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Sky licenzia tre colleghe: atto inaccettabile. Intervenga Di Maio

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Lunedì la prima comunicazione formale, oggi la seconda e la terza. Sky apre la stagione dei licenziamenti individuali per i giornalisti e le giornaliste.

L’anno scorso la grande multinazionale aveva deciso con una azione contrastata da Stampa Romana di trasferire, con misure di copertura/incentivo economico, una settantina di colleghi da Roma a Milano, impoverendo il tessuto produttivo della capitale con esuberi nelle altre categorie professionali e infliggendo una ferita profonda alla copertura informativa del territorio.

Le ragioni per cui Stampa Romana e il sindacato dei giornalisti avevano firmato l’accordo conclusivo dello scorso aprile erano di due tipi: il referendum con cui la redazione aveva accettato lo schema di accordo, l’indicazione chiara inserita nell’accordo che al termine della ristrutturazione liddove ci fossero state posizioni dei giornalisti aperte si sarebbe proceduto con “soluzioni non traumatiche” e che l’accordo non derogava le protezioni di legge.

Al termine dell’anno di vigenza di accordo, con sei colleghi che non hanno accettato il trasferimento per scelta o perché avevano la copertura della legge 104, una legge che accompagna le cure dei familiari che stanno male legate al luogo di cura, l’azienda ha deciso di procedere anche con i licenziamenti individuali. Il comitato di redazione, d’intesa con la Federazione nazionale della stampa, ha dato parere negativo alla proposta dell’azienda ma Sky con queste tre lettere ha deciso di non tenere conto dei giusti rilievi del sindacato e ha proceduto.

Rileviamo due cose. Sky ha fatto carta straccia di un accordo sindacale; Sky ha violato una legge dello Stato.

Le colleghe, tutte donne, sanno già che Stampa Romana sarà al loro fianco nelle vertenze individuali che vorranno mettere in campo ma il punto non può essere solo e soltanto questo. Il punto è se una grande multinazionale come Sky può tranquillamente agire nel modo che ritiene più opportuno, violando accordi sindacali firmati dalla stessa azienda e leggi dello stato, un’azienda titolare di autorizzazioni e concessioni pubbliche, un’azienda che fa palate di utili, un’azienda che, incredibilmente, in questo momento ha meno giornalisti di quelli previsti nella pianta organica che la direttrice ha indicato nel suo recente piano editoriale.

Chiediamo pertanto al vicepresidente del Consiglio e titolare dei dicasteri dello sviluppo economico e del lavoro Luigi Di Maio un incontro per discutere di questo tema, perché il nostro paese non può essere la terra di un colonialismo aggressivo, di chi calpesta senza sanzioni le regole che tutti quanti ci siamo dati.

Segreteria Associazione Stampa Romana

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