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Importanti principi della Cassazione in tema di diffamazione e libertà di stampa, riguardanti il diritto di critica nei confronti di uomini politici

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La Cassazione ha fissato ieri importanti principi in tema di libertà di stampa e di diritto di critica nei confronti di uomini politici ed ha quindi assolto con formula piena dall’accusa di diffamazione “perché il fatto non costituisce reato” il giornalista triestino Paolo Parovel de “La Voce” di Trieste che due anni fa era stato invece condannato dalla locale Corte d’appello per aver denigrato in un articolo pubblicato sul periodico nel dicembre 2012 l’allora Sindaco di Trieste Roberto Cosolini (Pd) nell’ambito della vicenda del Porto Vecchio e di una pronuncia del TAR.

Il giornalista aveva infatti affermato che Cosolini “era sostenitore ancor più accanito dell’operazione speculativa illecita” ed aveva  ipotizzato la sua complicità assieme ad altri politici e rappresentanti di enti istituzionali in un progetto di speculazione in violazione del vincolo dell’area “Porto Franco”.

La quinta sezione penale della Suprema Corte Corte (presidente Gerardo Sabeone, relatore Maria Teresa Belmonte) con sentenza n. 19694 depositata l’8 maggio 2019, scaricabile dal sito http://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snpen&id=./20190508/snpen@s50@a2019@n19694@tS.clean.pdf ,

nonostante il contrario parere del sostituto Procuratore Generale Ferdinando Lignola, ha ritenuto erronea la condanna del giornalista e lo scagionato da qualsiasi accusa richiamando precedenti verdetti della stessa Cassazione e della CEDU – Corte Europea per i Diritti dell’Uomo.

Secondo i supremi giudici:

“nella condotta dell’imputato non può ravvisarsi  la gratuità e l’idoneità ad esporre allo scherno pubblico i destinatari di tali espressioni – in quanto espressioni non dirette alla (e) persona (e) , ma, piuttosto, alla attività pubblicistica che si aveva di mira, qui emergendo i più ampi confini che rilevano quando la critica colpisce persona ricoprente una funzione pubblica, peraltro, di vertice, nell’ambito di specifica comunità territoriale, in base al consolidato principio che, in democrazia, a maggiori poteri corrispondono maggiori responsabilità e l’assoggettamento al controllo da parte dei cittadini, esercitabile anche attraverso il diritto di critica”. E’ stato così riaffermato che “perché vi sia offesa alla reputazione, non è sufficiente l’astratta idoneità delle parole a offendere, ma è necessario che esse siano a ciò destinate, in quanto adoperate appunto nel loro significato offensivo; e tale destinazione va individuata con riferimento al significato sociale, oggettivo, che vengono ad assumere le parole”.

In conclusione, il giornalista Parovel é stato assolto con formula piena perché “la sua critica non fu né gratuita, né esorbitante, ma al più graffiante e vivacemente polemica, oltre ad essersi fondata su una rappresentazione veritiera dei fatti.

L’analisi della valenza denigratoria non poteva restare avulsa dalla considerazione del complessivo contesto della vicenda, e neppure dalla considerazione del progressivo deterioramento del linguaggio, soprattutto nelle contese a contenuto strettamente politico, che vedono il frequente ricorso ad espressioni obiettivamente offensive all’indirizzo dell’avversario di turno, che un tempo erano avvertite come diffamatorie e che oggi sono invece generalmente tollerate”. 

Si é così configurata l’esimente, non essendosi verificato nella vicenda in esame alcun attacco alla sfera personale dell’allora Sindaco di Trieste Cosolini ” in quanto risulta rispettato il limite della valutazione oggettiva dei comportamenti tenuti dagli amministratori locali, oltre a quello della pertinenza allo specifico tema”.

Pierluigi Franz

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