15 genaio 2014 – Cari Colleghi, vi rivolgiamo un appello a ritrovare la coesione come categoria: ci unisce il desiderio di tutelare il nostro lavoro ma anche la professione, pur nel rispetto delle differenze e delle modalità di lavoro che ci contraddistinguono (dipendenti, precari – con contratti a termine come da Ccnlg – , parasubordinati (Co.co.co. con più committenti oppure con committente unico o prevalente e col vincolo di esclusiva), liberi professionisti veri e propri (con una pluralità di committenti), falsi freelance (con partita iva ma un unico committente e rapporto continuativo). Oggi è necessario e urgente fare fronte comune, anche in vista del rinnovo del contratto della categoria. Vi invitiamo, quindi, a un confronto di merito sull’equo compenso, ma anche sul rinnovo del contratto e sulla riforma della professione che, a nostro avviso, deve puntare ad ottenere maggiori tutele per chi di questo lavoro vive davvero e non lo fa per hobby o come dopolavorista.
DIBATTITO ACCESO
In questi giorni sulla nostra pagina facebook si è svolto un dibattito sull’equo compenso – dai toni anche accesi – che ha visto la partecipazione di colleghi di tutta Italia, alcuni dei quali estremamente preoccupati per la proposta congiunta Fnsi-Odg che prevede l’introduzione di tabelle (per alcuni si tratta di minimi, per altri di un tariffario che, peraltro, sarebbe già contrario alle norme europee).
PROPOSTA ROMANA
Vogliamo offrire alla discussione una proposta che nei mesi scorsi abbiamo elaborato in sede di Commissione contratto dell’Associazione Stampa Romana: parte dal presupposto che in un mercato del lavoro sempre più orientato verso il lavoro autonomo (finto e vero), complice la crisi economica del comparto editoriale – con la fuoriuscita di centinaia di dipendenti dalle redazioni – e una deregulation selvaggia che ha stravolto anche la nostra categoria facendo proliferare i contratti atipici, occorra separare il tema del precariato e dei finti autonomi dal lavoro veramente autonomo e, di conseguenza, cercare soluzioni mirate. Da qui la necessità di un contratto collettivo “inclusivo”, cioè davvero di tutta la categoria, in grado di garantire a tutti i giornalisti -anche quelli che lavorano fuori dalle redazioni (ma solo come luogo fisico!)- modalità di lavoro corrette e tutele contrattuali, nell’ambito di una nuova organizzazione del lavoro.
Fermo restando che va inquadrato contrattualmente il lavoro fintamente autonomo, proponiamo di riformare le attuali fattispecie contrattuali che già prevedono figure “flessibili” (artt.2 e 12): il loro lavoro è svolto con assoluta flessibilità negli orari, nelle prestazioni e nei compensi, ma con tutele di legge e di contratto (stabilità, malattie, ferie, tredicesima mensilità, maturazione del Tfr).
Considerato, poi, che il mercato è fisiologicamente orientato nella direzione del lavoro autonomo, proponiamo di introdurre un nuovo articolo (art.53: COLLABORATORI NON FISSI) strettamente collegato alla Legge sull’Equo compenso che richiama l’art. 36 della Costituzione. L’obiettivo è assicurare tutele contrattuali e diritti anche a questi colleghi che non possono continuare ad essere esclusi ed ignorati, visto che rappresentano la stragrande maggioranza della categoria e che, in sostanza, producono la quasi totalità dell’informazione in Italia.
LA LEGGE SULL’EQUO COMPENSO
La legge n. 233/2012 stabilisce che il giornalista non dipendente ha diritto alla “corresponsione di una remunerazione proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, tenendo conto della natura, del contenuto e delle caratteristiche della prestazione nonché della coerenza con i trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria in favore dei giornalisti titolari di un rapporto di lavoro subordinato”. Il nuovo articolo 53 punta proprio a questo: garantire maggiori tutele contrattuali ed economiche per i collaboratori occasionali/freelance (che vogliono continuare a utilizzare le forme di lavoro non subordinato) valorizzandone, al tempo stesso, l’autonomia e la flessibilità, anche negli orari e nelle mansioni.
La ratio è: costa di più il prodotto intellettuale di un libero professionista che è gravato dell’alea di non essere dipendente (con tutti i rischi e le spese di stare sul mercato), per cui se si prevede il lavoro “a giornata”, il compenso va parametrato al costo della giornata lavorativa del dipendente (con versamento dei contributi previdenziali e assistenziali -Inpgi 1 e nuovi profili Casagit-, maggiorazioni per i festivi o i notturni, spettanze di fine rapporto, copertura legale e delle spese assicurative -soprattutto per i freelance che lavorano in zone a rischio o in aree di crisi o di guerra -) maggiorato di un’indennità “compensativa” variabile – per esempio, per il mancato superamento di un mese di lavoro- inversamente proporzionata al numero delle giornate lavorative: meno giorni viene impiegato il giornalista, più costa, proprio perché ha meno certezze di continuità professionale e rischia maggiormente nel reperire un nuovo editore committente.
Ferma restando, ovviamente, la libera contrattazione tra le parti (per esempio, il giornalista che ha un’esclusiva o fa un’inchiesta o un reportage e propone il lavoro al miglior acquirente).
MA QUAL È IL COMPENSO VERAMENTE “EQUO”? RISOLVERE L’EQUIVOCO
Fissare un minimo inderogabile per legge, sotto il quale è indegno fare questa professione, è indispensabile per dare forza anche alla proposta contrattuale. Insomma, l’equo compenso – cioè il principio, imposto ex lege, di un minimo unico e inderogabile delle prestazioni giornalistiche – deve essere garantito a tutti coloro che esercitano la professione e deve essere la base di partenza della contrattazione individuale -pilastro della libera professione- e non un finto stipendio. Solo così può diventare uno strumento davvero efficace per difendere la dignità della professione. Da qui l’esigenza che la cifra minima sia adeguata e congrua a un’attività professionale di tipo intellettuale che contribuisce anche allo sviluppo democratico del Paese.
Per realizzare questo obiettivo vanno presi come riferimento i livelli retributivi previsti per le prestazioni professionali analoghe nella contrattazione collettiva di settore (art 1, come dalla proposta della Commissione nazionale lavoro autonomo di Fnsi) tenendo conto del tempo di lavoro impiegato. Inoltre, nel fissare la soglia occorre tener conto che il lavoro autonomo, quello vero – freelance che non produce articoli solo per agenzie e quotidiani ma reportage, inchieste, corrispondenze da zone pericolose, servizi che richiedono settimane di lavoro, approfondimenti, investimenti, rischi, spese in proprio – deve costare di più perché ci si accolla il rischio di stare sul mercato, si ha minor certezza di continuità professionale, si rischia maggiormente nel reperire un nuovo committente, occorre conquistare uno per uno incarichi (e relativi pagamenti). Il libero professionista, inoltre, non ha tutte le garanzie previdenziali, assicurative, assistenziali (Inpgi, Casagit, Tfr, assegno familiare, contributo infortuni, come nemmeno ferie pagate, tredicesima o quattordicesima) previste per i dipendenti e a carico degli editori, né ammortizzatori sociali se perde il lavoro.
Tenendo conto dei parametri “tempi di lavoro” e tipo di prestazione e in ogni caso fatte salve le condizioni di maggior favore per il giornalista, previsti o da accordi individuali o da accordi integrativi aziendali, va poi effettuata una maggiorazione forfettaria (tenendo conto non solo delle trattenute di legge ma di tutti i parametri citati, compresi i parametri del tariffario 2007 dell´Odg, maggiorato dell´inflazione: distinzione tra notizia, servizio, articolo, tiratura, diffusione ecc).
CONCLUDENDO:
il costo di due ore di lavoro del giornalista dipendente (la giornata di un lavoratore dipendente è di 7 ore 15 minuti, mentre il costo medio è di 104 euro lordi, secondo l’attuale Ccnlg) deve essere considerato il minimo-base per produrre una NOTIZIA (non un articolo o un servizio) che, a questo punto, diventa l’unità di misura minima di compenso che connota l’esercizio dell’attività giornalistica.
MERCATO DEL LAVORO E AMMORTIZZATORI SOCIALI
Ma occorre anche stabilire regole certe in un mercato del lavoro sempre più selvaggio e adeguate misure di welfare, anche con interventi legislativi, in particolare per l’abolizione della figura del collaboratore continuato e continuativo. Con la nuova Riforma del mercato del lavoro, poi, che pure si proponeva di «realizzare un mercato del lavoro inclusivo e dinamico, atto ad aumentare l’occupazione… e a creare un sistema di tutele più universalistico», i giornalisti atipici sono discriminati anche rispetto agli altri lavoratori autonomi. Basti pensare che per i Co.co.pro, i contratti a progetto, s’introducono il salario minimo e l’indennità di fine rapporto: tutele non previste, invece, per le collaborazioni coordinate e continuative non a progetto (quelle che vengono richieste agli iscritti ad Albi professionali). Quanto alle Partite Iva, secondo la Riforma, la presunzione di rapporto di lavoro subordinato, prevista nel caso ricorrano determinate condizioni – tra l’altro, è stabilito un tetto di 18 mila euro al reddito degli autonomi per dimostrare di essere “vere” partite Iva- , è esclusa per chi è iscritto a un Albo professionale. Si ritiene necessario un intervento legislativo come anche un riferimento esplicito nel Ccnlg a quanto attualmente previsto dalla Riforma Fornero rispetto alla presunzione di subordinazione per Co.co.pro e partite Iva.
FONDO EDITORIA
Occorre poi un’azione mirata a livello politico e parlamentare rispetto ai contenuti che dovranno “riempire” le norme “quadro” approvate dalla legge di stabilità sui contributi all’editoria: oltre a favorire l’ingresso di giovani qualificati nel mercato del lavoro, occorre collegare l’accesso ai fondi all’assunzione di giornalisti che, pur avendone diritto, non hanno un regolare contratto come da Ccnlg. Ricordiamo che secondo l’ultima ricerca Lsdi ad oggi circa l’85% dei non dipendenti ha un’età compresa tra i 31 e i 60 anni.
Contiamo sulla Vostra disponibilità a un confronto aperto.
Cordiali saluti
Commissione regionale lavoro autonomo Lazio
Coordinamento freelance, atipici e precari Stampa Romana