Una volta tanto possiamo cominciare con una buona notizia: l’incontro sulla “vertenza La7”, tenutosi lunedì 15 dicembre al Ministero del Lavoro, si è chiuso con un verbale nel quale, per la prima volta, Telecom Italia Media Spa inserisce la ricollocazione dei colleghi nelle trasmissioni di rete o della testata fra gli strumenti alternativi ai licenziamenti. Non è che un primo passo, ma il rinvio di un mese ci permette di avere più tempo a disposizione per trattare. Possiamo dire di aver imboccato la via maestra che, come Stampa Romana ha sempre sostenuto, porta all’annullamento dei licenziamenti. La pazienza e la tenacia del Cdr, delle Associazioni Regionali e della Fnsi cominciano a dare i loro frutti.
Giovedì 11 dicembre, nel frattempo, si è tenuta l’assemblea nazionale dei Fiduciari e dei Comitati di Redazione che ha analizzato lo stato della trattativa contrattuale. Credo si sia trattato di un passaggio importante, che ha prima di tutto mostrato una categoria viva, provata ma ancora vogliosa di essere padrona del proprio destino, combattiva e pronta ad assumersi le proprie responsabilità. Il voto finale, chiarissimo nella sua consistenza numerica, va comunque valutato come un mandato non in bianco alla segreteria della Fnsi. Il documento approvato cerca giustamente di raccogliere, nella forzata sintesi di un atto politico, tutte le sollecitazioni venute dal dibattito, ma non è a colpi di maggioranza che si governa un sindacato, tanto più in un momento così complesso come quello che vive l’editoria tutta nel nostro Paese. Alcuni temi posti da chi si è espresso contro il documento, vanno ripresi, approfonditi e sostenuti. Penso in particolare alla questione della qualità dell’informazione, perno centrale di qualsiasi iniziativa sindacale e professionale. Le Associazioni Regionali devono raccogliere il testimone. Credo, però, che si debba uscire dall’astrattezza dell’enunciato. Che cosa vuol dire oggi porsi la questione della qualità? Non dovremmo interrogarci su come declinare questo concetto con i nuovi orizzonti della multimedialità, col protagonismo degli internauti, comattendo l’analfabetismo di ritorno e quello digitale? Sono soltanto alcune questioni per rafforzare, modernizzandola, una discriminante che è alla base stessa del nostro mestiere. I tempi di lavoro, gli strumenti tecnologici, il rapporto col territorio, la delocalizzazione dell’informazione, sono tutti elementi che devono far parte di un dibattito che si svolge nel terzo millennio.
In questo senso interpreto anche le ansie espresse dalla lettera aperta di Corrado Giustiniani al segretario generale Franco Siddi. Dobbiamo fare in modo che, se ci troveremo ad affrontare le ristrutturazioni, queste non disperdano quel patrimonio di conoscenza che è rappresentato dai colleghi più esperti. Un errore già commesso dagli editori e dal sindacato confederale con i poligrafici, nella seconda metà degli anni Novanta.
Vorrei, per chiudere, segnalare il grido che sale da una parte non secondaria di questa categoria, i colleghi a cui si applica il contratto Aer-Anti-Corallo, che rappresentano quasi un decimo della popolazione giornalistica attiva. Anche loro sono senza contratto, e anche in questo caso la controparte sembra aver poca voglia di discutere seriamente. Sarebbe un errore abbandonarli, molti di loro parteciparono a uno sciopero in solidarietà alla lotta per il nostro contratto. Credo che si debba arrivare al più presto a un’assemblea nazionale che ponga con forza la questione dell’adeguamento di retribuzioni che, nella maggior parte dei casi, sono al di sotto della sussistenza. Ma va anche rilanciata la battaglia sull’aspetto normativo per completare quel percorso di “emersione” che era alla base del progetto iniziale dell’Aer-Anti-Corallo.