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TV:stop a processi mediatici, prove di dialogo alla Fnsi

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(ANSA) – ROMA, 14 MARZO – La liberta’ dell’informazione e’ sacrosanta. Ma e’ ora di individuare regole nuove, in particolare per la tv, con il contributo degli stessi giornalisti, per evitare la spettacolarizzazione dei processi. E’ l’orientamento emerso dal convegno, organizzato a Roma da Associazione stampa romana e Unione nazionale cronisti, che nella sede della Federazione nazionale della stampa ha riunito attorno allo stesso tavolo tutte le parti interessate. Spunto dell’iniziativa, l’atto di indirizzo con il quale l’Autorita’ per le garanzie nelle Comunicazioni ha invitato all’elaborazione di un codice di autoregolamentazione sui processi in tv, istituendo un apposito tavolo tecnico. ”Non ci scandalizza il richiamo dell’Authority, anzi riteniamo giusto e di buon senso appellarsi alle regole della convivenza democratica e civile – ha esordito Franco Siddi, segretario della Fnsi – ma bisogna evitare che atti di questo tipo diventino la copertura buona di iniziative che puntano a mettere il bavaglio ai giornalisti. Siamo convinti che le gogne mediatiche non risolvano nulla, ma bisogna trovare un diverso equilibrio tra i poteri per garantire l’indispensabile ruolo democratico dell’informazione”. La liberta’ dell’informazione va difesa e nutrita giorno per giorno”, gli ha fatto eco Guido Columba, presidente dell’Unci, citando i tre principali avversari dei cronisti, ”la criminalita’, normale e organizzata; la politica, che cerca di espropriare i cittadini del diritto di essere informati con leggi come il ddl Mastella, ma anche con Berlusconi e Veltroni gia’ pronti a riproporre misure punitive; la magistratura, che cerca di scaricare le sue contraddizioni sui giornalisti”. ”L’Autorita’ non ha mai messo in discussione l’inattaccabilita’ del diritto all’informazione, ne’ il diritto-dovere dei giornalisti di raccontare i processi”, ha replicato il commissario Agcom Sebastiano Sortino. ”Ma e’ ora di smetterla con la giustizia spettacolo: i processi si celebrano nelle aule giudiziarie”. Di qui la decisione dell’organismo di garanzia di ”fissare i principi nell’atto di indirizzo, delegando pero’ alle parti lo sforzo di applicarli in regole di comportamento”. Il problema essenziale e’ trovare ”un equilibrio tra il diritto dei cittadini ad essere informati, quello delle parti a non veder svanire il diritto al giusto processo e quello della magistratura a svolgere il processo senza ingerenze esterne”. ”Nessuna censura” all’informazione per il generale Nicola Raggetti, comandante del Racis, il Raggruppamento carabinieri investigazioni scientifiche. ”Le regole ce le dobbiamo dare e devono essere rispettate da tutti. Siamo noi per primi a dover raccogliere l’invito prezioso del Garante”. Favorevole all’autoregolamentazione anche Alberto Intini, direttore del Servizio di polizia scientifica: ”Il processo mediatico puo’ distruggere un innocente indagato o presentare come vittime perseguite ingiustamente persone in realta’ colpevoli. E’ giusto l’invito dell’Autorita’: il problema non si risolve con leggi calate dall’alto o mettendo in carcere i giornalisti, ma neanche con le prescrizioni che non hanno alcun effetto deterrente”. Dal presidente della Fnsi, Roberto Natale, una bacchettata alle tv, in particolare alla Rai: ”Si diano autonomamente una regolata nella spettacolarizzazione dei processi. In questo periodo stiamo attenti ai tempi, ai minuti e ai secondi della competizione elettorale. Ma non sara’ il caso di chiedersi quante decine di ore sono state dedicate al caso Cogne?’.

(ANSA) – ROMA, 14 MAR – Un giorno dipinti dai media ”come eroi”, un giorno definiti ”asini”. Un giorno osannati perche’ in grado di trovare l’indizio risolutivo, un giorno accusati di aver ‘ucciso Maigret’. ”Lavorare in queste condizioni e’ estremamente difficile”, sbotta il generale Nicola Raggetti, comandante del Racis, il Raggruppamento carabinieri investigazioni scientifiche. E punta il dito contro la fiction, in particolare la serie Ris di Canale 5 (di cui va in onda in questi giorni la quarta edizione) perche’ ”e’ fatta bene, ma trasmette una rappresentazione distorta della realta”’. Lo sfogo dei responsabili delle indagini scientifiche, finiti dal caso Cogne in poi al centro (nel bene e nel male) delle cronache giudiziarie, ha movimentato il convegno sui processi mediatici organizzato da Associazione stampa romana e Unione nazionale cronisti nella sede della Federazione nazionale della stampa a Roma. Presente, oltre a Raggetti, anche il tenente colonnello Luciano Garofano, comandante del Ris di Parma. ”Nella fiction – ha esordito Raggetti – gli attori fanno tutto in tempi estremamente brevi e lo fanno bene. C’e’ quel capitano (il personaggio interpretato da Lorenzo Flaherty, ndr) che risolve tutto subito. Ma la realta’ e’ ben diversa: eppure mi sono trovato a dare spiegazioni sul perche’ il Ris di Parma fosse tornato dieci o venti volte sulla scena del crimine. Ne ho discusso anche con il produttore (Pietro Valsecchi, ndr), ma lui mi ha risposto: ‘Nella fiction non posso mica tenere uno per giorni dietro al microscopio!”’. Il problema e’ che il messaggio e’ arrivato anche agli addetti ai lavori e cosi’ ”stiamo esplodendo: ci piovono addosso – ha lamentato Raggetti – migliaia di richieste di interventi all’anno”. Il generale respinge al mittente l’accusa di aver mandato in pensione i metodi tradizionali di investigazione: ”Nessuna indagine puo’ andare a buon fine senza il supporto del metodo classico. Maigret non l’abbiamo ucciso noi: il colpo mortale, semmai, glielo ha dato il codice di procedura penale che ha demotivato il vecchio ufficiale di polizia giudiziaria, facendo del pm il dominus dell’indagine”. Quanto ai processi in tv, ”sono monologhi: manca sempre il punto di vista della pubblica accusa. Ma anche se ci invitano, non possiamo mica andare nei salotti televisivi a litigare con gli avvocati difensori e con gli esperti di turno?”. Esperti che spesso non sono tali, ha accusato Garofano, munito di diapositive di settimanali e quotidiani, dall’Unita’ a Il Giornale: ”E’ corretto dare informazioni false – si e’ chiesto, citando numerosi casi, da Garlasco a Gravina – assoldando pseudoesperti che non hanno messo neanche piede sul luogo del reato? E’ giusto vedere per i casi piu’ eclatanti decine di Porta a Porta e Matrix e assistere a veri e propri processi mediatici? E’ corretto anticipare notizie riservate? I processi mediatici sono inevitabilmente sommari e comportano un disorientamento dell’opinione pubblica sul terreno delicatissimo della sicurezza, ma anche un condizionamento di chi deve giudicare”, categoria nella quale spesso rientrano anche persone comuni e non solo magistrati. La possibile soluzione, secondo il capo del Ris di Parma, sta ”nell’adeguata formazione dei giornalisti, nell’attivita’ di controllo costante delle notizie e di vigilanza da parte dell’Ordine dei giornalisti e della classe forense, ma anche in una piu’ concreta attivita’ di sorveglianza da parte dell’autorita’ giudiziaria sulle fughe di notizie”

“Fare la giudiziaria in provincia” di Elisa Fiore

“Media e processi” di Alberto Intini

“Il caso Cogne”. Una ricerca di Laura Volpini

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