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Cinquant’anni di Manifesto: un giornale è un giornale e anche un pensiero

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Quotidiano comunista è la testatina che accompagna chi fa Il Manifesto da cinquant’anni. Svetta in alto a sinistra della prima pagina. Ingombrante, enigmatica. Rafforza il concetto che rappresenta il nostro giornale. Ha il suono di un’esortazione alla lotta, l’essenzialità dei mondi in una parola sola. “Dove lavori?” “Manifesto”. Senza articolo. Provate a dirlo. È un colpo secco, uno schiocco di lingua. Parola potente. 

Manifesto significa: ogni giorno manifesto un’idea. In fondo questo giornalismo è un movimento, una sostanza di cose sperate, una concreta possibilità di agire nel mondo con gli oppressi, i perseguitati, gli sfruttati, gli alienati. Per un riscatto, una rivoluzione. Comunque insieme. 

L’articolo “Il” rimanda a quel testo sorgivo, scritto da due giovani colti e indomiti rivoluzionari, di recente ricordati al cinema in un film non apologetico. Indica una singolarità, non un’eccezionalità. Un punto di vista, non una missione. Una sperimentazione, non il dogma. Un giornale è un giornale. Ma è anche un pensiero. E, per chi scrive e legge, un modo di vivere. Faticoso, ma degno. 

Trovare un senso in quel movimento che abolisce lo stato di cose presenti e, dal loro interno, dal cupo presente, partire alla comune ricerca del possibile. 

Non soffochiamo.

Comitato di redazione de Il Manifesto

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