Roma, 23 settembre 2015 – Le linee guida di una necessaria e urgente riforma del contratto di lavoro giornalistico non possono essere dettate dalle logiche delle aziende editoriali. Queste sono le stesse che hanno guardato passare, inermi, sotto i propri occhi i grandi processi di innovazione tecnologica senza adeguare le proprie strutture, costruendo modelli duplicativi, ad esempio tra carta e web, sprecando risorse e sperando unicamente nell´intervento pubblico (spesso deplorato dalle proprie testate).
La riforma del contratto, invece, è un progetto che interessa in primo luogo i giornalisti e le giornaliste in funzione di almeno tre obiettivi:
• l´adeguamento delle norme alle reali condizioni di lavoro specialmente in tempi di informazione digitale;
• la ridefinizione delle figure professionali, dei modi di lavorare e delle gerarchie interne alle redazioni uscendo da uno schema proto-novecentesco;
• allargare significativamente la platea contrattualizzata, unica strada per salvaguardare un´informazione di qualità, preservare gli istituti della categoria, garantire una rinnovata unità all´interno delle professione.
Una parte delle proposte qui avanzate sono il frutto del lavoro della Giunta dell´Associazione Stampa Romana, formulate nel 2014 a cui rinviamo per tutto quello che qui non è indicato. Quel documento puntava, nelle sue premesse, a “rilanciare la centralità del lavoro giornalistico”, “spezzare il circuito perverso della precarizzazione e dello sfruttamento”, “fermare l´emorragia di professionalità nelle testate”, “governare la transizione al futuro” e altri obiettivi connessi.
L´ispirazione fondamentale era quella di “ridisegnare con chiarezza i confini tra lavoro dipendente e autonomo contribuendo, con la dovuta gradualità, a ricostruire un´identità di categoria moderna e professionalmente spendibile”.
Per quanto riguarda il contratto, le proposte operative – che rappresentano l´obiettivo del presente documento – sono qui indicate in termini generali, ma non generici, riservandoci di passare al dettaglio tecnico una volta che il senso di marcia sia condiviso e accettato. Esse riguardano le “nuove figure professionali”, l´individuazione di nuovi articoli del contratto che tengano conto della realtà della categoria, la necessità di una formazione permanente, il rispetto delle pari opportunità, un´organizzazione del lavoro che tenga conto della realta web, il ruolo degli uffici stampa.
Il cuore del contratto
Articolo 1 – L´articolo fondamentale del contratto “regola il rapporto di lavoro tra gli editori di quotidiani, di periodici, le agenzie di informazioni quotidiane per la stampa, anche elettronici, l´emittenza radiotelevisiva privata di ambito nazionale e gli uffici stampa comunque collegati ad aziende editoriali ed i giornalisti”. L´articolo 1 rinnovato dovrebbe specificare meglio la varietà e complessità delle aziende editoriali, indicando quelle sul web e operative su piattaforme telematiche, allargando il quadro all´informazione radiotelevisiva privata anche di ambito nazionale e quella a controllo pubblico, in particolare comprendendo gli uffici stampa di qualsiasi azienda con alcune, chiare e limitate, condizioni (numero addetti, altro).
In particolare si potrebbe inserire una clausola sullo “statuto dell´impresa editoriale” che separi proprietà e gestione nell´ottica della trasparenza, dell´autonomia e della libertà di informazione. Così come esiste un Ordine dei giornalisti (per quanto anacronistico e certamente da superare) dovrebbe esistere un Albo degli editori: non tutti possono avere e dirigere amministrativamente un quotidiano, una radio, una testata qualsiasi come dimostrano i tanti casi di cialtroneria editoriale diffusi sul territorio.
Va definito più precisamente il lavoro giornalistico uscendo dal termine generico e specificando: realizzazione di articoli e servizi, organizzazione produttive di desk, giornalismo digitale, social journalist, data journalist
Articolo 2 – Questo articolo potrebbe costituire il punto centrale della trattativa contrattuale. Gli editori vogliono abolirlo o cambiarlo significativamente. Lo stesso dovemmo fare noi ampliandolo alle collaborazioni fisse oggi regolate da contratti di collaborazione autonomi. La “continuità di prestazione”, il “vincolo di dipiendenza” e la “responsabilità di un servizio” oggi si riferiscono a migliaia di rapporti di lavoro regolamentati da contratti parasubordinati non corrispondenti alla realtà. Gli interventi riguardano le politiche del lavoro con un intervento di agevolazione contributiva per le effettive stabilizzazioni in articolo 2 di co.co.co (sgravio per due-tre anni) la riparametrazione dell´impatto previdenziale, la riformulazione delle tabelle con un´indicazione dei minimi di retribuzione per più blocchi (da 1 a 10, da 10 a 15, da 15 a 20) sulla base della realtà attuale.
Per rendere immediatamente operativa questa indicazione vanno eliminati i Cococo e le altre forme di contratti fittizi (cessione d´autore e partitiva Iva) dal novero delle possibilità e riducendo la prestazione “a borderò” solo per compensi complessivi fino a una soglia limitata (300 euro mensili rivedendo le tariffe dei singoli articoli che non possono essere inferiori a quelle previste dall´articolo 2).
Art. 3 – La revisione della disciplina imposta con il Jobs Act aggrava l´utilizzo dei contratti a termine, utilizzabili fino a 36 mesi e con ben cinque rinnovi. Un segnale chiaro sarebbe quello di operare nel contratto una restrizione ripristinando la normativa antecendente (due rinnovi con passaggio diretto a tempo indeterminato, salvo sostituzioni ferie, maternità).
Direttore e straordinari
– E´ venuto il momento di superare il ruolo unico e “dittatoriale” del direttore, prevedendo il rinnovo della fiducia ogni due anni e ampliando la parte relativa ai rapporti con il Cdr (vedi articolo 34).
– Diminuzione dell´orario straordinario che oggi è diventato la norma nelle redazioni. Se l´orario di lavoro di 36 ore settimanali è la regola, lo straordinario non può oltrepassare le 10 ore mensili. Si tratta di uno dei tentativi per ampliare gli organici nelle redazioni che rappresenta lo scopo fondamentale di questo documento.
Qualifiche e profilo giornalistico
La storica suddivisione delle qualifiche interne alle redazioni va ripensata. Oggi il flusso di informazioni è costante, il ruolo del web decisivo e la stessa informazione su carta si modifica in relazione a quello. Nel primo articolo abbiamo individuato una nuova suddivisione nel caso di qualifiche e incarichi si può pensare a una chiara suddivisione di ruoli in:
– organizzazione produttiva derive dal producer statunitense e potrebbe definire chiaramente (con le dovute qualifiche – caposervizio, caporedattore, etc.) la funzione di desk, opportunamente pagata e con una sua carriera definita (fermo restando il passaggio da una funzione all´altra)
– content journalist, cioè redazione di contenuti, andrebbe a individuare qualsiasi lavoro redazione a prescindere dal supporto di distribuzione (carta, web, audio, video, social) e si configuerebbe sul tradizionale incarico di inviato (con le dovute gradazioni) senza oneri di desk.
Il criterio di base è quello di pensare a redazioni sempre più integrate, superando la distinzione tra le piattaforme e ipotizzando desk di produzione che smistano i contenuti realizzati dai giornalisti-inviati.
Per quanto riguarda le qualifiche, queste vanno semplificate abolendo la storica separazione dei 30 mesi e introducendo:
redattore ordinario
redattore senior (inviato) dopo cinque anni in qualunque azienda
caposervizio e vice
caporedattore e vice
direttore e vice (da reintrodurre nella progressione di carriera interna)
Un nuovo Cdr
Ampliamento del ruolo del Cdr a cui estendere compiti di controllo dell´operato della redazione. Fissare il termine di parere “vincolante” al punto d) per quello che riguarda: organici, compensi collaborazioni, trasferimenti, orari, mansioni. Prevedere l´elezione del Cdr da parte di tutti i giornalisti, compresi collaboratori fissi
Salvatore Cannavò
Segretario Consulta Comitati di Redazione