I tempi di assegnazione delle gare del bando europeo e i contributi per le tante (troppe?) agenzie in un mercato sempre più difficile; la protezione del copyright sulle notizie, saccheggiate sul web fra luci ed ombre del rapporto con i social network; la necessità di un giornalismo sempre più multimediale e soprattutto la necessità di nuove regole, possibilmente con una legge di sistema. Sono stati fra i temi al centro dell’incontro di oggi nella sede della Fnsi sul presente e futuro delle agenzie di stampa, organizzato da Stampa Romana.
Un’occasione di confronto, nelle intenzioni, fra tutte le parti in causa: direttori, comitati di redazione (da Radiocor al Velino, unica agenzia rimasta fuori dal bando), editori, sindacati di poligrafici e amministrativi. Un dialogo, quello di oggi, a cui non ha partecipato il governo (era invitato Luca Lotti, ndr): «Ha reputato di non intervenire perché il bando europeo è ancora in fase di assegnazione», spiega Paolo Barbieri, vicesegretario di Stampa Romana.
«Esiste un problema di regolamentazione per le agenzie – sottolinea il segretario generale della Federazione Nazionale Stampa Italiana Raffaele Lorusso – si è tentato di farla con i bandi a nostro avviso in maniera sbagliata. Ora spetta a noi elaborare proposte al Governo e al Parlamento che verranno fuori dalle urne».
Per Lorusso «sarebbe un gravissimo errore smantellare il sistema delle agenzie, le autostrade dell’informazione, il cui apporto in molti casi molti è insostituibile e imprescindibile». Come ogni altro settore tuttavia «deve evolvere declinando le notizie su più piattaforme» e «servono garanzie e tutele per i colleghi precari». Anche perché «la guerra alle fake news si fa con l’occupazione regolare. Chi è pagato a cottimo, è condizionato dall’ansia di produrre».
Secondo Lazzaro Pappagallo, segretario di Stampa romana «il bando non può chiudere la partita delle agenzie. Questo momento di difficoltà e incertezza deve spingerci a muoverci in un’altra direzione, per ottenere una legge di settore».
Tra i modelli europei da considerare c’è quello francese, dove il contributo di Stato va solo alla France Presse, che ha «una missione di servizio pubblico» spiega Olivier Baube dell’Afp. «Un’agenzia sola forse è poco – commenta Giuseppe Cerbone, amministratore delegato e direttore generale dell’Ansa, e presidente di Federagenzie di stampa – ma è vero che non c’è mercato per tutti. Dobbiamo creare le condizioni per un insieme di agenzie, baluardo contro le fake news, che sia competitivo rispetto alle sfide del futuro». Prima però «dobbiamo preoccuparci di superare questo momento di passaggio del bando – dice –. Dal governo non vogliamo aiuti ma regole».
Tra le sfide da portare avanti, quella del giornalista multitasking: «Tutto quello che sappiamo di tecnologia è radicalmente cambiato negli ultimi 10 anni. Oggi dobbiamo saper fare tutto», dice Riccardo Luna direttore dell’Agi. Pensando però anche a proteggere il copyright («dovremmo fare come le agenzie straniere, che usano i siti solo come vetrina dei propri contenuti» dice Marco Liconti del Cdr dell’Adnkronos) e tenendo presente che «i giovani non leggono i giornali, non guardano i tg come noi li conosciamo, non ci sarà turnover nei media tradizionali – dice Alessandro Amati, vicedirettore di AskaNews -. Piacciano o no i social network vanno presidiati». (Ansa – Roma, 20 giugno 2017)