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CONGRESSI ULTIMA SPIAGGIA PER IL SINDACATO: INPGI IN INPS TROPPI OSTACOLI

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Mentre in questi anni il mondo è cambiato più volte nel bene (?) e soprattutto nel peggio (Covid, guerre con minacce atomiche, inflazione ecc) quello dei giornalisti in fibrillazione rischia ogni giorno la pelle, non solo metaforicamente, sotto i colpi della mutazione genetica della informazione e dell’invadenza dei nuovi orchestrali della comunicazione a cavallo di un digitale dominante che non fa sconti a nessuno.

Controprova? All’orizzonte dell’ormai prossimo anno si profila a Riccione il XXIX Congresso della Fnsi, il terzo consecutivo dopo Chianciano 2016 e Levico 2019 senza aver potuto rinnovare il contratto nazionale di lavoro firmato l’ultima volta il 1 aprile 2013, perché oggi gli editori vorrebbero, solo loro, dettar le regole del gioco nel nuovo universo del multimediale/multiservizi, certi dell’omertà degli autocrati degli strapoteri economici e politici, vecchi e nuovi, a cui la mediazione giornalistica non va più giù. E assieme si terranno le Assise delle Associazioni territoriali e dell’Unione nazionale dei giornalisti pensionati Ungp.

Di contro, le nostre principali rappresentanze di categoria frustrate e indebolite dalle forze preponderanti degli avversari perdono credibilità e pezzi lungo la strada (vedi la fine dello storico quasi centenario istituto autonomo di previdenza Inpgi, fino a ieri ritenuto eufemisticamente baluardo della libertà si stampa). E’ stata una arresa senza condizioni di fronte a una crisi esistenziale e occupazionale della professione allo stato dei fatti senza sbocchi, e con un precariato dilagante e mortificante. Anche se è una magra consolazione in un panorama desolante di cronica impotenza, resistono nelle trincee della professione validi e coraggiosi presidi sindacali e tra i primi quello rappresentato dall’Associazione stampa romana, aprendo il cuore alle speranze di una controffensiva.

Sebbene le riforme di settore invocate invano da decenni restino una chimera, bisogna riconoscere che ultimamente ciambelle di salvataggio sono state lanciate dall’ex premier Draghi in persona superando diffidenze intorno a sé. Non solo è intervenuto con un pronto soccorso di una prima fetta annuale di 90 milioni per un’editoria squattrinata e in preda agli orgasmi dei prepensionamenti a valanga, ma anche si è attivato salvando dentro le accoglienti mura dell’Inps le pensioni dei giornalisti di oggi e di domani fino a ieri a rischio estinzione a causa del fallimento economico e finanziario dell’Inpgi (250 milioni di perdite all’anno!!). Un salutare intervento raggiunto in extremis bloccando le resistenze iniziali dei vertici dello stesso malandato Istituto di Previdenza i quali avrebbero preferito che l’edificio, benché senza più un soldo in cassa e senza ancoraggi di garanzia dello Stato, rimanesse in piedi accogliendo in casa,come stampelle di nuovi contribuenti, i riottosi comunicatori pubblici.

Anche se dal 1 luglio 2022 come stabilito per legge, il nuovo ufficiale pagatore si è manifestato pronto cassa almeno con i pensionati d’annata, il trapasso armi e bagagli dall’Inpgi all’Inps si è rivelato “complesso, complicato e irto di criticità”, come ha riconosciuto la stessa presidente Marina Macelloni, oggi con una gamba nel nuovo Inpgi ex Inpgi 2 dedicato ai cosiddetti liberi professionisti (46mila sulla carta) e l’altra gamba nell’ex Inpgi 1 “inpsizzato” con 15 mila contribuenti contrattualizzati e 7 mila pensionati più 3mila vedove da pagare. Un guazzabuglio di trappole e di ostacoli che permettono alll’Inpgi1 di sopravvivere azzoppato per l’intero 2023 e sparigliano le carte dell’ex Inpgi2 ancora in embrione perché con lo Statuto bocciato e da rifare, nonché lascia automaticamente intoccabili i bei guadagni degli amministratori. Alla resa dei conti sul tavolo si ammucchiano grossi nodi da sciogliere e che coinvolgono anche le reciproche responsabilità sindacali ed editoriali.

L’Inps, o meglio il Fondo pensione lavoratori dipendenti, gestisce il destino economico di parecchi milioni di italiani, e la nostra presenza, quasi invisibile, ingombra come una goccia d’acqua in mezzo al mare (commento della Macelloni). Abituati a “mamma Inpgi”, non è facile farci ascoltare da un carrozzone di quelle dimensioni che ci parla tramite decreti ministeriali, circolari applicative, anzi dovrebbe parlarci perché allo stato c’è un silenzio assordante, forse a causa dell’arrivo del nuovo governo con altre gatte più importanti da pelare. Una mano ai colleghi dovrebbe venire dai Patronati dei sindacati istituiti per facilitare tutti i rapporti di consulenza previdenziale, sociale e giuridica con l’Inps, ma ancora con idee confuse sulla nostra identità. Stampa romana si è convenzionata, comunque, con il Patronato Uil.

In testa alle criticità paralizzanti per mancanza di atti risolutivi, figura il dramma dei prepensionati da mesi senza più stipendio e senza ancora l’assegno pubblico. Fra l’altro, gli editori, la Fieg, ci mettono il bastone fra le ruote, perché, invocando vecchi pasticciati accordi Inpgi/Fnsi, non vogliono più pagare la cosiddetta riserva matematica, cioè il 30% dei costi con il restante 70% a carico dello Stato. Difficoltà e ritardi, nonostante il farraginoso dialogo a distanza internet via “cloud”, anche per pagare i neopensionati per vecchiaia, perché non sono stati trasferiti ancora all’Inps, secondo i patti di legge, 94 tra dirigenti e quadri dipendenti Inpgi indispensabili per cogestire le pratiche pensionistiche dei giornalisti.

Mistero sulla cumulabilità con i redditi di lavoro, garantita a norma da anni per tutti i pensionati, mentre da noi, nonostante sentenze della sezione lavoro della Cassazione e una direttiva Inps del 28 luglio scorso, il tetto del divieto di 22.900 euro rimane arbitrariamente in vigore per quest’anno anche dopo il passaggio dal 1 luglio alla nuova gestione abolizionista, in base a una stupefacente circolare Inpgi del 27 ottobre scorso. Per fortuna, l’ultima parola spetta all’Inps anche se arriverà chissà quando. Viceversa, non cambiano nulla fino a tutto il 2023 le regole Inpgi dei trattamenti di disoccupazione, di integrazione salariale e di contratti di solidarietà, poi saremo soli nelle mani dei nuovi responsabili pubblici.

Dopo averli inglobati nei bilanci forse per ragioni di quadratura contabile, tre Fondi di carattere contrattuale tuttora funzionanti (Fondi per le finalità di assistenza e solidarietà sociali, per gli infortuni extraprofessionali e per la perequazione pensionistica per gli indigenti) pari a 91 milioni complessivi di euro, calcolati a giugno scorso, sono stati abbandonati nelle casse dell’Inps come saldi della finanza pubblica. Ora il loro sblocco e la loro possibile liquidazione ai colleghi aventi diritto rientra in un eventuale complesso negoziato fra l’Inps e le parti sociali, Fnsi/Fieg, però mettendo nel conto che, ad esempio, la gestione degli infortuni è affidata all’Inail che, peraltro, non tratta istituzionalmente quelli extraprofessionali, cioè fuori degli ambiti del lavoro giornalistico. Mentre si cercano gli accordi per il passato e per il futuro di questi Fondi, gli editori continuano incassare e ad accantonare, chissà per quanto tempo guadagnandoci sopra, le quote ricavate dagli stipendi dei colleghi (nell’ordine 0,60%, 3,50%, e 5 euro mensili).

 Analoga storia confusa riguarda l’ex Fissa, un Fondo con 2.300 creditori vecchi e nuovi per circa 140 milioni euro di arretrati che, nei fatti, viaggia a metà strada fra sfera contrattuale e previdenziale. Secondo una recente convenzione provvisoria fra le parti sociali, il rateo annuale di 3mila euro sarà pagato entro novembre per una spesa di 7milioni di euro, dato per la prima volta in via eccezionale dal nuovo Inpgi dopo 5 anni a carico del vecchio. Tuttavia, non si comprende perché questi milioni residui di un tesoretto ereditato) non siano stati liquidati prima del passaggio all’Inps.

Un’altra grana per le parti sociali è scoppiata sul contributo Casagit che, peraltro, dall’anno prossimo non sarà più trattenuto sulla pensione ma dovrà essere versato direttamente alla Cassa. Il sistema contributivo C prevede una quota del 3,50% della pensione per tutti, anche se finora i colleghi a basso reddito hanno ottenuto uno sconto, una riduzione consistente. Viceversa perso il nostro mondo solidale, oggi si richiede il versamento di un minimale obbligatorio che si aggira intorno alle 1500 euro l’anno. Non sarà agevole porci una pezza per sostenere 993 colleghi con pensioni da fame.

Ancora non si sa che fine farà il cosiddetto prelievo forzoso dell’1% su redditi di lavoro e pensioni, nato come “Salva Inpgi” nel 2021, e poi, nonostante non ci fosse più nulla da salvare con il passaggio alla sponda pubblica, è rimasto in piedi con la decisione dei ministeri di far pagare gli arretrati fino al 30 giugno scorso a dispetto di sentenze della Cassazione e di dubbi e riserve da parte dell’avvocatura dello Stato.

Infine, un giallo clamoroso che ossessiona una sessantina di pensionati iscritti all’Aire e residenti in Francia e che sono sottoposti, caso unico in Europa, ad una pesante e illegale doppia tassazione con effetti retroattivi sia in Italia sia Oltrealpi. Con un colpo di genio, l’Inpgi, poco prima di passare la mano, ha saldato il debito fiscale di circa 10 milioni di euro e ora ne rivendica il recupero dagli inconsapevoli colleghi che hanno sempre pagato le tasse solo in Francia.

Tempi ancora lunghi per il trapasso del patrimonio immobiliare, delle decadenti case in affitto, che resterà nelle mani della tanto discussa società Investire fino a tutto il 2023.

Intanto, la Fnsi continua ad incassare, tramite Inps, la quota sindacale dei pensionati dello 0,30%, e a trattenerla in attesa di trovare la quadra per la spartizione con le Ast e l’Unione nazionale giornalisti pensionati. Purtroppo, 700 anziani della Lombardia versano da anni solo lo 0,15% con il consenso del sindacato nazionale, provocando sospetti di legittimità sulla loro partecipazione congressuale, già non consentita a quello dell’Ungp.

Con l’aria che tira non è da escludere che questa serie di ostacoli daranno un’ulteriore scossa alla vigilia di una campagna elettorale per i congressi che, invano, i soliti noti cercheranno di addormentare per scongiurare il cambio della musica e il cambio della guardia.

Romano Bartoloni – presidente Gruppo romano giornalisti pensionati e consigliere generale dell’Inpgi

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