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Libertà di stampa: intercettazioni, ricorso alla corte Europea contro giro di vite sui cronisti. Anm, inaccettabili limitazioni alla stampa

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Roma, 21 apr 2010 – Parte una nuova offensiva dei giornalisti e delle associazioni contro l´abolizione delle tariffe postali a favore dell´editoria e contro la legge sulle intercettazioni telefoniche: provvedimenti che vengono considerati dai sindacati e non solo tasselli di una vera e propria strategia contro la liberta´ d´espressione partita con la soppressione del diritto soggettivo a ricevere i fondi pubblici per l´editoria. E´ in sintesi il senso di una conferenza stampa – durante la quale e´ stato presentato un appello alle massime cariche dello Stato sulle tariffe – che ha riunito a uno stesso tavolo Articolo 21, la Federazione Nazionale della Stampa, l´Usigrai, Mediacoop, Vincenzo Vita (Pd) la rivista Confronti, il settimanale Riforma, il Coordinamento riviste italiane di cultura (Cric), i rappresentanti della piccola editoria. I temi – intercettazioni e tariffe – si sono intrecciati e l´appuntamento del 28 aprile (giornata della manifestazione in piazza indetta dalla Fnsi) diventa una data decisiva per delineare le nuove iniziative in vista di una battaglia ampia e – si auspica – trasversale agli schieramenti. E´ stato Beppe Giulietti a introdurre i temi sul tavolo e a ventilare la possibilita´ di ricorrere alla Corte di Strasburgo sul caso della legge riguardante le intercettazioni, iniziativa che ha trovato l´appoggio della Fnsi e dell´Usigrai. Giulietti ha bocciato senza appello il decreto interministeriale del 31 marzo che ha cancellato le agevolazioni postali. E ha giudicato questa scelta un tradimento del governo anche rispetto agli atti parlamentari approvati in materia di editoria. ´´Ora pero´ – dice il portavoce di Articolo 21 – e´ il momento di uscire dal silenzio, di prendere iniziative clamorose, anche salire sui tetti. Bisogna raccogliere consensi, andare oltre le logiche di partito e creare un caso mediatico anche chiedendo l´aiuto di Annozero´´. Ha preso la parola Valdo Spini, nuovo presidente del Cric: ´´Ho assunto volentieri questo incarico, del quale non mi nascondo le difficolta´ e il peso, perche´ intendo riportare all´attenzione dell´opinione pubblica il tema delle riviste culturali italiane, che rappresentano un elemento importante della nostra cultura anche all´estero´´. Vita ha parlato di ´´grave colpo di mano´´ dell´esecutivo e ha annunciato una interpellanza urgente da presentare a Camera e Senato per ricomporre quel fronte ampio che si era speso in favore ripristino del diritto soggettivo. Il presidente della Fnsi Roberto Natale ha denunciato ´´l´attacco frontale all´informazione´´. ´´Il 28 – ha annunciato – discuteremo del ricorso alla Corte Europea´´. ´´Speriamo – ha proseguito – di non doverci arrivare ma, se le cose non cambiano o addirittura peggiorano, andremo avanti e siamo certi che il nostro ricorso si rivelera´ vincente´´. Natale ha contestato il metodo e il merito e vede profilarsi forti ostacoli alla partecipazione degli Stati Generali dell´editoria: ´´Non ci siederemo a un tavolo dove si celebra il funerale del gia´ debole pluralismo italiano´´. ________________________________________________ANM, INACCETTABILI LIMITAZIONI ALLA STAMPA IN CONTRASTO CON LA COSTITUZIONE. L´Associazione nazionale magistrati sul ddl sulle intercettazioni si schiera a favore della stampa. ´´Il divieto di pubblicazione, anche parziale o per riassunto o nel contenuto, di tutti gli atti di indagine, anche se non pi— coperti da segreto, fino alla chiusura delle indagini rappresenta – accusa il sindacato delle toghe – un´inaccettabile limitazione al diritto/dovere di informazione e di cronaca garantito dall´articolo 21 della Costituzione´´. E non e´ tutto: anche ´´l´introduzione di un reato per la registrazione di comunicazioni da parte di uno degli interlocutori senza il consenso degli altri´´, avverte l´Anm, rischia ´´di pregiudicare irrimediabilmente ogni forma di giornalismo d´inchiesta´´. _____________________________________________ INTERCETTAZIONI: UNCI, IL 28 SAREMO IN PRIMA FILA. I cronisti italiani saranno in prima fila, mercoledi´ 28 aprile, alla manifestazione indetta dalla Federazione della Stampa davanti al Senato per contrastare i nuovi bavagli introdotti dagli emendamenti della maggioranza al ddl Alfano sulle intercettazioni. Gia´ nei giorni scorsi – si legge in una nota – l´Unci, che partecipera´ alla manifestazione con il proprio Consiglio nazionale, aveva sollecitato a Fnsi e Ordine la mobilitazione urgente dell´intera categoria poiche´ aveva avvertito che l´orientamento nella Commissione Giustizia di Palazzo Madama era quello di inasprire tutte le norme che riguardano la stampa. I cronisti ribadiscono che ´´il diritto di informare dei giornalisti coincide con il diritto di sapere dei cittadini. Pertanto e´ inaccettabile la volonta´ di impedire la pubblicazione del contenuto delle intercettazioni nel periodo che intercorre tra la misura cautelare e lo svolgimento del dibattimento, creando cosi´ un vuoto temporale incomprensibile e arbitrario´´. ´´Del tutto inaccettabile – concludono – e´, anche, la fantasiosa previsione di condannare al carcere chi registra le proprie conversazioni´´.____________________________________________UNA TASSA PER DARE LE NOTIZIE di Luigi Ferrarella (corriere.it). Presentata dal governo come rimedio contro la pubblicazione selvaggia di intercettazioni, la legge proposta fa in realtà ben altro: con botte da 65.000 a 465.000 euro, strozza la trascrizione o pubblicazione per stralci di qualunque atto giudiziario, anche se non più segreto. E appende una delle più incisive modalità del giornalismo d’inchiesta radiotelevisivo all’alea dell’interpretazione di un avverbio. L’insidia maggiore, infatti, sta nel mix di una conferma e di una novità. La conferma: la nuova legge ribadisce le attuali regole (inasprite nelle pene per il giornalista portate a 2 mesi di carcere o un’ammenda da 2.000 a 10.000 euro, raddoppiata nel caso di intercettazioni pur depositate e note alle parti) che sanzionano il reato del giornalista che prima della fine dell’udienza preliminare pubblica «in forma anche parziale» gli «atti (dunque non solo intercettazioni, ndr) non più coperti dal segreto»; e conferma che questi atti non potranno essere trascritti né letteralmente né per stralci, ma soltanto riferiti «per riassunto». La novità: la nuova legge aggancia questo reato di «pubblicazione arbitraria» alla normativa 231 del 2001 sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche per reati commessi dai dipendenti nell’interesse aziendale, e addebita così all’editore ogni volta la responsabilità oggettiva sotto forma di sanzioni che vanno da un minimo di 64.500 euro a un massimo di 465.000. Con due conseguenze micidiali. La prima è quantitativa: basta raffrontare l’entità del salasso ai bilanci dei giornali per rendersi conto che nessuna testata potrà sostenere sistematicamente la scelta di pagare questo prezzo per dare una notizia— si badi bene — vera e non più coperta da segreto. La seconda è qualitativa: se dalla scelta di dare o no una notizia dipenderanno la salute patrimoniale del giornale, e in alcuni giornali la stessa sopravvivenza economica della testata, è chiaro che l’ultima parola l’avrà non il direttore ma l’editore, «il padrone in redazione». E poiché la legge 231 imporrà all’azienda editoriale di adottare e fare rispettare un modello organizzativo idoneo a scongiurare che i dipendenti-giornalisti commettano il reato di pubblicare notizie vietate, sebbene vere e non più segrete, l’editore dovrà per forza ingerirsi sul dove-come-quando-da chi sia stata appresa e verificata la notizia, e così entrerà a gamba tesa sull’autonomia redazionale e su quella che oggi per contratto è invece «competenza specifica e esclusiva» del direttore. Per parte loro i magistrati, anche dopo gli ultimi emendamenti proposti dalla maggioranza al testo votato al Senato, valutano «assolutamente irragionevole il divieto di disporre nuovi ascolti sulla base dei contenuti di intercettazioni lecitamente acquisite»; indicano «il rischio» che l’auspicato ritorno ai «gravi indizi di reato» (anziché «di colpevolezza»), poiché scritto in modo «poco preciso sul piano tecnico, generi equivoci sui presupposti necessari» per intercettare; e trovano «inspiegabile» che la legge «voglia mantenere la stessa disciplina delle intercettazioni anche per l´acquisizione dei tabulati, interferenza nella libertà di comunicazione che per pacifica giurisprudenza costituzionale è di gran lunga inferiore rispetto alle intercettazioni». Ma è ancora sull’informazione che gli emendamenti governativi pesano di più. Insistono sull’insensato divieto di dar conto in alcun modo (né stralci né sintesi né contenuto) persino delle intercettazioni sulle quali i giudici fondino le ragioni di un arresto. E ora promettono fino a 4 anni di carcere per chi «fraudolentemente» registra o filma «conversazioni a lui dirette o comunque in sua presenza»: minaccia che sarebbe persino comica se non rischiasse, sul filo del significato che la giurisprudenza darà all´avverbio, di stroncare le inchieste tv e radio condotte da giornalisti con microfoni o telecamerine nascoste. Ecco perché non bisogna fermarsi a piangere solo sull’inasprimento delle pene per i singoli giornalisti, che per loro in pratica si tradurranno in media in oblazioni da 5/10mila euro per volta: è grave, ma non è questa la minaccia più insidiosa, anche se ridurrà il numero di cronisti disposti a rischiare in teoria il carcere, e anche se taglieggerà i giornalisti, vessandoli con quella che diventerà una vera e propria «tassa» da pagare per poter dare le notizie. Per converso, di certo la legge non scoraggerà i giornali specializzati nel colpire gli avversari, che già oggi hanno risolto il problema mettendo la diffamazione a bilancio, e cioè stanziando un budget annuale con il quale i loro editori ritengono politicamente vantaggioso pagare i risarcimenti-danni per chiudere man mano le cause civili e penali frutto della menzogna pianificata. (corriere.it)

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