Roma, 6 marzo 2015 – Lo scorso 19 settembre la Corte Suprema di Cassazione, quinta sezione penale, ha assolto Francesco Demofonti dal reato di diffamazione con la formula “perché il fatto non sussiste”. Una vicenda che si chiude dopo quasi cinque anni di battaglie giudiziarie, combattute strenuamente dal giornalista e dal suo avvocato Paolo Barone di Roma. Era il 23 gennaio 2010 quando, ad Acquasparta, Demofonti interviene come componente del Cdr della sua ex redazione ad un’assemblea promossa da Articolo 21 e racconta le proprie condizioni di lavoro e quelle dei suoi ex colleghi ad un’ampia platea di giornalisti e di uomini e donne del mondo della comunicazione, della cultura e dello spettacolo. Questo gli costa una querela per diffamazione da parte del suo ex direttore. Ora, nelle motivazioni della sentenza, i giudici del Supremo Consesso riaffermano espressamente la primazia del diritto all’informazione, libera ed incondizionata, e chiariscono che il comportamento del giovane giornalista era perfettamente aderente al principio costituzionale espresso dall’articolo 21. “La Corte territoriale – si legge nella sentenza – ha ritenuto che le dichiarazioni del DEMOFONTI, tenuto conto del contesto nel quale sono state rese, della finalità che le ha caratterizzate, del loro tenore e della loro corrispondenza ad una realtà fattuale accertata sulla base delle risultanze processuali, non siano caratterizzate dal contenuto offensivo che è elemento costitutivo del reato di diffamazione. […] La sua condotta, in altre parole, è stata inoffensiva ab initio, senza la necessità che il diritto di critica – pure invocato dalla difesa dell’imputato – venga a rendere penalmente irrilevante un fatto altrimenti antigiuridico”.