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Intercettazioni: l´Osce all´Italia, cambi o ritiri il ddl. La Farnesina, inopportuno. Scontro nel Pdl, oggi nuovo vertice

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Milano, 15 giu 2010 – Il ddl intercettazioni diventa un caso internazionale: l´Osce, Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, chiede all´Italia di rinunciare al disegno di legge o di modificarlo in sintonia con gli standard internazionali sulla libertà di espressione. «Sono preoccupata che il Senato abbia approvato una legge che potrebbe seriamente ostacolare il giornalismo investigativo in Italia – scrive Dunja Mijatovic, responsabile Osce per la libertà dei media -. I giornalisti devono essere liberi di riferire su tutti i casi di pubblico interesse e devono poter scegliere come condurre una indagine responsabile». Una presa di posizione giudicata «inopportuna» dalla Farnesina. «Da parte italiana, attraverso i canali diplomatici, è stata fatta notare con fermezza l´inopportunità di tale intervento – sottolinea il portavoce Maurizio Massari -. Un intervento su una misura legislativa, il cui iter non è completato, che rischia di interferire e turbare il dibattito democratico in Parlamento». PDL E TENSIONI – Intanto il ddl continua ad agitare il Pdl. La frase di Gianfranco Fini sul ddl intercettazioni («non c´è fretta, meglio cercare un testo condiviso»), e le indiscrezioni sul pensiero di Silvio Berlusconi («adesso basta ricatti»), riaccendono il dibattito nella maggioranza sul provvedimento. Il ministro per l´Attuazione del programma, Gianfranco Rotondi, avverte: «Se non rispettiamo un punto saliente del programma come la legge sulle intercettazioni, facciamo prima ad andare a casa che a proseguire la legislatura». Posizione tutt´altro che solitaria, visto che anche Gaetano Quagliariello osserva che «saremmo di fronte all´atto di nascita di un partito all´interno di un altro partito, se si volesse cambiare la decisione assunta all´unanimità dall´ufficio di presidenza del Pdl». Il vicepresidente dei senatori Pdl teme che «si voglia scaricare su altri la necessità di rivedere il testo: il Parlamento, la Corte costituzionale e perfino il Capo dello Stato». «Meglio mantenere il cantiere aperto», esorta invece il finiano Carmelo Briguglio. «Il Pdl – osserva – è a un bivio: trovare alla Camera le soluzioni ai problemi innegabili che il testo licenziato dal Senato ancora presenta, prevenendo le obiezioni che potrebbero essere manifestate dal Capo dello Stato al momento della firma. Oppure, come sentiamo dire dai grandi strateghi della soluzione finale, prepararsi a uno scontro istituzionale col Capo dello Stato, il che passerebbe per una riapprovazione del medesimo testo eventualmente non promulgato da Napolitano». «Uno scenario di guerra», avverte il vicepresidente dei deputati Pdl che «nelle intenzioni degli strateghi che l´hanno pensato, porterebbe al redde rationem delle elezioni anticipate. Non ci vogliamo credere, ma è bene parlarne, sia pure per scongiurarlo». Scenario evocato anche da Italo Bocchino: «Non vorrei che qualche falco berlusconiano volesse lo scontro istituzionale e accarezzasse l´idea di farsi respingere la legge dal Capo dello Stato per riapprovarla nello stesso testo e avviare uno scontro costituzionale». IL MINISTRO BONDI – Parole censurate dal coordinatore Pdl Sandro Bondi: « «In un partito si può esprimere liberamente e senza alcuna censura il proprio pensiero, salvo rispettare nel voto le decisioni assunte democraticamente negli organismi dirigenti. È riprovevole ricorrere, come fa l´onorevole Bocchino, ad argomenti risibili e inappropriati sia quando chiamano in causa il Pdl che ancor più le libere e insindacabili decisioni del Capo dello Stato». Per entrare in vigore, la legge deve ancora essere approvata dalla Camera e firmata dal capo dello Stato. (corriere.it)

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