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La libertà negata in Iran. Il libro di Rafat sull’oppressione all’informazione verrà presentato all’Associazione Stampa Romana

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Sarà in libreria la prossima settimana “L’ultima primavera”, il libro che Ahamad Rafat (giornalista iraniano da molti anni in Italia, che ha anche rivestito il ruolo di Segretario della Stampa Estera a Roma) ha dedicato alla lotta dei giornalisti iraniani per la libertà di informazione. L’Associazione Stampa Romana, insieme alla Fnsi, ha da tempo espresso la sua piena solidarietà ai colleghi iraniani, incontrando delegazioni di giornalisti e aderendo alle manifestazioni per la libertà di stampa. In pochi anni in quel paese sono state chiuse oltre 100 testate giornalistiche, molti colleghi sono rinchiusi in prigione, mentre altri 600 giornalisti iraniani sono costretti a vivere fuori dalla loro nazione perché variamente minacciati. Il libro di Rafat verrà prossimamente presentato all’Associazione Stampa Romana. Roma 24 marzo 2006

Pubblichiamo l’intervista di Articolo 21 a Rafat:

“ Esce pubblicato da Polistampa, “L’ultima Primavera”, il primo libro della collana ‘Disfunzioni’, dedicato alla lotta dei giornalisti iraniani per la libertà di stampa e d’informazione. L’autore è Ahmad Rafat, un vecchio inviato da prima linea. Per il settimanale spagnolo Tiempo ha coperto le guerre in Jugoslavia , Somalia , Afghanistan, Eritrea e in Irak. Ora, per l’’Ankronos International e la Radio Farda, lingua farsi, è appena tornato da Vienna , dove ha seguito gli ultimi sviluppi delle vicende diplomatiche legate al nucleare iraniano. Lo incontriamo nel suo ufficio di Roma , pieno di foto e di testimonianze dai tanti fronti battuti in questi anni, mentre scrive lanci di agenzie e registra servizi al microfono.

” Tutto il mondo ne parla , ma a Teheran nessuno ha scritto nemmeno una riga sul nucleare iraniano al Consiglio di sicurezza dell’ Onu – dice Rafat , con il volto attraversato da un’amara ironia – Gli unici giornali pubblicati fanno da megafono al governo di Ahmadinejad”. Gli altri tacciono. Per ora “.

Ahmad ha appena scritto un libro per conto dell’associazione Information Safety and Freedom di cui è un dirigente . Si intitola “L’ultima primavera. La lotta per la libertà di stampa in Iran” , raccoglie le testimonianze dei maggiori protagonisti del giornalismo indipendente iraniano e sta arrivando nelle librerie in questi giorni per i tipi della casa editrice Polistampa.

Perché un titolo così pessimista ?

”Se fossi stato davvero pessimista , avrei parlato di ‘inverno nero ‘ , pensando alla situazione attuale in Iran dove tutti i giornali indipendenti sono stati chiusi. Con il titolo scelto ho comunque voluto riferirmi a un periodo passato, una breve parentesi negli anni a cavallo tra questo secolo e quello da poco concluso , che ha visto il fiorire di un’informazione indipendente in Iran “.

Il tuo libro si riferisce in particolare al periodo fra il 1997 e il 2000 , legato alle speranze suscitate dall’elezione del riformista Mohammad Khatami alla Presidenza del governo di Teheran . E’ la storia di grandi speranze tradite e in parte finite nel sangue …

” Sì, è così . Molti dei dodici colleghi che raccontano la propria esperienza nel libro facevano parte dei circoli intellettuali riformisti legati a Khatami e dopo la sua elezione si sono lanciati con entusiasmo dando vita , con l’apertura di decine di testate indipendenti e l’avvio di un coraggioso giornalismo d’inchiesta, a quella che è stata appunto chiamata la primavera della stampa “.

Raccontaci qualcosa di questo giornalismo indipendente : cosa scrivevano quei giornali ?

” E’ stato un giornalismo molto aggressivo : Akbar Ganji denunciava le responsabilità degli uomini del regime negli omicidi degli intellettuali avvenuti in quegli anni , Mashaollah Shamselvaezin chiedeva dalle pagine dei suoi giornali profonde riforme per trasformare il regime in democrazia …

Ed è finito ?

” Quei giornali sono stati tutti chiusi . I giornalisti , per fortuna ci sono ancora , ma se sono rimasti in Patria sono costretti al silenzio , altrimenti sono fuggiti all’estero “.

Quindi in Iran non c’è alcuno spazio di libertà ?

” Nei Paesi arabi, come possono essere la Siria o l’Arabia Saudita, la libertà di stampa non esiste proprio . In Iran quella che manca è la libertà del ‘dopo stampa ‘. Perché scrivere si può, ma poi si pagano le conseguenze di ciò che si è scritto. Ecco perché molto si autocensurano, magari poi riportando le notizie sull’ Iran citando come fonti i media stranieri . Ma riferire una notizia sull’Iran riprendendo la Bbc o la Cnn, ad esempio, non è lo stesso che darla in prima persona ” .

Se i giornali sono chiusi , restano i blog , lo spazio libero di internet …

” Il ruolo di Internet, con il misero 5-7 per cento di iraniani che vi ha accesso, e quello dei blog è importantissimo, ma non sostitutivo della stampa vera e propria, perché sono e rimangono comunque diari personali . Resta comunque una forma di comunicazione marginale. Invece le emittenti in lingua farsi che trasmettono dai paesi dove la libertà d’informazione è garantita dalla Costituzione , svolgono un ruolo molto importante nello sviluppo della cultura democratica e pluralista in Iran dando la possibilità all’opinione pubblica di avere accesso a una pluralità di fonti . E oscurare tutti i satelliti è troppo costoso anche per il governo iraniano . Attualmente le trasmissioni radio, via satellite, etere o Internet in lingua farsi con base fuori dai confini della Repubblica islamica sono 107 . Oltre il 50 per cento di queste è finanziato dai governi o da istituzioni dei Paesi dove trasmettono ( e che vanno dalla Turchia alla Francia, dalla Germania al Giappone, fino agli Usa e alla Cina. Italia esclusa ) “.

Ma esiste un movimento per la democrazia e la libertà di stampa ?

” Vedi , io sono nato al secondo piano della palazzina che ospitava la redazione del settimanale diretto da mio padre, un uomo che si è visto chiudere il giornale perché era una voce fuori dal coro . Oggi ammetto di avere un rimprovero da fargli : era una persona che ha sempre creduto nella libertà di stampa, ma non ha mai avuto la forza di combattere per essa. Quando gli hanno chiuso il giornale non ha combattuto, ha cambiato mestiere . Un atteggiamento, il suo, caratteristico di una ” generazione fatalista ”, che addossava la colpa di tutto ai paesi occidentali . Ed è un atteggiamento ancora molto diffuso . E’ una situazione di stallo che potrà bloccarsi, forse, solo quando gli iraniani cominceranno a pensare l’ Iran come un patrimonio loro , quando insomma si vestiranno dei panni dei protagonisti, e non solo degli spettatori passivi o delle vittime designate” .

Insomma , servono personaggi che non cedano a compromessi , come Akbar Ganji che ha sfidato il carcere e la morte ?

”Il mio libro è uscito dalla tipografia nello stesso giorno in cui è uscito dal carcere il giornalista Akbar Ganji, il più noto dissidente iraniano . Con la liberazione di Akbar uno degli obiettivi di questo volume ( che rientra fra le iniziative di Isf per la campagna a favore di Ganji ) è stato raggiunto. Ma la sua liberazione non è definitiva : altri processi per altre querele lo attendono. Il mondo però non deve permettere che questo grande uomo finisca di nuovo in carcere. E’ a lui che ho voluto dedicare questo libro a un giornalista che paga il prezzo della propria indipendenza dal potere e crede che ogni uomo deve liberamente poter esprimere le proprie idee. Un ”cipresso”, come in Iran vengono chiamati gli uomini del calibro di Ganji , alberi che nella letteratura qualche volta si rompono, ma non si piegano mai ”.

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