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Liberta´ di stampa: Freedom House, Italia declassata a paese "parzialmente libero"

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Washington, 1 mag 2009 – L´Italia e´ il fanalino di coda d´Europa in termini di liberta´ di stampa, in buona parte per la ´´situazione anomala a livello mondiale´´ sul piano della proprieta´ dei media. L´allarme arriva dall´organizzazione americana Freedom House, che nel proprio rapporto annuale sullo stato di salute degli organi d´informazione retrocede il nostro paese e punta l´indice sul ruolo del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. ´´Il suo ritorno nel 2008 al posto di premier ha risvegliato i timori sulla concentrazione di mezzi di comunicazione pubblici e privati sotto una sola guida´´, spiega Karin Karlekar, la ricercatrice che ha guidato lo studio, anticipando all´ansa il rapporto ufficiale ´Freedom of the Press 2009´ che verra´ presentato domani al Newseum, il museo dell´informazione e del giornalismo a Washington. La classifica globale sulla liberta´ di stampa, relativa a 195 paesi, e´ diventata da anni uno dei principali prodotti di Freedom House, un´organizzazione non-profit indipendente fondata negli Stati Uniti nel 1941 per la difesa della democrazia e la liberta´ nel mondo, che ebbe come prima presidente Eleanor Roosevelt. Per il settimo anno consecutivo, la liberta´ dei giornalisti di fare il loro lavoro e´ diminuita nel mondo, secondo i ricercatori americani. Solo il 17% della popolazione mondiale vive oggi in paesi dove esiste una stampa che viene ritenuta pienamente libera. Freedom House assegna ai paesi una ´rating´ che va da 0 (i piu´ liberi) a 100 (i meno liberi) sulla base dell´analisi dell´ ambiente legale, politico ed economico in cui lavorano i media. L´Italia e´ scesa dalla fascia alta, quella dei paesi liberi, alla fascia intermedia dei paesi ´´parzialmente liberi´´, con un rating di 32 che ne fa l´unico paese dell´Europa occidentale ad essere stato degradato. Solo la Turchia, se viene considerata come parte dell´Europa occidentale, risulta messa peggio. ´´Le cause della nostra decisione – afferma la Karlekar – sono legate all´aumento del ricorso ai tribunali e alle denunce per diffamazione, e anche all´aumento di intimidazioni fisiche ed extralegali da parte sia del crimine organizzato, sia di gruppi di estrema destra. Ma la concentrazione della proprieta´ dei media e´ il motivo principale del nostro voto e il problema principale dell´Italia, da questo punto di vista, e´ rappresentato dalla figura del premier´´. Freedom House afferma di non aver rilevato al momento segnali di attacco alla liberta´ dei media da parte del governo ´´come negli anni 2005 e 2006´´, ma Karlekar ritiene che per l´Italia sia urgente ´´affrontare il nodo della concentrazione dei media nelle mani di un solo magnate: e´ un caso unico al mondo´´. La liberta´ di stampa sembra radicata soprattutto nel nord d´Europa e nei paesi scandinavi: Islanda, Finlandia, Norvegia, Danimarca e Svezia occupano le prime cinque posizioni mondiali per il rapporto. I peggiori sono invece Corea del Nord (98), Turkmenistan, Birmania, Libia, Eritrea e Cuba. Come tutte le classifiche, anche quella di Freedom House non e´ stata ovviamente in questi anni esente da critiche metodologiche, soprattutto per la tendenza spesso a considerare ´liberi´ paesi che semplicemente non hanno alcuna regolamentazione dei media. Non e´ per questo un caso che buona parte delle 72 posizioni che precedono l´Italia siano occupate da microscopici Stati-isola polinesiani e caraibici, dove la liberta´ e´ in buona parte legata all´assenza di regole. (ansa)———————————————————————————————————————————Al declino di copie vendute, al crollo della raccolta pubblicitaria per carta stampata, radio e tv si e´ aggiunto il declassamento del giornalismo italiano allo status di ´parzialmente libero´. Il duro giudizio e´ contenuto nel rapporto 2009 dell´organizzazione indipendente americana Freedom House che ci colloca al 73.mo posto su 195 Paesi “a causa delle limitazioni imposte alla stampa da tribunali e leggi sulla diffamazione, mentre i giornalisti piu´ spesso subiscono intimidazioni da parte del crimine organizzato e da gruppi di estrema destra e preoccupa la concentrazione proprietaria dei media”. L´Ong dopo aver lanciato un allarme generale sul peggioramento delle condizioni in cui operano i giornalisti in tutto il mondo sottolinea (interpretando liberamente il concetto di Europa) che nel ´Vecchio Continente´ peggio dell´Italia fa solo la Turchia, che peraltro non ne fa parte ne´ geograficamente ne´ politicamente. L´Italia nella lista complessiva e´ a parimerito con l´arcipelago delle isole Tonga nel Pacifico. Siamo preceduti da Benin e Israele (primi Paesi in cui la stampa e´ “parzialmente libera”) e seguiti dalla cinese Hong Kong. Nel complesso lo stato di salute della stampa e´ buono ossia “libero” in 70 Paesi (il 36%), “parzialmente libero “in 61 (il 31%) e in altri 64 i giornalisti sono considerati “non liberi” (il 33%). Nella retrocessione siamo accomunati a Israele e all´ex colonia britannica di Hong Kong: si tratta di Paesi “non tradizionalmente autoritari” e questo dimostra – sottolinea Freedom House – che “democrazie stabili con media tradizionalmente liberi non sono immuni dal registrare restrizioni”. Tra i virtuosi l´Islanda – prima in assoluto – Norvegia e Finlandia, poi Danimarca. La culla del modello giornalistico anglosassone, il Regno Unito, e´ solo 27.ma, dietro gli Stati Uniti 24.mi. Meglio fa la liberissima stampa di San Marino 17.ma. Il peggio del peggio per i media sono l´ex Birmania (che la giunta militare al potere ha ribattezzato Myanmar oltre a spostare la capitale), il Turkmenistan e la Corea del Nord. (agi)

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