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Contratto: il Cdr del Messaggero

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Nell’Italia democratica non era mai accaduto, per nessun contratto di lavoro di nessuna categoria, che dovessero essere spesi ben 13 giorni di sciopero soltanto per poter avviare i negoziati. Ma la Federazione degli editori si rifiuta lo stesso di sedere al tavolo delle trattative per il contratto dei giornalisti scaduto da quasi due anni, respingendo con durezza anche l’ultimo invito fatto martedì dal ministro del Lavoro Cesare Damiano: in quell’incontro, fissato il 22 novembre, vogliamo parlare solo di legge sull’editoria, hanno risposto (e dunque di provvidenze in loro favore) e non anche del contratto scaduto.C’è un problema di insostenibili richieste retributive? Assolutamente no: di aumenti, fino ad oggi, non si è mai parlato. Ma allora il settore dell’editoria si dibatte in una grave crisi? Neppure. Anzi, tutti i gruppi editoriali, compreso il nostro, esibiscono conti eccellenti nei primi nove mesi dell’anno. Tutti questi numeri rimbalzavano beffardamente sulle pagine di un quotidiano economico proprio mentre i giornalisti decidevano all’improvviso il loro ennesimo sciopero. E ci scusiamo con i lettori per aver fatto mancare “Il Messaggero” senza spiegarne adeguatamente le ragioni.
Qual è dunque la posta in gioco? Questa: gli editori pretendono che quello scaduto sia l’ultimo contratto dei giornalisti, vogliono smantellare la nostra professione, garantita dall’articolo 21 della Costituzione, e avere mano libera su tutto. Sognano una massa di precari esterni al giornale senza tutela sindacale (oggi ve ne sono già 22 mila nel settore, con retribuzione media di 7 mila euro l’anno) e pochi giornalisti interni, con l’unica funzione di impaginare e titolare docilmente un prodotto non più certificato. Ci saranno pure collaboratori esterni di serie A, intellettuali ben pagati, per realizzare commenti mirati all’obiettivo aziendale, e potenti agenzie esterne che imporranno interessi e notizie. La posta in gioco è la fine del giornalismo di qualità, la morte della libertà di stampa, il sacrificio della notizia a un unico idolo: la pubblicità. E’ per questo che, finora inascoltato, è intervenuto, con un appello al negoziato, addirittura il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. E’ per questo che gli Stati generali del nostro sindacato, la Fnsi, hanno deciso ancora delle giornate di sciopero e altre forme di agitazione. Chiediamo ai lettori comprensione e solidarietà. E’ la nostra battaglia, è la vostra battaglia.

Il Comitato di redazione del Messaggero

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