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SULLE PENSIONI LE MAZZATE DEL GOVERNO MELONI

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In base ai calcoli della Spi Cgil, il nuovo meccanismo di rivalutazione delle pensioni “farebbe perdere in media 1200 euro l’anno a pensionato. E colpisce pure coloro (come tanti giornalisti ndr.) che percepiscono assegni medi e medio alti e non solo quelli etichettati come ricchi”.

Ai vecchi tempi, quando l’inflazione effettiva galoppava a doppia cifra come ai nostri giorni scattava l’indice di perequazione allineato al costo della vita. Un sistema che è stato rivoluzionato più volte al ribasso e sempre a danno dei pensionati. Ma mai aveva punito così duramente come ha fatto il governo Meloni che ha corretto al ribasso il meccanismo di adeguamento delle pensioni scendendo all’ingiù dal 100×100.

Cambia in peggio rispetto alle norme vigenti anche il metodo di applicazione della rivalutazione che avverrà non più con equità proporzionata al saliscendi delle fasce di reddito percepito, ma applicato una tantum massimo a seconda di quanto si prende, imponendo di fatto un salasso inflattivo vicino o superiore al 10%, in barba al principio della progressività fiscale. Con benefici irrisori e offensivi, si salvano quelle più infime degli sfortunati per censo e per salute che non riescono e non riusciranno comunque ad arrivare a fine mese, tipo l’indennità di accompagnamento dei disabili che si arrampica da 427 euro a 470.

Il 9 novembre è stato varato un decreto che prevedeva gli allineamenti delle pensioni da gennaio 2023 sulla base dell’inflazione media 2022, e cioè 7,3%, mentre oggi quella reale sfiora il 12%, e calcolata come sempre fino a Draghi sulla base degli scaglioni Prodi, a fasce in modo progressivo. Ora, se il Parlamento non rimescolerà le carte della manovra di bilancio, il fratricida taglio della perequazione azzannerà sull’intero ammontare dell’assegno di quiescenza.

Se le cose resteranno tali e quali si metteranno indiscriminatamente le mani nelle tasche degli italiani. I prevedibili aumenti vengono ridimensionati, ad esempio, di 90 euro mensili per una pensione di 3000 euro lordi, circa 2200 netti, e di 170 euro per una pensione di 5000 lordi, circa 3300 netti, una buona pensione non certo d’oro.
Grazie al taglio della perequazione, secondo gli esperti la spesa totale si ridurrà di 10 miliardi nei prossimi 3 anni.

Anche se obtorto collo, questa amara pillola potrebbe essere ingoiata, se il risparmio consolidato venisse investito in un doveroso atto di solidarietà sociale, il finanziamento del ddl Draghi, ereditato dalla Meloni, a sostegno dell’attesissima assistenza sociosanitaria domiciliare gratuita per 2.800mila disabili che ci è stata sollecitata anche dall’Europa.

Romano Bartoloni presidente giornalisti pensionati romani

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