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ASR su Report. Sentenza Tar lede la riservatezza delle fonti giornalistiche

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Il TAR del Lazio ha deciso che dovrebbe essere consentito all’avvocato Mascetti vicino alla Lega e al governatore Fontana di avere accesso agli atti di Report per una inchiesta televisiva messa in onda nell’autunno scorso che lo coinvolgeva direttamente.

Il Tar equipara, mutatis mutandis, i giornalisti del servizio pubblico, in virtù della concessione da parte dello Stato alla Rai, a funzionari che lavorano nelle istituzioni pubbliche.

Ciò è in contrasto con le vigenti normative che garantiscono la tutela delle fonti e l’autonomia del giornalista in ossequio ai dettami della Costituzione.

I giornalisti sono sottoposti al rispetto del segreto delle fonti e su questo segreto si basa la loro professionalità garantita anche dall’Ordine dei giornalisti.

Altre interpretazioni del rapporto con le fonti ci sembrano gravemente lesive del diritto di cronaca e della protezione delle fonti. Su questo punto esiste una ampia e concorde normativa e giurisprudenza europea.

Non comprendiamo inoltre quale possa essere la competenza del Tribunale amministrativo su una materia del genere.

Certamente però la decisione dei giudici amministrativi sottolinea ancora una volta la necessità di limitare le pressioni della politica sulla Rai e di difendere al più presto la libertà dei giornalisti che lavorano per il servizio pubblico.

Segreteria Associazione Stampa Romana

 

GIORNALISMO RAI SIA PROTETTO E TUTELATO, CDR DEI GIORNALISTI DELLE RETI A DIFESA DELLA LIBERTA’ DI STAMPA E RELATIVE GARANZIE

Il Cdr dei giornalisti della Direzione per l’Offerta Informativa della RAI reputa un grave precedente la sentenza del Tar del Lazio che autorizza l’accesso agli atti utilizzati per le ricostruzioni di un’inchiesta giornalistica, un precedente pericoloso come già ribadito da Usigrai e Fnsi.

Il Tar pone la RAI tra i soggetti passivi del diritto di accesso agli atti, accanto alle pubbliche amministrazioni e agli enti pubblici. Tale interpretazione dell’art. 23 della Legge n. 241 del 1990 mette pericolosamente a rischio il diritto/dovere dei giornalisti alla tutela delle proprie fonti e delle documentazioni utili al lavoro di inchiesta.

La libertà di stampa e il diritto di cronaca comprendono tutte le garanzie ad essi connesse, e sono tutelati dalla nostra Costituzione. Il lavoro dei giornalisti rappresenta e deve rappresentare sempre il baluardo di un sistema democratico: programmi come Report devono essere tutelati in questo senso e come grande valore del servizio pubblico radiotelevisivo.

La squadra dei colleghi guidata da Sigfrido Ranucci lavora costantemente su documenti e rapporti confidenziali che sono alla base del lavoro investigativo, ogni giorno alle prese con minacce di querele che spesso diventano reali, contro intimidazioni più o meno esplicite. A cui oggi si aggiunge la spada di Damocle di un tribunale amministrativo che mette i giornalisti sul piano di impiegati di una pubblica amministrazione. Il nostro lavoro va protetto e tutelato in ogni sede opportuna. La RAI deve difenderlo e noi come giornalisti delle Reti siamo e saremo sempre qui a sostenerlo.

Cdr della Direzione per l’Offerta Informativa Rai

TAR-Lazio-

SINDACATO CRONISTI ROMANI

“Da anni la Cedu sanziona i Paesi che intercettano i giornalisti per risalire alle fonti. Il segreto professionale deve diventare assoluto”
https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/04/06/da-anni-la-cedu-sanziona-i-paesi-che-intercettano-i-giornalisti-per-risalire-alle-fonti-il-segreto-professionale-deve-diventare-assoluto/6156728/

SEGRETO PROFESSIONALE. CORTE EUROPEA DÀ RAGIONE A UNA GIORNALISTA SVIZZERAdi Redazione Web7 Ottobre 2020OSSIGENO – 7 ottobre 2020 – Era stata condannata dal tribunale federale per aver rifiutato di rivelare agli inquirenti le sue fonti riservate.https://www.ossigeno.info/segreto-professionale-corte-europea-da-ragione-a-una-giornalista-svizzera/

(Dal blog di Marina Castellaneta vedi) – Le autorità nazionali non possono obbligare un giornalista a rivelare la fonte. E questo anche quando la rivelazione potrebbe servire a individuare l’autore di un reato. Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti dell’uomo con la sentenza depositata il 6 ottobre nella causa Jecker contro Svizzera ((ricorso n. 35449/14, AFFAIRE JECKER c. SUISSE) ) che ha portato alla condanna dello Stato in una causa per violazione della libertà di stampa.
A rivolgersi a Strasburgo era stata una giornalista che aveva pubblicato un articolo sulla vendita non autorizzata di droghe leggere, svelando notizie fornite da una fonte che aveva chiesto di rimanere anonima.

Le autorità inquirenti l’avevano interrogata e le avevano ingiunto di fornire il nome dell’informatore, ritenendo che fosse l’unico modo per individuare gli autori dell’illecito, ma la giornalista si era rifiutata. Se il tribunale cantonale aveva dato ragione alla reporter, non così il tribunale federale svizzero secondo il quale la segretezza delle fonti non può essere opposta nei casi di infrazioni qualificate, in cui sussiste un interesse pubblico rilevante da tutelare. Dal ragionamento del tribunale, quindi, mentre l’indagine per punire un autore di un reato mira a proteggere un interesse pubblico, la tutela della protezione della fonte era fondata unicamente su un interesse privato della ricorrente.La Corte europea ha accolto il ricorso della giornalista accertando che l’ingerenza nella libertà di stampa non era necessaria in una società democratica.

Per Strasburgo, infatti, obbligare un giornalista a rivelare una fonte confidenziale è incompatibile con l’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo che assicura la libertà di espressione, salvo in casi eccezionali in cui emerge un preponderante motivo di interesse generale. Questo perché la tutela delle fonti è di importanza fondamentale per garantire la libertà di stampa in una società democratica e, quindi, la divulgazione dell’identità della fonte avrebbe effetti negativi non solo nel singolo episodio, ma anche per le future potenziali fonti dei giornalisti e del quotidiano, con un effetto negativo diretto sull’interesse del pubblico a ricevere informazioni di interesse generale.

La Corte ha anche respinto la difesa del Governo elvetico secondo il quale l’ingerenza nella libertà di stampa poteva essere giustificata dall’esigenza di punire la commercializzazione di droghe leggere, obiettivo perseguito dal legislatore. Se, quindi, sul piano nazionale, tra protezione delle fonti per tutelare la libertà di stampa ed esigenze di carattere giudiziario l’ago della bilancia pende a favore di queste ultime esigenze, per Strasburgo, al contrario, l’interesse pubblico a perseguire e punire gli autori del reato deve arretrare di fronte alla libertà di stampa.Inoltre – precisa la Corte europea – le autorità nazionali non hanno dimostrato il preponderante interesse pubblico alla divulgazione della fonte.

Non basta, infatti, che il legislatore consideri alcuni reati particolarmente pericolosi per la collettività poiché è necessario, nel caso specifico, giustificare l’esito del bilanciamento tra i diritti in gioco. Ma c’è di più. Per i giudici di Strasburgo, la sola circostanza che l’ordine di divulgazione della fonte serva per individuare l’autore del reato non può giustificare la mancata protezione delle fonti, essenziale per la libertà di stampa.

Segretezza delle fonti giornalistiche nel quadro della CEDU.Una nuova pronunzia della Corte di Strasburgo(Jecker c. Svizzera)

https://www.giustiziainsieme.it/it/europa-e-corti-internazionali/1367-articolo-ceduarticolo-cedu

Giornalista ha diritto incondizionato alla protezione della fonte? (Corte EDU, Jecker 2020)6 Ottobre 2020, Corte europea dei diritti dell’Uomo
https://canestrinilex.com/risorse/giornalista-ha-diritto-incondizionato-alla-protezione-della-fonte-corte-edu-jecker-2020/

Il segreto professionale dei giornalisti – di Franco Abruzzo /presidente Ordine Giornalisti Lombardia – I giornalisti continuano, nonostante le timide aperture interpretative, ad opporre il segreto professionale, che è salvaguardato anche dall’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo. 
L’articolo 10 (Libertà di espressione), – ripetendo le parole della Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo del 1948 e del Patto sui diritti politici di New York del 1966 -, recita: “ Ogni persona ha diritto alla libertà d’espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza considerazione di frontiere”. La libertà di ricevere le informazioni comporta, come ha scritto la Corte dei diritti dell’Uomo di Strasburgo, la protezione assoluta delle fonti dei giornalisti. –

Testo in https://www.diritto.it/segreto-professionale-dei-giornalisti/
CEDU. STRASBURGO – SENTENZE. La Convenzione e la Corte europea dei diritti dell’uomo ampliano il diritto di  cronaca  (“dare e ricevere notizie”) e proteggono il segreto  professionale dei giornalisti. No alle perquisizioni in redazione. Il giudice nazionale deve tener conto delle sentenze della Corte europea  dei diritti dell’uomo ai fini della decisione, anche in corso di causa, con effetti immediati e assimilabili al giudicato: è quanto stabilito dalla Corte di cassazione con la  sentenza n. 19985 del 30/9/2011.  (In coda la raccomandazione R7/2000  sul segreto professionale dei giornalisti approvata dal Consiglio d’Europa).   – di  FRANCO ABRUZZO  (dal 1989 al 2007 presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia) –

TESTO IN http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=7339

La professione (italiana) di giornalista è pienamente riconosciuta dall’Unione  europea. In coda le direttive comunitarie sull’argomento e il decreto sulle misure compensative per i giornalisti stranieri, che vogliono esercitare la professione in Italia. Dovranno studiare 11 materie – analisi di Franco Abruzzo –

TESTO IN http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=5828

Cassazione penale: i nomi presenti nelle sentenze sono da oscurare soltanto quando le sentenze sono pubblicate nelle riviste giuridiche  (anche telematiche). –

NOTA DI FRANCO ABRUZZO –

TESTO IN http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=3300
Sentenza Goodwin: la Corte di Strasburgo difende il segreto professionale dei giornalisti (su questa linea anche il Parlamento europeo). La Convenzione europea dei diritti dell’Uomo (legge 4 agosto 1955 n. 848) con l’articolo 10, come riferito, tutela espressamente le fonti dei giornalisti, stabilendo il diritto a “ricevere” notizie. Lo ha spiegato la Corte dei diritti dell’Uomo di Strasburgo con la sentenza che ha al centro il caso del giornalista inglese William Goodwin (Corte europea diritti dell’Uomo 27 marzo 1996, Goodwin c. Regno Unito, v. Tabloid n. 1/2000 n. Peron). William Goodwin, giornalista inglese, aveva ricevuto da una fonte fidata ed attendibile alcune informazioni su una società di programmi elettronici (la Tetra Ltd). In particolare il giornalista rivelò che tale società aveva contratto numerosi debiti e vertiginose perdite.

La società Tetra per evitare i danni che sarebbero potuti derivarle dalla divulgazione di tali notizie presentò all’alta Corte di Giustizia inglese un ricorso con il quale non solo chiedeva che fosse vietata la pubblicazione dell’articolo in questione, ma chiedeva altresì che il giornalista fosse condannato a rivelare la fonte delle informazioni ricevute al fine di evitare nuove “fughe di notizie”.

Le richiesta della Tetra furono accolte sia dall’alta Corte che dalla corte d’Appello, secondo le quali il diritto alla protezione delle fonti giornalistiche ben può essere limitato “nell’interesse della giustizia, della sicurezza nazionale nonché a fini di prevenzione di disordini o di delitti”. Il giornalista, tuttavia, non eseguì l’ordine di divulgazione della fonte – posto che in tale modo la stessa si sarebbe “bruciata” – e presentò ricorso alla Commissione Europea dei Diritti dell’Uomo, denunciando la violazione dell’articolo 10 della Convenzione.

La Corte di Strasburgo, con sentenza 27 marzo 1996, muovendo dal principio che ad ogni giornalista deve essere riconosciuto il diritto di ricercare le notizie, ha ritenuto che “di tale diritto fosse logico e conseguente corollario anche il diritto alla protezione delle fonti giornalistiche, fondando tale assunto sul presupposto che l’assenza di tale protezione potrebbe dissuadere le fonti non ufficiali dal fornire notizie importanti al giornalista, con la conseguenza che questi correrebbe il rischio di rimanere del tutto ignaro di informazioni che potrebbero rivestire un interesse generale per la collettività”.

Questa sentenza della Corte di Strasburgo è l’altra faccia di una sentenza (la n. 11/1968) della nostra Corte costituzionale: “Se la libertà di informazione e di critica è insopprimibile, bisogna convenire che quel precetto, più che il contenuto di un semplice diritto, descrive la funzione stessa del libero giornalista: è il venir meno ad essa, giammai l’esercitarla che può compromettere quel decoro e quella dignità sui quali l’Ordine è chiamato a vigilare”

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