Roma, 21 ottobre 2015 – Uno dei problemi che ha afflitto il giornalismo italiano (e la nostra professione) negli ultimi dieci, quindici anni all´interno delle redazioni è stata la verticalizzazione assoluta delle gerarchie di direzione, nel tentativo di costruire una vera e propria piramide di comando. Si è privilegiato, in gran parte dei casi, il modello ´un uomo solo´ al timone della nave, legato a filo doppio alla proprietà editoriale. Questo fenomeno, che ha fatto molto comodo agli editori per diverse ragioni – non ultima quella di risparmiare personale soprattutto nelle piccole e medie realtà giornalistiche, riducendo i dipendenti al minimo e concentrando i ruoli al massimo – non ha fatto bene al giornalismo e alla stampa in generale. Il direttore non è più il primo dei dipendenti, il tramite (a volte il mediatore) tra l´editore e la redazione, ma un rappresentante della proprietà e, talvolta, un ras assoluto con potere praticamente illimitato. In questo modo si è persa quella pluralità di intervento, discussione e vivacità che era la caratteristica principale di una redazione: come unico esito è rimasto l´ormai stantio ´tu´ al direttore, residuo effimero di un passato ben più battagliero. La redazione è diventata un´azienda, la porta della stanza dei direttori rimane chiusa per tutta la giornata. Al suo interno il gran capo discute questioni che quasi non riguardano più gli avvenimenti e i redattori, ma la linea editoriale e gli interessi dell´editore. E ne emerge con gli ordini per la giornata da consegnare ai sottoposti. Così si è spento lo spirito di squadra, quel pensare il giornale, la pagina, come un prodotto collettivo, a più voci, mentre si è incentivato il carrierismo e il servilismo, premiando soprattutto gli yes-journalist disposti a scrivere a comando su un input che arriva direttamente dalla direzione e quindi dalla proprietà. Con lo scadere della visione pluralistica e della ricchezza delle argomentazioni nel trattare fatti e notizie. Il redattore – quando c´è e non è ´sostituito´ dal collaboratore – è l´ultimo pedone della scacchiera: non deve più pensare, né muovere un passo, ma solo lavorare; per il resto non c´è nemmeno il tempo. A noi tutti tirare le conseguenze di questa situazione.
Rossella Guadagnini, giornalista e blogger per AdnKronos, MicroMega, Libertà e Giustizia