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Libertà di stampa: caso Mesiano, Brachino si scusa e invita il giudice in tv

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Milano, 19 ott 2009 – «Chi mangia fa molliche. Il servizio sul giudice Raimondo Mesiano, andato in onda giovedì scorso, non è stato un capolavoro. Di questo me ne assumo tutte le responsabilità. Mi scuso quindi con Mesiano e mi impegno a non trasmettere più quelle immagini. Io non ho alcuna paura di scusarmi». Così il direttore di Videonews, Claudio Brachino, torna sulla vicenda al centro delle polemiche, cioè il servizio sul giudice Mesiano trasmesso da Mattino 5 firmando un pezzo su Il Giornale. Brachino reagisce agli «insulti» che gli sono piovuti addosso, e definisce «inaccettabile» la reazione di Repubblica. In più invita il giudice a venire in trasmissione affinchè possano essere a lui rivolte tre domande.
LE DOMANDE – Brachino è intervenuto a Mattino 5 durante la rubrica «Controcanto». Ha preferito leggere un testo, rinunciando alla sua consuetudine di parlare a braccio. «Faccio alcune doverose precisazioni – ha esordito -, siccome nel weekend abbiamo ricevuto una valanga di critiche si si accettano a differenza degli insulti. Chi mangia fa molliche, dicevano i vecchi giornalisti. Questo significa che tra i tanti servizi trasmessi da una testata, ci si concentra su quelli un po´ più sfortunati. E il servizio andato in onda giovedì scorso non appartiene certo alla categoria dei capolavori. E me ne assumo come direttore tutte le responsabilità». Sul merito di un singolo servizio – ha aggiunto Brachino – si può discutere all´infinito. Questo fa parte della libertà di critica come fa parte della libertà di stampa criticare un magistrato. Alcuni termini usati nel testo hanno offeso Mesiano. Io mi scuso con lui. A me le scuse non fanno paura. Per me, la sensibilità di una persona viene prima del ruolo sociale e delle discussioni sul diritto di cronaca e del diritto alla privacy. Mi impegno quindi a non trasmettere più quelle immagini». Il direttore ha invitato però anche le voci critiche a fare lo stesso: il riferimento è alle reti Sky e a Raitre, che esprimono il loro dissenso ritrasmettendole continuamente, «trasformando così il rimedio in qualcosa di più grave della malattia».

LE STRAVAGANZE – Brachino in diretta a Mattino 5 ha precisato che non c´è stato alcun pedinamento, spiegando come quel servizio ponesse una domanda: «la cosiddetta promozione a orologeria del giudice Mesiano, a pochi giorni dalla sentenza sul lodo Mondadori, era davvero per indiscussi meriti professionali?». In più, il direttore di Videonews ha sottolineato la rilevanza del magistrato come personaggio pubblico e per questo ha trasmesso le immagini che lo riprendono in alcuni momenti della sua vita quotidiana. Non c´è però – ha precisato Brachino – alcuna valutazione politica nè giuridica, così come non sono stati usati «epiteti infamanti». Resta quella che il direttore ha definito una semplice battuta, quando vengono definiti stravaganti gli ormai famosi calzini azzurri. È qui Brachino ha rinviato al dizionario di lingua italiana Zanichelli, dove stravagante sta anche per originale. Poi l´attacco a Repubblica: «è inaccettabile la reazione di questo giornale. Non è forse lo stesso che ha pubblicato le immagini della villa del premier con ospiti internazionale colti in frangenti in cui non si poteva neanche discutere del colore dei calzini. E non è forse lo stesso che ha pubblicato le immagini del bagno della residenza romana del presidente del Consiglio rubate con un telefonino?». Brachino, al termine del suo editoriale, ha invitato il giudice Mesiano in studio per potergli presentare le proprie scuse e contestualmente rivolgergli tre domande: «la promozione è meritata o è un premio politico per una sentenza che di fatto va contro il premier? Le idee politiche di un giudice, per quanto legittime, come agiscono sulla sua serenità e indipendenza? È vero che nel processo civile non serve un collegio di tre magistrati, ma non «stravagante» decidere su una somma di 750 milioni di euro senza avvalersi di tecnici e consulenti?».

IL MINISTRO ALFANO – «Per me le scuse di Brachino chiudono un caso, ma ne aprono platealmente un altro: il diritto alla privacy vale solo se c´è di mezzo un magistrato? Solo in quel caso il diritto alla privacy prevale sul diritto di cronaca, e quando di mezzo c´è il diritto dei comuni cittadini e del capo del Governo?». Lo ha detto all´Adnkronos il ministro della Giustizia Angelino Alfano, parlando delle polemiche su Mesiano. «Sono semprte stato un sostenitore del diritto alla privacy -ha proseguito Alfano, a Palermo per inaugurare un progetto al carcere Pagliarelli- un diritto che è di ciascun cittadino e non solo dei magistrati. Oggi anche il Pd si è accorto dell´esistenza di questo diritto, però se ne è accorto solo per difendere l´ormai famoso esponente di una potente corporazione come quella dei magistrati. E se ne è accorto anche il segretario del Pd che domenica ha usato i calzini turchesi nella sua campagna elettorale per l´elezione alla segreteria nazionale del partito». «Una privacy elettoralistica? -si chiede ancora Alfano- spero di no. La privacy non è un diritto a corrente alternata, a seconda di chi sia la vittima della sua violazione. Nel nostro Paese centinaia di migliaia di cittadini sono stati intercettati senza essere direttamente coinvolti nelle indagini. I loro nomi, spesso i loro affetti, sono stati pubblicati sui giornali e senza ragione. Del loro interesse e della salvaguardia della privacy si sono occupati il Governo e la maggioranza, ma con l´ostilitá dell´opposizione».

TOPOLANEK – Il ministro della Giustizia Angelino Alfano ricorda poi, parlando con l´ADNKRONOS, la vicenda del primo ministro della repubblica ceca, Mirek Topolanek, fotografato nella tenuta estiva di Silvio Berlusconi in Sardegna: «nel nostro paese -ha detto- un capo di governo straniero è stato fotografato all´interno della residenza privata del presidente del Consiglio dei Ministri e nessuno si è indignato. Piuttosto, qualcuno si è indignato della legittima indignazione del presidente Berlusconi che difende la propria privacy». «Si è frugato, usando ogni metodo -ha proseguito- nel privato del presidente del Consiglio in omaggio al diritto di cronaca: anche in questo caso la privacy è stata considerata un diritto di serie b. Noi abbiamo sempre considerato uguali e di pari rango tre diritti costituzionali: quello alle indagini, quello alla privacy e quello di cronaca. Spero che lo sfoggio dei calzini turchesi coincida con la promozione in serie a del diritto alla riservatezza e alla privacy anche quando il problema riguarda il comune cittadino o il leader del governo». E ha concluso: «Spero che non sia l´ennesima prova che la sinistra sta sempre e comunque dalla parte dei magistrati e non dei cittadini». (corsera)——————————————————————
I comitati di redazione di Tg1, Tg2 e Tg3 esprimono “solidarieta’ ai giornalisti e agli autori di Mediaset e ai colleghi dei cdr Pietro Suber e Paolo Trombin, che in queste ore fanno sentire la loro indignazione per il caso di ‘pestaggio mediatico’ di Mattino 5 contro il giudice Raimondo Mesiano”. Per i cdr dei telegiornali Rai, infatti, “non e’ accettabile che testate televisive e della carta stampata vengano usate come clave contro chi dissente e non e’ gradito al potere. Saremo sempre al fianco – concludono – di chi si batte con dignita’ e coraggio per difendere l’indipendenza e la professionalita’ dell’informazione”. (agi)

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