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Roma e il suo sviluppo industriale: il ruolo dei territori

agenzie di stampa legge

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Possiamo vedere il bicchiere mezzo pieno e dire che Roma continua a essere il secondo centro produttivo per il giornalismo nel nostro paese.

Possiamo vedere il bicchiere mezzo vuoto e dire che a Roma si sono persi in questi anni centinaia e centinaia di posti di lavoro con una serie di importanti delocalizzazioni.

Il bicchiere mezzo vuoto è ancora più accentuato nelle province dove testate con occupazione regolare hanno chiuso e i siti e le testate che nascono si muovono nel far west più totale, caratterizzate nel non fare contratti di lavoro, anche quelli con i costi più bassi come il recentissimo Uspi.

La questione romana va affrontata con tutte le leve possibili.

Non ci rassegniamo all’idea che l’ultima operazione di rilievo sia quella che ha portato alla nascita del Fatto quotidiano, un’esperienza tuttora vivace per la capacità che ha l’azienda di generare utili e, quando si trova in difficoltà, di non procedere con tagli ma con rilanci dell’iniziativa editoriale.

Non ci rassegniamo all’idea che le grandi aziende debbano lasciare la Capitale. La vicenda dolorosa di Sky, con una testata giornalistica nata e cresciuta nella capitale e poi trasferita in massa a Milano, sanguina ancora con i licenziamenti eseguiti in barba all’accordo sindacale.

Non ci rassegniamo anche perché altrove, anche grazie alla nostra lotta e a quella dei comitati di redazione, gli orientamenti delle aziende sono stati di segno diametralmente opposto, di rafforzamento di presidi e produzioni romane.

Non ci rassegniamo all’idea che nei quartieri della capitale, quartieri popolati da centinaia di migliaia di persone, così come nelle province del Lazio non possano nascere e svilupparsi progetti editoriali che abbiano forza informativa e sostanza industriale e sindacale.

Non ci rassegniamo all’idea che nella Capitale possano nascere iniziative che abbiano presa e respiro internazionale.

Stampa Romana si è attrezzata con consulenze sul conto economico di progetti editoriali per affiancare i colleghi che vogliano sviluppare società, cooperative, vogliano cioè mettersi in proprio. E pensiamo che i margini di azione per creare aziende virtuose e buona occupazione, proprio per la povertà informativa generale e per il bisogno che sentiamo dal basso, ci siano.

Anche in questo caso il ruolo degli enti locali deve essere strategico.

Una Capitale degna di questo nome non può non guardare ad una buona informazione come a un valore aggiunto della sua capacità di rappresentare un perno del paese.

Avere leve normative, a partire dalla legge regionale sull’informazione, per concimare il nostro terreno, avere leve amministrative che in tempi rapidi diano risposte agli operatori renderebbe il nostro territorio più ricco e vitale e non consegnato ad un lento e inevitabile declino.

Questa partita tuttavia non può essere giocata solo all’interno di una dimensione strettamente territoriale.

Vale per tutti: per i ministeri competenti che devono aiutarci nell’eliminare il lavoro nero e irregolare, per l’Ordine regionale e nazionale dei giornalisti (deve essere chiaro, fortissimo, senza timidezze e tentennamenti il richiamo alla legalità nel nostro settore). E vale anche per il sindacato nazionale. Roma deve essere curata con le attenzioni industriali e sindacali che merita. Non è una nota a margine nella storia del giornalismo del nostro paese.

Segreteria Associazione Stampa Romana

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