L’iniziativa sulle agenzie organizzata da Stampa Romana si è chiusa con una sostanziale convergenza tra rappresentanti sindacali, direttori e imprese. Il bando europeo, al netto degli strascichi giudiziari sulle aggiudicazioni già esistenti, non è la soluzione al riordino del settore.
Si deve lavorare in prospettiva su una legge di sistema che accompagni il cambiamento delle aziende editoriali.
Se è vero che non possono e devono perdere la vocazione al notiziario, il vero asse delle agenzie di stampa, le aziende devono saper declinare il prodotto tradizionale per renderlo tascabile, fruibile nello smartphone di chi si abbona al servizio.
Quel fruitore chiederà non solo testi ma anche video, foto, infografica, social, insomma presenza a tutto campo.
Le aziende chiedono certezze negli investimenti e regole durature per programmare gli interventi sul prodotto.
Il sindacato dei giornalisti, nelle sue diverse articolazioni dalla Fnsi a Stampa Romana ai comitati di redazione, e la slc cgil, presente all’iniziativa, convergono sull’idea che la qualità dell’informazione passi anche dal rispetto dei contratti e delle retribuzioni, certamente non da forme surrettizie di dumping.
Stampa Romana crede nel ruolo pubblico e costituzionale dell’informazione primaria. Guarda con interesse al modello francese. Lì esiste una legge di sistema dal 1957 votata all’unanimità dal Parlamento. Quella legge ha consentito la creazione di un’unica agenzia di stampa, France Presse. La società lavora come un’azienda privata ma non ha azionisti. Ha un board di 15 membri, due scelti dai giornalisti. Occupa 2300 dipendenti, 1600 giornalisti. Il trenta per cento in più di quello che esprime il nostro paese. I margini dunque non solo per non perdere occupazione ma per crescere ci sono a patto che il paese, anche per il suo ruolo internazionale, e la politica ritengano strategico investire su questa dorsale dell’informazione.
Segreteria Associazione Stampa Romana
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