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Ecco Il Mattino "romanizzato"
a cura del Cdr

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“E´ inaccettabile che una testata storica come il Mattino diventi la copia napoletana del Messaggero”. Così il Comitato di Redazione della testata partenopea che oggi  alle 11,30 si presenterà a Roma all´assemblea annuale degli azionisti della Caltagirone Editore in via Barberini 28 per consegnare la prima pagina del Mattino firmata dai Sette Re di Roma. Quella di redigere una copia del quotidiano “romanizzato” è, ovviamente, una provocazione: chiudendo la redazione romana e tagliando il 25% dei giornalisti, come prevede il piano di ristrutturazione, il Mattino perderà la propria identità”. La redazione capitolina verrà sostituita con l´utilizzo di “conoscenze presenti nelle testate del gruppo”, ovvero firme del Messaggero, per seguire fatti di politica, economia, cultura anche di specifico interesse per il Mezzogiorno. “Sui tagli si può discutere – si legge nell´editoriale – quel che non è trattabile è l´identità del giornale”. Sul Mattino preparato dal Cdr, Romolo intervista Alemanno sul federalismo fiscale; Numa Pompilio scrive un approfondimento sui fondi per Roma capitale; Tullo Ostilio dà la notizia che gli ospedali del Lazio non chiuderanno mentre sarà dimezzato il numero dei “Pronto soccorso” al Sud; Anco Marzio scrive che Capodichino non sarà più collegata con Linate, al contrario di Fiumicino; Tarquinio Prisco riporta una ricerca secondo la quale gli spot in romanesco funzionano meglio di quelli in napoletano; Servio Tullio dà la notizia che le prossime puntate di “Un posto al sole” si gireranno a Cinecittà; infine Tarquinio il Superbo commenta la vittoria del Napoli all´Olimpico con la Roma prendendosela con gli arbitri.

L´EDITORIALE DEL CDR

Solo una provocazione, si dirà. Eppure, se si arriva a immaginare una prima pagina firmata dai Sette Re di Roma, è perché è a rischio il Mattino che conosciamo. Il piano di ristrutturazione presentato dall´azienda prevede tagli severi: un giornalista su quattro. Ma sui tagli si può discutere. Quel che non è trattabile è l´identità del giornale perché se viene meno quella non c´è manovra anticrisi che valga. Nel piano si prevede che tutti i giornalisti del Mattino che oggi lavorano a Roma siano trasferiti a Napoli. Una scelta incomprensibile alla luce di quanto sostiene la stessa azienda. C´è infatti un passaggio-chiave nel piano che merita di essere citato: “Il lavoro di anni e anni – si legge – non si perde con un trasferimento nella sede centrale del proprio giornale ma si usa proprio perché questo legame non si spezzi e sia convogliato ancor più di oggi nella trattazione di argomenti che riguardano il Sud”. In pratica si chiede ai giornalisti che saranno trasferiti da Roma a Napoli di coltivare e mantenere in vita quei rapporti indispensabili a dare “continuità e originalità” alla testata sui temi relativi al Mezzogiorno. Si ammette quindi che il lavoro a Roma è servito a creare legami necessari per Il Mattino; ma nello stesso tempo si rinuncia a coltivare nuovi contatti e a formare nella Capitale i giornalisti che dovranno raccontare il Mezzogiorno nei prossimi anni. Basteranno uno o due cambi di governo perché i legami esistenti vengano spezzati, senza che se ne possano formare di nuovi.
Ecco perché il piano presentato dall´editore – al di là del dibattito sindacale sulla severità dei tagli, che pure affronteremo – è culturalmente sbagliato e lesivo nei confronti di tutto il Sud.

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