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Diritti umani: Sudan, giornalista coi pantaloni sfida divieto espatrio e fugge a Parigi

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Khartoum, 24 nov 2009 – E´ riuscita a farsi beffe di chi l´eva sbattuta in carcere per aver indossato ´´pantaloni indecenti´´, grazie a quell´indumento che e´ invece osannato dagli integralisti fedeli alla shaaria, la legge islamica. La giornalista Lubna Ahmed al-Husseini e´ uscita clandestinamente dal Sudan il 18 novembre nascosta sotto al niqab, il velo nero integrale che lascia intravedere solo gli occhi attraverso una stretta fessura, simbolo dell´oppressione della donna musulmana. ´´Mi hanno impedito di viaggiare, avevo chiesto i documenti per poter partire, senza successo, cosi´ non ho trovato che questo espediente per lasciare il mio paese´´, ha detto a Parigi, dove e´ arrivata dopo aver fatto tappa a Sanaa, Il Cairo e Amman, ed e´ stata ricevuta al Quai d´Orsay dal ministro degli esteri Bernard Kouchner, che ne ha encomiato il coraggio. Giornalista al giornale di sinistra as-Sahafa e impiegata alla sezione media dell´Onu a Khartoum, Lubna ha denunciato ancora una volta le violazioni dei diritti umani commesse dal regime del presidente Omar el-Bechir, e le migliaia di donne sottoposte a frustate perche´ indossano abiti non graditi alla ´´brigata del buon costume islamica´´. Nel 2008 sono state 43mila, secondo Kouchner. ´´L´articolo del codice penale che secondo i giudici che mi hanno condannato vieta alle donne di portare i pantaloni non esiste, esiste solo nelle loro teste´´, ha sottolineato la giornalista, che venne arrestata in luglio assieme ad altre donne in pantaloni che, dichiaratesi colpevoli, sono state condannate ad essere frustate. Le pressioni internazionali le hanno evitato la frusta, ma Lubna e´ finita in carcere per aver rifiutato di pagare una cauzione di 200 dollari, versata poi dall´associazione delle giornaliste sudanesi. In liberta´ provvisoria, ha scritto un libro, ´´40 coups de fouet pour un pantalon´´, 40 frustate per un paio di pantaloni, edito da Plon, che presentera´ domattina al Cape, l´associazione della stampa estera a Parigi, per iniziativa del Club della stampa araba e dell´associazione per la difesa della donna “Ni Putes Ni Soumises”, “Ne´ puttane ne´sottomesse”. ——————————————————————————´´Voglio solo che le donne delSudan abbiano il diritto di difendersi in tribunale. Anche gli
assassini ce l´hanno´´. Arriva in tailleur nero, pantaloni
stretti sui fianchi, i capelli raccolti dietro la nuca, Lubna
Ahmad al-Husseini. La giornalista sudanese e´ a Parigi, fuggita
dal suo paese in niqab sfidando le leggi ed i controlli
dell´aeroporto di Khartoum, per presentare il suo libro ´´40
frustrate per un pantalone´´.
Ma Lubna, ex cronista di punta del paese che ospito´ Bin
Laden, negli anni ´90, allontanata dalla stampa dai colpi della
censura, non e´ solo venuta a raccontare la sua storia. Di
quando, cioe´, lo scorso luglio, fu arrestata insieme ad altre
donne (una di loro aveva solo 16 anni), perche´ portava un abito
´´indecente´´, cioe´ pantaloni aderenti. Da Parigi Lubna
denuncia una ´´legge scellerata´´ che ´´e´ sempre contro le
donne e mai contro gli uomini´´. In discussione, l´articolo 152
della legge del 1991 che sanziona gli ´´atti scandalosi´´,
adulterio e prostituzione, ma che e´ ´´estesa illegalmente anche
alle tenute giudicate indecenti´´.
Davanti alla stampa internazionale Lubna denuncia quei
tribunali speciali ´´senza avvocati ne´ testimoni´´ che
condannano le donne a 40 frustate. ´´In tribunale – dice – sono
presenti solo un giudice ed un poliziotto. E´ quest´ultimo a
portare avanti l´inchiesta, a scrivere l´atto di accusa e
applicare la sanzione. La donna non puo´ difendersi – aggiunge –
non puo´ lamentarsi, la sua sorte non solleva alcuna
compassione´´. La condannata viene allora portata in una stanza
chiusa (solo le esecuzioni degli uomini sono in pubblico), le
viene scoperta la schiena e viene fatta mettere, in piedi, con
la faccia contro un muro. ´´Il frustino e´ di pelle di
ippopotamo – aggiunge – e´ duro, spesso. Piu´ spesso di quello
che si usa in Egitto per frustrare i cavalli. Nella loro
brutalita´ spesso i poliziotti rompono il loro strumento di
lavoro´´.
Sono state 43.000 in Sudan le donne frustate nel 2008 perche´
indossavano abiti non graditi alle autorita´. L´ultima, solo la
settimana scorsa, riferisce Lubna, e´ una ragazza di 16 anni
arrestata perche´ portava una gonna stretta. Il tribunale l´ha
condannata a 50 frustate, dieci di piu´ di quelle previste dalla
legge. ´´Di fronte alle proteste sollevate dal mio caso – spiega
la giornalista – le sanzioni si sono inasprite´´. A subire gli
abusi dei tribunali islamici sono spesso donne povere, senza
appoggi, perche´ le ´´ricche possono pagare una mancia al
poliziotto in cambio della liberta´´. Sono vent´anni che il
diritti delle donne sono calpestati nel Sudan di Omar el-Bashir,
dove piu´ del 90% delle donne subiscono l´infibulazione.
Lubna non sa ancora se chiedera´ l´asilo politico alla
Francia, che l´ha accolta con tutti gli onori, o se tornera´ nel
suo paese: ´´saranno le donne del Sudan – dice – le donne che mi
hanno appoggiato a decidere cosa dovro´ fare. Mi adeguero´ alla
loro decisione´´. Ora per Lubna conta che il suo libro
(pubblicato in Francia da Plon) venga letto e tradotto in
diverse lingue, ma soprattutto in arabo: ´´cosi´ come io sono
riuscita a uscire, con i miei mezzi, sfidando il mio paese –
dice – cosi´ trovero´ il modo di farlo entrare nei paesi
arabi´´.
Nella giornata internazionale contro la violenza sulle
donne, che diventa ´´causa´´ numero uno in Francia per il 2010,
Lubna spera che la lotta ´´diventi mondiale´´. (ansa)

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