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Sindacato dei giornalisti: le sfide per il 2023

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Care colleghe e cari colleghi,
è stato un anno “speciale” quello che abbiamo attraversato, difficile perchè ha ridefinito i contorni e i confini del nostro mondo associativo e di enti di categoria all’interno di una crisi industriale ed economica cui non si riesce a mettere la parola fine. All’interno di questi confini “mobili” è tempo di ragionare di sindacato unitario, del suo presente e del suo futuro, della rappresentatività dei giornalisti e dei “giornalismi”.

LA FASE COSTITUENTE: SE NON ORA, QUANDO?

In una fase non ancora caratterizzata da elezioni sindacali e dallo svolgimento dei relativi congressi – il nostro messaggio di fine 2021 – lo avevamo già scritto in modo chiaro.
La categoria, o meglio quel che resta della categoria se non attratta dal cupio dissolvi, deve serrare i ranghi, ridefinire strategie e obiettivi comuni, fotografare la realtà per quella che è e proporre ai colleghi un nuovo patto rifondativo.
I segnali erano e sono evidenti.

La chiusura definitiva di Inpgi 1 con la nascita del Polo Flaminio Inps dedicato ai giornalisti descrive la chiusura di un cerchio e di una parabola.L’autosufficienza garantita dall’Istituto di Previdenza è un ricordo.Su quella autosufficienza non si possono costruire percorsi confusi e irrituali trovando sponda nella nuova Inpgi riservata solo al lavoro autonomo e parasubordinato per ragioni sia di decenza economica (le medie pensionistiche mensili dei colleghi iscritti sono di poco superiori ai 200 euro) sia per una questione di opportunità rispetto all’intreccio con il sindacato unitario.

Abbiamo sempre sostenuto che nessuna componente sindacale, nessuna anima delle organizzazioni di categoria, abbia la verità rivelata in tasca.Ma se è così, se cioè si parte dalla condizione di assoluta fragilità del sistema, non c’è altro modo per sciogliere i nodi che mettersi tutti attorno a un tavolo e ragionare insieme per trasportare nel nuovo mondo quanto di buono ci ha consegnato il ventesimo secolo e nel modificare invece abitudini e comportamenti aprendoci alla contemporaneità.

Negli ultimi anni, anche in seguito ad iniziative politiche di vario segno, si è cercato di valutare ed esaminare questo settore nella sua filiera complessiva (dalle edicole ai giornalisti) e di non consegnarlo al macero in vista di una nuova 416 non impostata sui prepensionamenti molto cari agli editori. Tutti tentativi sabotati anche da scelte corporative o dalla mancanza di volontà della politica di mettere mano a un settore ritenuto o decotto o troppo pericoloso e ancora da addomesticare per la sua funzione di controllo civile.

Solo restando nel nostro mondo è evidente che una eccessiva precarietà delle giornaliste e giornalisti rappresenti una minaccia per la libertà di informazione. La stessa premier Meloni ha indicato nella conferenza di fine anno nel nodo precarietà, tutele, paghe adeguate la chiave di lettura e di garanzia del sistema e della vita di colleghe e colleghi..Se allora l’asciugamento del precariato ormai arrivato a livelli parossistici, la redistribuzione di carichi di lavoro infernali, l’aumento di stipendi e la riduzione di orari deve essere una stella polare della contrattazione, c’è invece tutto il sistema organizzativo di categoria da riformare.Vogliamo agire per assicurare servizi sindacali creando Patronati sul modello Cgil, Cisl e Uil? Vogliamo confrontarci con le stesse organizzazioni confederali per ridefinire il perimetro fondativo del sindacato unitario, ad esempio anche per la contrattazione negli uffici stampa pubblici?

Come vogliamo assicurarci le risorse per il sindacato, sapendo che in questo 2022 ne è nato un altro (Figec) ed è una evidente compromissione di una logica unitaria vecchio stile?E soprattutto cosa vogliamo dire e dare ai colleghi che continuano a guardare al sindacato come un presidio novecentesco un po’ polveroso e che vivono e lavorano fuori dalle redazioni?

Se la Fnsi perde negli ultimi dieci anni un terzo degli iscritti passando da 24mila a 16mila unità vogliamo porci la questione e invertire la rotta delle iscrizioni?Stampa Romana, con quello che ha fatto in questi anni, può indicare scelte corrette anche al nazionale? Se negli ultimi due anni Stampa Romana recupera iscritti e da cinque anni viaggia intorno alle 3mila unità, nonostante la pandemia (questi i numeri reali: nel 2018 3112 iscritti, nel 2019 2974 iscritti, nel 2020 2860 iscritti, nel 2021 2891 iscritti, nel 2022 2944 iscritti), ci sarà stato dietro un lavoro sulle quote, sulla formazione professionale, sui servizi, sulle nuove opportunità anche economiche rappresentate dai bandi europei, degno di esame e di rispetto?

Sono domande non esaustive, ce ne possono essere altre pienamente legittime, ma riteniamo che sia arrivato il momento, dettato o non dettato da una iniziativa parallela politica, di riunirci e di affrontare le criticità.
Quando scriviamo riunirci significa ascoltare tutti: da Casagit all’Ordine a quel che resta di Inpgi al Sindacato. Quando scriviamo tutti intendiamo proprio tutti: vale a dire, tutte le anime politico-sindacali all’interno del perimetro della Costituzione italiana.

E la stagione dei congressi, per non ridurla a un passaggio seppur fondamentale quale quello della definizione dei gruppi dirigenti, deve avere l’ambizione di lavorare sui giornalismi, consapevoli almeno nella dirigenza di Stampa Romana che a creare giornalismo contemporaneo, a confezionarlo, a distribuirlo e a produrlo non ci sono solo i professionisti e i pubblicisti iscritti all’Ordine ma svariate figure professionali che contribuiscono ogni giorno all’edificazione della casa comune.E sarebbe il caso di riconoscere questi compagni di viaggio, metterli nelle condizioni di avere servizi sindacali adeguati, rappresentarli degnamente, farli entrare dal portone di ingresso principale della casa comune.

NON RINUNCIAMO ALLE TUTELE E AI PRINCIPI

L’orizzonte più generale di riforme non più rinviabili non rappresenta un alibi per rinunciare a una azione pratica di tutela degli interessi materiali e dei diritti delle colleghe e dei colleghi. E anche questa impostazione ci pare sia stata recepita, colta e premiata dal risultato elettorale concluso due settimane fa.

Ecco perchè riteniamo giusto intervenire anche attraverso una azione giudiziaria sul prelievo forzoso salva Inpgi. 
L’Inpgi non si salva più, quell’Inpgi ha chiuso i battenti. Purtroppo i dirigenti Inpgi ancora in carica non hanno trovato il coraggio e la competenza giuridica di annullare una delibera che non serviva più a niente, confezionando questo bel regalo di fine anno per i colleghi, già alle prese con i prezzi schizzati alle stelle per l’inflazione e la riduzione reale degli stipendi e delle pensioni. Ciò non elimina le responsabilità di gran parte della Fnsi che riteneva che quella fosse la strada per salvare l’Istituto di previdenza e fosse la partita di scambio per l’ingresso dei comunicatori.

Noi ci siamo assunti la responsabilità di non credere nelle favole, di bocciare quelle proposte dall’inizio, di denunciarle pubblicamente e oggi ci assumiamo la responsabilità di contestarle anche in tribunale per tutelare tutti i nostri iscritti, gli attivi e i pensionati.
Qualche collega scrive ancora che il sindacato non si fa nelle aule di Tribunale, dimenticando che certamente si può vincere e perdere nelle aule di viale Giulio Cesare, ma che se non si fosse percorsa la strada del Tar ad esempio l’equo compenso sarebbe scomparso dalla circolazione da sei anni. O che adesso bisognava solo fare buon viso a cattivo gioco di fronte al prelievo forzoso e che quindi sarebbe passato il principio che una cassa previdenziale senza delega sufficiente normativa poteva e potrebbe tassare stipendi e pensioni sostituendosi al legislatore.

Anche qui ci vengono in soccorso i principi costituzionali e anche qui cercheremo di convincere i giudici della bontà delle nostre ragioni collettive. Non dimenticando che anche la politica, se adeguatamente sollecitata, può risolvere questo pasticcio.
Ragionare sui principi ci ha consentito anche di chiedere da cinque anni la riforma dell’informazione primaria. Pur in presenza di una ennesima proroga finalmente abbiamo visto alcuni dei nostri valori, delle tutele che abbiamo chiesto e dei principi per cui abbiamo lottato per un lustro, finire all’interno di un testo di legge, del mille proroghe.
Anche questa è la dimostrazione che se le linee e i principi sono saldi e giusti, costruiti insieme ai comitati di redazione del settore, quei principi possono attraversare le stagioni politiche e possono rappresentare un orizzonte comune e condivisibile.

Le stesse linee esplicite e chiare che ci hanno consentito di proporre in Rai una versione verificabile del job posting. Le stesse linee per le quali vogliamo che Casagit, nella stagione della società di mutuo soccorso, lavori in trasparenza sulla sua platea per conservare livelli importanti di prestazioni e di rimborsi. Le stesse linee per la quali vogliamo che il sindacato si sieda ai tavoli aziendali per discutere di automazione e di algoritmi, per non ridurre quella vicenda a una pratica da OTT e da apprendisti stregoni, sapendo che da lì passa la responsabilità umana dell’informazione, come autentico presidio democratico anche nella società dell’automazione.

LA STAGIONE DEI CONGRESSI

Nel ringraziare la comunità della pazienza e dell’attenzione che ha prestato anche al lavoro di chi vi scrive in questi lunghi anni, mi preme chiedere alla stessa comunità un nuovo scatto di presenza. La stagione dei congressi che si apre sia accompagnata anche dal vostro sguardo. I dirigenti sindacali sono niente senza un rapporto con la base e la base degli iscritti, nella sua continua e viva relazione con chi li rappresenta, è la garanzia che il sindacato dei giornalisti sia autenticamente rappresentativo e continui a essere una forza propulsiva della nostra realtà professionale.


Un sereno 2023 per la comunità di Stampa Romana!
Lazzaro Pappagallo Segretario Associazione Stampa Romana

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