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Libertà di informazione: Libia, giornalisti italiani fermati e malmenati. Tripoli assediata, aeroporto al collasso

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Tripoli, 24 feb – Fuga da Tripoli. Arrivando la prima cosa che si vede sono migliaia di persone, tra cui molte donne e bambini, che bivaccano da giorni tra escrementi e rifiuti nell´aeroporto della capitale libica in condizioni al limite dell´emergenza sanitaria in attesa di un volo che li porti via dall´inferno. Nella bolgia sono finiti moltissimi lavoratori egiziani e tunisini, vessati dalle autorita´ perche´ ritenuti responsabili di aver esportato oltre il confine libico il germe della rivolta. Ma ci sono anche molti occidentali, e anche qualche italiano. Il traffico aereo e´ rallentato e diverse compagnie aeree, tra cui l´Alitalia, hanno cancellato i loro voli per motivi di sicurezza. Fuori dallo scalo sono accampati centinaia di disperati che trascorrono la notte, in un freddo pungente, riparati solo da coperte sudice. In terra ogni tipo di rifiuti e decine di borse, valigie e fagotti sventrati: abiti e scarpe sono disseminati in terra fradici per le intense piogge dei giorni scorsi. Attraversare quella marea umana e´ un´impresa. A controllarla solo pochi agenti di polizia in divisa e con la mascherina protettiva su bocca e naso. Nessun medico, ne´ infermiere. Spiccavano solo due incaricati dell´ambasciata britannica con pettorina arancione che si aggiravano alla ricerca di loro connazionali. La situazione nella capitale libica, ormai ultima roccaforte del regime di Gheddafi e´ esplosiva. L´atmosfera di apparente calma e´ squarciata da episodi di fortissima tensione. Come quello capitato ad un gruppo di giornalisti italiani, tra cui l´inviato dell´Ansa, giunti oggi a Tripoli su invito del governo e con regolare visto di ingresso rilasciato dall´ambasciata della Jamahyria a Roma. Viaggiavamo su tre automobili private guidate da autisti libici contrattati in aeroporto, quando siamo stati fermati lungo la strada che collega lo scalo aereo con Tripoli da alcuni miliziani armati di Kalashnikov e in abiti civili. Uno di noi, Fabrizio Caccia del Corriere della Sera, e´ stato schiaffeggiato violentemente e preso a calci da un miliziano con il Kalashnikov a tracolla solo per aver detto di essere italiano. I miliziani ci hanno sequestrato i telefoni satellitari e controllato tutti i bagagli. Sono stati momenti drammatici, soprattutto quando Caccia e´ stato portato dai miliziani in una casupola di legno al margine della strada. A quel punto abbiamo mostrato i nostri passaporti con i visti del governo libico e la situazione si e´ sbloccata dopo che uno dei miliziani ha chiamato i suoi superiori per radio e ha avuto l´ordine di farci proseguire. Prima ci hanno riconsegnato i telefoni satellitari e gli altri bagagli. Per questo episodio il ministero degli Esteri ha fatto una protesta formale e ha chiesto all´ambasciatore a Tripoli Vincenzo Schioppa di ribadire alle autorita´ libiche la necessita´ che l´incolumita´ e il lavoro dei giornalisti siano tutelate. Lungo la strada che collega l´aeroporto a Tripoli stazionano miliziani armati, pochissimi gli agenti in divisa. Il traffico e´ meno intenso del normale ma le strade, almeno per quanto abbiamo visto nel tragitto fino al nostro albergo, non sono deserte. I primi segnali dell´accerchiamento alla citta´ si notano nell´approvvigionamento delle merci: scarseggiano alcuni generi di prima necessita´, come il latte per bambini. I collegamenti sono difficili e le schede telefoniche introvabili. Chiuse anche le banche. Una manna per gli speculatori che fanno affari d´oro con la borsa nera, cambiando valuta e vendendo cibo ai disperati dell´aeroporto. (ansa)_____________________________________________ LIBIA: CYBERATTIVISTI E MAPPE, VOCI DELLA RESISTENZA. Cyberattivisti, tweet, mappe dinamiche, immagini, messaggi vocali: anche per la protesta in Libia, l´ultimo paese del nord Africa a infiammarsi, fondamentale e´ il contributo di Internet e degli utenti che suppliscono all´assenza di giornalisti e tv. Twitter, come gia´ aveva dimostrato l´onda verde iraniana, e´ la principale fonte d´informazione: il microblogging consente di seguire l´evolversi degli scontri e delle rivolte contro Gheddafi, anche attraverso le immagini. Ma c´e´ un´evoluzione in questo flusso di aggiornamenti: alcuni cyberattivisti, combinando lo strumento di Google Maps e di Twitter (in termine informatico si dice mash-up), hanno creato un ibrido, mappe dinamiche che grazie ai Tweet sono in grado di documentare luoghi e voci della rivolta, anche geolocalizzandole (un aiuto per i giornalisti che devono verificare le fonti). Quelle piu´ usate sono quelle di Mibazaar e Arasmus (come gia´ anticipato dal blogger italiano ed ex corrispondente di guerra Pino Bruno, poi ripreso da Wired Usa): hanno realizzato efficaci mash-up, in cui sulla mappa della Libia vengono convogliati e geolocalizzati i tweet che arrivano dall´area in rivolta. Ogni cinque secondi ne appare uno con le notizie piu´ fresche. Sulla barra a sinistra, si possono anche isolare i tweet provenienti da altri paesi come Egitto, Bahrein, Iran. Arasmus, invece, seleziona i messaggi e li sistema sulla mappa, usando anche icone che ricordano un po´ le bandierine che gli strateghi militari applicavano sulle carte geografiche (a sinistra ci sono date e spiegazioni). La mappa di Arasmus non e´ pero´ generata automaticamente, anche per esigenze di sicurezza. (http://maps.google.com/maps/ms?ie=UTF8&hl=en&msa=0&msid=2154546 46984933465708.00049c59184ae1136341a). ´´Se le informazioni fossero immediate – dice la cyberattivista – si potrebbero mettere in pericolo i manifestanti che le postano´´. A comporre il mosaico globale della rivolta, c´e´ anche il sito One Day on Earth che trasmette immagini, come quella che ha fatto il giro del mondo delle fosse comuni a Tripoli con la spiaggia diventata un cimitero. La comunita´ online, fondata nel 2008, mette in condivisione gli archivi video alimentati da filmakers, studenti, insegnanti, semplici videoamatori, tutti cittadini ispirati da passione civile. Tutti postano a titolo gratuito. Mentre volontari e cyberattivisti di Avaaz stanno lavorando a soluzioni tecnologiche per aggirare il blackout di internet, con modem satellitari, cellulari, piccole videocamere e trasmettitori radio portatili, insieme con squadre di esperti sul campo, per consentire gli attivisti di trasmettere video dal vivo. Ed e´ partita anche una raccolta fondi sulla pagina: https://secure.avaaz.org/en/blackout_proof_the_protests/?hp. E in un paese dove il sistema di comunicazioni funziona a singhiozzo arrivano anche le voci della resistenza con ´feb17voices´ (http://audioboo.fm/feb17voices): raccoglie in tempo reale su AudioBoo (e´ un sito ma anche un´applicazione per iPhone) gli appelli vocali di chi si oppone a Gheddafi registrati su cellulari e smartphone e poi affidati alla rete. L´ultimo messaggio vocale postato dice che a Tripoli sono arrivati gli spazzini a pulire le strade, per far credere che la situazione e´ sotto controllo. (ansa)

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