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Data Media Hub: i dati di bilancio de Il Fatto, Gedi/Repubblica e Gruppo Monrif

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Se, come abbiamo visto  [quiquiquiqui e qui] la maggior parte degli editori di quotidiani del nostro Paese ha chiuso il 2021 in recupero rispetto al 2020 ma ben al di sotto dei livelli pre-pandemia, non è questo il caso di SEIF [Società Editoriale il Fatto].

Infatti, se si esclude la flessione nel 2019, SEIF continua a crescere ininterrottamente negli anni, e a generare profitti, confermando di essere l’unico caso di successo tra i publisher di quotidiani in Italia.

Stando ai dati di bilancio pubblicati la scorsa settimana il 2021 si  chiude complessivamente al +4% rispetto al 2020. Forte impulso nel settore media content, che cresce del 18% rispetto al precedente esercizio. E, rispetto al 2016, i ricavi totali crescono del 26.7%.

Nel 2021 i ricavi del settore editoria hanno registrato una crescita complessiva di oltre il 2%, che rappresenta un risultato significativo se si considera che nel dettaglio i ricavi da abbonamenti e contenuti digitali sono stati in grado di crescere in misura tale da compensare totalmente la riduzione dei ricavi da vendita edicola.

I ricavi riconducibili al settore editoria sono composti essenzialmente dai ricavi delle vendite in edicola del quotidiano per un importo di 16,2 milioni di euro, che sono calate di oltre il 6% rispetto all’esercizio precedente; delle vendite del magazine mensile FQMillennium per  540mila euro, che hanno registrato un calo di oltre il 7% rispetto all’esercizio precedente; delle vendite dei libri Paper First nel canale edicola e libreria per 1,5 milioni, incrementatisi del 3%; e delle vendite di abbonamenti dei prodotti editoriali e contenuti digitali per oltre 6 milioni,  in cre3scita del 37% rispetto all’esercizio 2020.

A fine 2021 i ricavi da digitale per il settore editoria hanno un peso di circa un quarto [24.9%] sul totale dei ricavi di questa area di business, che pesa il 74.7% del totale ricavi di SEIF.

I ricavi pubblicitari hanno registrato un incremento del 5.4% rispetto al 2020. I ricavi si compongono essenzialmente della raccolta pubblicitaria sul quotidiano per 710mila euro, e della raccolta pubblicitaria sul sito per poco meno di 4 milioni di euro.  Ben l’84.7% della raccolta pubblicitaria viene dunque dall’online.

I ricavi del settore media content evidenziano un incremento totale del 17.6% circa e sono composti essenzialmente dai ricavi  di sfruttamento dei contenuti televisivi per quasi 3, 5 milioni, che hanno registrato un incremento del 18.1% rispetto all’esercizio precedente. Ora il media content pesa il 10.8% del totale ricavi, rappresentando così una fonte significativa di diversificazione dei ricavi.

Insomma, Società Editoriale il Fatto è in buona salute e continua a crescere, contrariamente alla maggior parte degli altri editori di quotidiani del nostro Paese.

Non a caso, a commento dei dati di bilancio, Cinzia Monteverdi, Presidente e AD di SEIF, ha dichiarato: «Siamo molto soddisfatti dei risultati conseguiti nel corso del 2021. I ricavi della Società sono in crescita in ogni segmento di attività e sottolineiamo l’ottima performance nel settore dei contenuti media, inoltre l’EBITDA cresce a doppia cifra rispetto al 2020. Questi risultati positivi stanno premiando la strategia della Società che ha investito in digitalizzazione ed innovazione tecnologica per offrire ai propri clienti prodotti e servizi ad alto valore aggiunto, affermandosi sempre più come media company».

I Risultati 2018-2021 di GEDI Gruppo Editoriale

Exor, che controlla, anche, GEDI Gruppo Editoriale, all’interno del suo bilancio 2021 ha pubblicato una sintesi dei risultati del gruppo editoriale acquisito definitivamente a maggio 2020.

Senza nemmeno guardare il bilancio dell’anno scorso, si capisce che le cose non siano andate bene, diciamo, dalla lunga lettera di John Elkann agli azionisti dei Exor in cui GEDI  non viene mai nominata.

Se questa è la premessa, naturalmente il bilancio fornisce ulteriori elementi. Il primo è che su 328 pagine, che con pazienza e attenzione abbiamo letto integralmente, al gruppo editoriale ne viene dedicata poco più di una. Chiaro segnale di un forte imbarazzo nel presentare risultati negativi.

E infatti, se chi più chi meno, gli altri principali gruppi editoriali del nostro Paese, pur restando ben al di sotto dei livelli pre-pandemia, crescono rispetto al 2020 [quiquiqui, e qui] così non è per GEDI, anche se a parità di perimetro, escludendo i ricavi generati dalle testate cedute a SAE, i ricavi 2021 crescono del 2.7% rispetto al 2020.

Di fatto i ricavi scendono da 533 a 520 milioni di euro [-2.4%]. Risultato che è il frutto di un mix che vede la raccolta pubblicitaria crescere di 21 milioni [+8.7%], anche se, come per gli altri editori di quotidiani, si resta bel distanti dai livelli precedenti alla pandemia, con una crescita del 8.4% per la carta stampata, del 14.9% per le radio del gruppo e del 24.3% per l’online. Mentre invece i ricavi diffusionali calano di ben 35 milioni di euro [-13.8%].

Questo nonostante l’incidenza dei ricavi da digitale complessivamente salga dal 14.7% del 2020 al 17.3% nel 2021. E gli abbonamenti digitali, secondo quanto viene dichiarato, vedono un  forte incremento della redditività grazie al passaggio di molti abbonati da offerte promozionali a “prezzi standard”, con un a crescita complessiva rispetto all’anno prima del 30%. Dato che confrontato con quelli ADS andrebbe approfondito, se fosse possibile.

Tali dinamiche complessivamente portano il gruppo a registrare una perdita di 50 milioni di euro, in  riduzione rispetto ai 166 del 2020. Al riguardo si legge che tale risultato è il frutto anche di alcuni milioni di euro dati, o comunque da dare, all’INPS per la frode alla quale “la Verità” tra la fine del 2021 e l’inizio di quest’anno ha dedicato la bellezza, si fa per dire, di ben 10 prime pagine.

Insomma, il digitale cresce, seppure non in maniera esponenziale, ma allo stato attuale delle cose non compensa neppure lontanamente le perdite di ricavi dal prodotto tradizionale cartaceo, anche se il gruppo guarda con fiducia agli sviluppi nel medio-lungo termine [ovvero ai prossimi 3 – 5 anni] avendo le risorse finanziarie e manageriali adeguate allo scopo, conclude la scarna sezione dedicata a GEDI nel bilancio di Exor.

Ricavi editoriali Monrif

“DigitalMente”, rubrica settimanale che ogni venerdì prova a fornire spunti e appunti su digitale e dintorni, per riflettere a tutto campo su innovazione e digitale. Oggi abbiamo scelto di parlare di “anti-digital”.

Il Gruppo Monrif, questa settimana, ha pubblicato i dati del bilancio 2021. Da questi abbiamo isolato i soli ricavi editoriali, escludendo i ricavi derivanti dalle altre attività del gruppo, prevalentemente alberghiere, che fa riferimento all’attuale Presidente della FIEG. Dei soli ricavi editoriali abbiamo ricostruito l’andamento dal 2018 al 2021.

Complessivamente i ricavi editoriali di Monrif a fine 2021 sono sostanzialmente stabili rispetto al 2020. Un primo indicatore visto che invece gli altri gruppi editoriali che hanno diffuso i dati del 2021 sono tutti in crescita rispetto all’anno precedente. Cosa che, come faceva notare “Charlie”, la newsletter de Il Post dedicata al mondo dell’informazione, non è poi così una buon a notizia come le comunicazioni di bilancio da parte dei gruppi editoriali italiani che celebrano con soddisfazione i buoni risultati del 2021 vorrebbero far credere, visto che il 2020 era stato una catastrofe, soprattutto nei mesi tra marzo e settembre, per la contrazione dei ricavi pubblicitari e non solo legata alla prima fase più intensa della pandemia.

Se questa è dunque la situazione del Gruppo Monrif rispetto all’anno scorso, si tratta di un  risultato ottenuto grazie alla crescita dei ricavi pubblicitari, e di quelli per la stampa effettuata conto terzi, che nel 2021 ha avuto un forte impulso dall’accordo realizzato con GEDI per la stampa dell’edizione Bologna di Repubblica, mentre al contrario i ricavi diffusionali sono in calo rispetto al 2020.

Rispetto al periodo pre-pandemia, come per RCSCairo Communication e Sole24Ore, la chiusura del 2021 di Monrif è fortemente negativa. Il totale dei ricavi editoriali è inferiore di circa 14 milioni [- 9.5%] rispetto al 2019 e di oltre 20 milioni [- 13.2%] rispetto al 2018. Un calo legato prevalentemente ai ricavi diffusionali che perdono 17.6 milioni rispetto al 2018 [- 18.2%].

Il gruppo editoriale, che è ancora il primo riferimento informativo, secondo l’Agcom, in Emilia-Romagna e Toscana, chiude il 2021 con 9,6 milioni di euro di ricavi da online/digitale, pari ad un peso del 7.2% sul totale ricavi dell’anno. Di questi 7,2 sono derivanti dalla raccolta pubblicitaria online e 2,1 dai ricavi diffusionali, che a loro volta sono costituiti solamente per un milioni di euro dai ricavi derivanti dalle copie digitali, mentre i restanti 1,1 milioni derivano dall’accordo con Google.

Insomma, la transizione al digitale del gruppo bolognese, avviato tardivamente a fine 2020 con l’arrivo da RCS di Michela Colamussi per il coordinamento delle attività digitali delle testate e dei siti del Gruppo Monrif, è ancora ben lontana dal venire.

Al riguardo, nelle note al bilancio 2021, si spiega che, per agevolare il processo di transizione del settore digital cominciato nello scorso esercizio, ha avuto luogo l’assunzione di Romolo Velati, Chief Technology Officer in Robin. Robin ha il suo focus sull’ideazione e implementazione della strategia di trasformazione digitale del Gruppo Monrif: dall’ideazione di prodotto, allo sviluppo delle tecnologie e dei processi industriali a supporto della digitalizzazione del contenuto e del go to market, a partire dalle testate Quotidiano Nazionale, il Resto del Carlino, La Nazione, il Giorno e il Telegrafo, fino a tutti i siti correlati e gestiti in partnership con altri editori terzi. Stando agli ultimi dati disponibili ha chiuso il 2020 con ricavi per 5,29 milioni.

E vi è stata anche l’assunzione di Tommaso Caimmi nuovo responsabile per le subscription [sfogliatore e paywall] delle testate digitali del gruppo. Parallelamente, il team digitale sta implementando la tecnologia di Piano.io, piattaforma per la gestione del marketing automation in ambito publishing, a supporto dello sviluppo degli utenti registrati e abbonati.

Parrebbe dunque che, finalmente, Monrif si stia attrezzando per affrontare l’ineluttabile transizione al digitale, ma le basi da cui parte segnano un cammino faticosamente in salita. Al riguardo sorprende, ma non  stupisce, che nei riferimenti alla transizione digitale non vi siano riferimenti alla gestione dei social, che evidentemente continuano ad essere considerati una repository di link e null’altro, mentre, tra le altre cose, il Financial Times, proprio questa settimana ha lanciato un  nuovo prodotto editoriale concepito proprio per i suoi 26 milioni di follower sui social.

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