Roma, 1 lug – Alla fine tra i berlusconiani sembra prevalere la linea morbida. L’assicurazione del presidente del Senato Renato Schifani che il ddl Intercettazioni verrà esaminato a Palazzo Madama dopo l’estate sembra far cadere l’ipotesi di un possibile tentativo di blitz da parte del Pdl che sarebbe potuto essere di due tipi: voto subito alla Camera senza cambiare nulla; o modifiche, ma forzando i tempi per veder approvato il ddl anche dal Senato entro i primi d’agosto. Magari con la fiducia. Ipotesi circolate con insistenza in queste ore. Probabilmente, si spiega nella maggioranza, all’ ammorbidimento dei toni avrebbe contribuito la dura presa di posizione del capo dello Stato che da Malta ha ribadito: io non do suggerimenti di sorta. Si sa benissimo quali sono i punti di criticita’ del provvedimento. Le preoccupazioni sono state gia’ sottolineate ”nei rapporti con esponenti di maggioranza e di governo”. Il testo verra’ valutato dal Colle a tempo debito e cioe’ dopo che sara’ licenziato dalle Camere. La puntualizzazione, si commenta nel centrodestra, avrebbe disinnescato il braccio di ferro che si era cercato di avviare con il Quirinale. Anche nella Consulta della Giustizia del Pdl di ieri, infatti, il ragionamento era chiaro: ora e’ prematuro pensare agli emendamenti. Meglio attendere indicazioni da governo e Quirinale perche’ altrimenti si corre il rischio che il ddl cambi di nuovo senza avere la certezza che il Colle lo firmi e la Consulta non lo bocci. Una sorta di invito a Napolitano, insomma, a uscire allo scoperto per avere la garanzia poi che nulla cambi. La precisazione del capo dello Stato arriva pero’ come una doccia fredda nel Pdl e crea una visibile irritazione nei vertici del partito e nel premier. Irritazione che diventa piu’ palpabile per l’ennesima presa di distanza del presidente della Camera Gianfranco Fini che subito dopo Napolitano, avverte: l’ allarme lanciato dal Procuratore nazionale Antimafia Piero Grasso deve spingere ad una riflessione sul ddl intercettazioni. Il messaggio del co-fondatore e’ esplicito: se si forza sui tempi o si sceglie di non modificare il testo, i finiani potrebbero anche votare contro. Incalzati cosi’ dall’asse Napolitano-Fini; dalla polemica scoppiata sul Lodo Alfano che si punta a modificare per ampliare lo scudo a premier e ministri; con una piazza gremita che chiede il ritiro del provvedimento, nel Pdl si sceglie di non arrivare al muro contro muro. E cosi’, in serata, il vicepresidente dei senatori del Pdl Gaetano Quagliariello apre all’ipotesi di modificare il testo. Anche il leader della Lega Umberto Bossi usa toni soft assicurando che una mediazione sul tema si sarebbe trovata. Intanto i capigruppo di Pd, Udc e Idv in commissione Giustizia della Camera Donatella Ferranti, Roberto Rao e Federico Palomba chiedono piu’ tempo per esaminare il testo. Ma il presidente della commissione Giulia Bongiorno ribadisce di non poter far nulla: i tempi per il dibattito in Aula, ricorda, sono stati decisi dalla conferenza dei capigruppo. E toccherebbe a loro decidere di allungarli. Clima teso dunque nella maggioranza. tanto che il presidente del Consiglio appena rientrato a Roma da un lungo viaggio in America, ha convocato a Palazzo Grazioli il Guardasigilli Angelino Alfano, Niccolo’ Ghedini e il sottosegretario Gianni Letta. Intanto prosegue la polemica sul Lodo Alfano. Anche perche’ Bossi lo difende sostenendo che ”qualcosa al premier bisogna pur darla”. ”Cosi’ la Lega tradisce i suoi elettori”, commenta il leader dell’Idv Antonio Di Pietro. Il presidente della commissione Giustizia del Senato Filippo Berselli insiste: il ddl costituzionale va cambiato per dare anche a premier e ministri la possibilita’ di avere lo scudo per i processi cominciati prima dell’assunzione dell’incarico. Cosi’ come si prevede per il Capo dello Stato. ”Se il Pd minimizza – osserva Berselli – e’ perche’ puntano alla furbata. Tentano di far credere cio’ che non e’ per evitare che la norma cambi. E invece io credo che debba cambiare perche’ cosi’ com’e’ non tutelerebbe completamente ne’ premier, ne’ ministri”. Secondo quanto si spiega nel Pdl, infatti, l’attuale ddl non si potrebbe applicare nemmeno al neo ministro Brancher perche’, tra l’altro, la norma transitoria vale solo per l’ entrata in vigore della ‘presente legge’ che e’ composta di un solo articolo nel quale appunto la possibilita’ di sospendere i processi cominciati prima dell’assunzione dell’incarico vale solo per il Capo dello Stato. (ansa)