrebbero avere sul sito prediligendo l’approfondimento in base al gradimento riscosso dalla notizia.

In buona sostanza, se il piano venisse applicato alla lettera, la mediazione e l’autonomia del giornalista verrebbero messe a rischio dalle scelte fatte dal lettore.

Tutto questo appare ad un primo approccio gravemente lesivo del ruolo del giornalista Rai che perderebbe non solo identità e controllo sul prodotto finito ma lo farebbe entrare in contrasto con quel richiamo rafforzato alla deontologia e alla responsabilità previsto dal contratto di servizio recentemente approvato.

Lazzaro Pappagallo
Segretario ASR

 

LETTERA DI RICCARDO LAGANÀ

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