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IN RICORDO DI ROSSANA ROSSANDA

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Rossana Rossanda, “la bolscevica” come si autodefiniva,  ci ha lasciati all’età di 96 anni. Fondatrice de “Il Manifesto” con Valentino Parlato, Lucio Magri e Luigi Pintor,  era rientrata in Italia , a Roma, nel luglio del 2018 dopo 15 anni trascorsi a Parigi. in quella occasione ho avuto l’onore – per me che mi sono formata anche attraverso la sua storia e la sua testimonianza – di poterla intervistare. 

Non nascondo che fossi emozionata perche’ la consideravo (la considero) un riferimento, non solo come militante ma pure come giornalista. Con il Manifesto  Rossana Rossanda ha operato una rivoluzione; ha fondato un foglio di rottura e di critica  che – come disse all’epoca  Paolo Murialdi – cambio’ il modo di fare giornalismo (per primi si occuparono in modo piu’ approfondito di politica estera) e si conquisto’ uno spazio significativo nel mondo dell’editoria. “A caro prezzo – mi racconta  – ma noi ne eravamo consapevoli ed eravamo disposti a pagarlo. Fu una bella avventura ma fummo espulsi dal Pci”. In quella intervista abbiamo avuto modo di parlare della crisi dei giornali  e della crisi della politica, temi che continuavano ad appassionarla anche alla luce dei suoi 94 anni.

Dall’aspetto minuto continuava a conservare il suo sguardo intenso quando mi disse che forse i giornalisti dovrebbero rileggersi, un po’ di storia del movimento operaio “per riprendere un po’ di coraggio”.Il suo punto di vista che forse ad alcuni puo’ suonare “fuori tempo” ma che non manca di riflettere sulla strada intrapresa dalla nostra professione.   Per lei , mirabile scrittrice, i giornali dovrebbero – mi disse – ” rendersi indispensabili al lettore, fare in modo che la gente voglia tutti i giorni avere il proprio giornale da leggere e non ne possa fare a meno. “.Ma le sembra possibile oggi le chiesi . 

“La stampa – mi rispose – ha molte piu’ possibilità di quante oggi usi; io vedo un’informazione preoccupata di correre dietro al politico di turno, quasi tutta uguale.  Ma per fare una stampa vera – aggiunse – si deve essere disposti a rischiare qualcosa”.

Quel che piu’ l’aveva colpita tornando dalla Francia  era’ la diffidenza generalizzata e lo scoraggiamento che colpisce un po’ tutti, anche i giornalisti che sentono venire meno il loro compito. “Hanno torto. Nessun governo ama la stampa, chi ha il potere non ama la critica ma il giornalista anche se intimidito deve sapere che il suo compito e’ utile alla societa’, informare e’ un suo dovere e questo dovere puo’ e deve difenderlo”.

Da ex direttore di giornale si rivolse poi ai direttori sostenendo che dovrebbero essere i primi ad avere piu’ coraggio  cercando di avere un approccio originale nel fare i loro giornali. “Lei crede – mi chiese – in una democrazia che non sia soltanto partecipata ma che sia anche conflittuale se serve? Bene e’ questo che semplifica il lavoro di una stampa impegnata.” Bisogna avere la liberta’ di potere dire al politico o al capo di turno ‘sa quel che le dico, io questo non lo scrivo’, ma questo – concluse – comporta un prezzo da pagare nella carriere e nell’ottenimento di un posto di lavoro. 

Rossana Rossanda non  amava essere vista come un “mito”, ma e’ innegabile che ha rappresentato un pezzo di storia. Nel salutarla voglio trascrivere quanto scrisse in occasione dell’uscita del suo libro “La ragazza del secolo scorso”: “Dopo oltre mezzo secolo attraversato correndo,inciampando, ricominciando a correre con qualche livido in piu’ , la memoria è reumatica. Non l’ho coltivata , nè conosco l’indulgenza e le trappole: Anche quella di darle una forma. Ma memoria e forma sono anch’esse un fatto tra i fatti. Ne’ piu nè meno”. 

Loredana Colace Segreteria Associazione Stampa Romana

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