Nella legge di bilancio si sta discutendo di un emendamento, presentato dalla maggioranza di Governo, che allarga la base degli iscritti Inpgi. Il nostro istituto di categoria dal primo gennaio 2019 accoglierebbe, se fosse approvato l’emendamento, non solo i giornalisti ma anche i comunicatori professionali, i comunicatori che lavorano nella Pubblica Amministrazione, gli ingegneri e gli informatici che si occupano a vario titolo di prodotto editoriale.
Alcune stime fissano in 20mila persone il numero di lavoratori che sarebbero così coperti da Inpgi. È un emendamento molto importante per due ragioni.
La prima è molto concreta!
Allargando la base degli iscritti, Inpgi avrebbe buone possibilità di salvarsi. Con gli ultimi bilanci chiusi in profondo rosso il destino dell’istituto era segnato. Ed era segnato anche per le dinamiche occupazionali del giornalismo italiano con il rapporto pensionati attivi vicini ormai a 1,5 attivi Inpgi 1 per ogni pensionato. In questo modo il rapporto risalirebbe a 4 attivi a 1 con una misura strutturale di lungo periodo.
Inpgi resta, a nostro avviso, un presidio fondamentale non solo delle pensioni ma degli ammortizzatori sociali e del trattamento di disoccupazione, strumenti di tutela utilissimi per reggere la crisi strutturale dell’editoria tradizionale. Salvare Inpgi e’ un dovere per tutti, anche per salvare gli esodati che esistono al nostro interno.
La seconda ragione ha una ricaduta professionale e deve impegnare il sindacato ad aprire un ragionamento contrattuale su quello che vogliamo essere. È una necessità o una virtù includere questi profili professionali che lavorano sul nostro prodotto? È una necessità o una virtù iniziare a confrontarci con i comunicatori, all’interno di precisi percorsi deontologici, assicurando loro servizi tipici del sindacato dei giornalisti? È una necessità o una virtù avere uno sguardo perimetrale più largo su quello che è il dna della nostra professione?
Noi propendiamo per la seconda ipotesi. E il sindacato dei giornalisti deve iniziare nella prossima tornata contrattuale a ragionare seriamente su questi scenari, sfidando finalmente gli editori su percorsi necessari di innovazione e inclusione.