Ogni giornalista sa quanto siano importanti i presidi e le tutele di legge a garanzia della segretezza delle fonti e degli strumenti di lavoro, tutele che discendono dal ruolo costituzionale insito nell’articolo 21 della Costituzione.
Sequestrare un cellulare, controllare i contatti presenti viola questi elementari principi e rappresenta un grave vulnus dello stato di diritto.
È quanto accaduto a Silvio Leoni collega del Secolo d’Italia.
Leoni lavora da tempo sulla strage di Bologna e ha contattato un magistrato per avere informazioni. Lo ha fatto in modo corretto via telefono e wapp. Per tutta risposta la procura di Ancona ha sequestrato il cellulare dal quale sono partite
chiamata e messaggio.
I reati ipotizzati sono l’intrusione abusiva in sistema informatico e le minacce. Reati procedibili per querela di parte, querela al momento non presente come certificato dal legale
di Leoni.
La stessa polizia giudiziaria riscontra il comportamento corretto del collega.
Tutta da dimostrare la stessa competenza territoriale della procura marchigiana.
La strage di Bologna resta un nervo scoperto della nostra storia ma questo non giustifica provvedimenti abnormi della magistratura non basati su fatti.
Chiediamo alla procura di Ancona la restituzione dello strumento di lavoro e la non compromissione di contatti e fonti di Leoni al quale va la solidarietà di Stampa Romana.
Segreteria Associazione Stampa Romana