Cerca
Close this search box.

Sentenza della cassazione sezione lavoro: é legittimo cumulare senza alcun “tetto” la pensione INPGI 1 con collaborazioni giornalistiche e redditi di lavoro autonomo

cassazione

Condividi questo articolo:

Clamoroso quanto inatteso verdetto della Cassazione: é legittimo cumulare senza alcun “tetto” la pensione INPGI 1 con collaborazioni giornalistiche e redditi di lavoro autonomo. Di conseguenza i giornalisti già lavoratori subordinati, titolari di pensioni di anzianità INPGI 1, potrebbero collaborare per oltre 22 mila euro lordi l’anno senza più vedersi decurtata la pensione.

Potrebbero essere questi gli effetti della sentenza n. 19573 del 19 luglio 2019 emessa a sorpresa dalla sezione Lavoro della Cassazione, presieduta da Antonio Manna, nonostante il parere favorevole all’INPGI espresso dal Sostituto Procuratore generale della Suprema Corte Paola Mastroberardino, cliccare su????

http://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snciv&id=./20190719/snciv@sL0@a2019@n19573@tS.clean.pdf (vedere anche il testo integrale riportato qui sotto in calce). 

In questo caso l’uso del condizionale é, però, d’obbligo perché questa decisione capovolge un orientamento giurisprudenziale della stessa Cassazione ormai consolidato da anni e intacca quindi la certezza del diritto, rimettendo in discussione il ruolo stesso che istituzionalmente la Suprema Corte dovrebbe svolgere per legge. 


E’, insomma, una pronuncia destinata a scatenare una bufera di polemiche dentro e fuori il “Palazzaccio” di piazza Cavour perché potrebbe danneggiare pesantemente non solo l’INPGI 1, ma anche molti giovani giornalisti in cerca di un lavoro stabile e duraturo nel tempo. Pertanto non si esclude che l’INPGI 1 possa chiedere, ai sensi dell’art. 391 bis del codice di procedura civile, la revocazione della sentenza e parallelamente presentare istanza al Primo Presidente Giovanni Mammone di trasmettere gli atti alle Sezioni Unite civili della Cassazione, essendo pendenti al “Palazzaccio” una dozzina di analoghi ricorsi in materia. E’ quindi necessario e urgente fare al più presto e una volta per tutte chiarezza sulla delicata questione. Ma potrebbero persino occuparsene anche il Consiglio Superiore della Magistratura per il mancato rispetto di norme procedurali e il Parlamento per i possibili devastanti effetti sulle casse dell’INPGI 1. 


Riepiloghiamo i fatti. Sette anni fa la Cassazione, con sentenza n. 1098 del 26 gennaio 2012, dette per la prima volta via libera al cumulo senza vincoli tra la pensione di anzianità INPGI 1 e redditi di lavoro autonomo, sostenendo l’applicabilità della stessa disciplina prevista per gli iscritti all’Assicurazione Generale Obbligatoria facente capo all’INPS, “in quanto l’INPGI gestisce, per espresso disposto dell’art. 76 della legge n. 388 del 2000, una forma di assicurazione sostitutiva di quella garantita dall’INPS, mentre gli artt. 72, comma 1, legge citata e 44, comma 1, legge 27 dicembre 2002 n. 289, poi seguiti dall’art. 19 decreto legge 25 giugno 2008 n. 112, come convertito con legge 6 agosto 2008 n. 133, parificano il trattamento pensionistico a carico dell’A.G.O. – Assicurazione Generale Obbligatoria – a quelli a carico delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative, della stessa”. Di conseguenza “doveva essere disapplicato l’art. 15 del Regolamento INPGI che disciplina la materia del cumulo di reddito da lavoro e trattamento pensionistico in modo diverso da quanto previsto nel regime relativo all’A.G.O. – Assicurazione Generale Obbligatoria”.


Ma tre anni dopo la Suprema Corte cambiò linea con la nota sentenza delle Sezioni Unite Civili n. 17589 del 4 settembre 2015 che, occupandosi della possibile permanenza al lavoro dei giornalisti dopo il compimento dei 65 anni anni e fino al limite di 70 anni di età, affermarono il principio secondo cui tra le forme esclusive e sostitutive dell’A.G.O. – Assicurazione Generale Obbligatoria – non rientrasse alcuno degli enti previdenziali privatizzati come l’INPGI 1 e di conseguenza tali enti, nell’ambito della propria autonomia, potevano legittimamente discostarsi dalle regole previste per la generalità del sistema”.
Questa sentenza delle Sezioni Unite era stata finora seguita pedissequamente da numerose altre sentenze della Cassazione (le nn. 1850 del 2016, 6384 del 2016, 6776 del 2017, 20089 del 2018 e 20458 del 2018) che avevano sempre escluso la possibilità per i giornalisti lavoratori subordinati di restare in servizio oltre il limite di età di 65 anni. Ma era stata anche applicata dalle sentenze della sezione Lavoro n. 8067 del 21 aprile 2016 e 12671 del 20 giugno 2016 che, bocciando le tesi svolte nella prima sentenza n. 1098 del 2012, avevano invece confermato il divieto di cumulo tra la pensione INPGI 1 e le collaborazioni giornalistiche superiori ai 22 mila euro lordi l’anno previsto dall’art. 15 del Regolamento INPGI 1.

A loro volta le ultime due sentenze della Cassazione del 2016 (n. 8067 e 12671) favorevoli all’INPGI erano state poi seguite dalle Corti d’Appello di Roma, Milano, Torino, Bologna e Genova​ che avevano dato anch’esse ragione all’Istituto.
Come un fulmine a ciel sereno é giunta, invece, la sentenza n. 19573 del 19 luglio scorso, che respinge definitivamente il ricorso dell’INPGI contro la decisione della Corte d’appello di Genova favorevole ad un giornalista che aveva cumulato la sua pensione di anzianità con redditi di lavoro. Nella motivazione di appena 6 pagine, redatte dal consigliere Nicola De Marinis, la Cassazione dichiara di condividere le conclusioni della prima sentenza n. 1098 del 2012, ma non le due successive n. 8067 e 12671 del 2016, che si richiamavano alla decisione delle Sezioni Unite Civili n. 17589 del 2015 – dalle quali si discosta “in consapevole contrasto “- che si richiamavano alla decisione delle Sezioni Unite Civili n. 17589 del 2015.


Non si può tuttavia fare a meno di rilevare che le conclusioni cui é giunta ora la Cassazione rimettono di fatto in discussione la certezza del diritto su cui si basa un sistema democratico come il nostro, cioé il rigoroso rispetto dell’art. 65 della legge fondamentale sull’ordinamento giudiziario del 30 gennaio 1941 n. 12, che impone ai supremi giudici del “Palazzaccio” di assicurare “l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, l’unità del diritto oggettivo nazionale, il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni”.


E, proprio per evitare decisioni ondivaghe come questa, l’art. 374 del codice di procedura civile avrebbe imposto alla Sezione Lavoro di non decidere nel merito del divieto di cumulo tra la pensione INPGI 1 e collaborazioni giornalistiche superiori ai 22 mila euro lordi l’anno, ma di soprassedere, trasmettendo gli atti al Primo Presidente della stessa Cassazione per un’eventuale invio alle Sezioni Unite Civili, come é avvenuto in centinaia di analoghi casi di contrasto giurisprudenziale.Altrimenti non sarebbero, forse, incostituzionali – per possibile contrasto con gli articoli  3, 24, 101, 108 e 111 della Costituzione – sia l’articolo 391 bis del codice di procedura civile, nella parte in cui non include tra i motivi di revocazione delle sentenze della Corte di Cassazione l’error in procedendo costituito dalla violazione dell’art. 374 comma 3 del codice di procedura civile e dell’art. 65 R.D. n. 121 del 1941, sia l’articolo 374 comma 3 del codice di procedura civile, nella parte in cui non prevede un rimedio esperibile contro le sentenze della Corte di Cassazione adottate in violazione del disposto del ridetto comma 3 dell’art. 374 del codice di procedura civile? 

Pierluigi Franz

Cassazione Sezione lavoro sentenza n. 19573 del 19 luglio 2019 (Presidente Antonio MANNA, relatore Nicola De Marinis)
http://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snciv&id=./20190719/snciv@sL0@a2019@n19573@tS.clean.pdf

SENTENZA

 
sul ricorso 16005-2014 proposto da: 
ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA GIORNALISTI ITALIANI “GIOVANNI AMENDOLA” I.N.P.G.I., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO 69, presso lo studio dell’avvocato PAOLO BOER, che lo rappresenta e difende; – ricorrente – 
contro 
GUERRINI REMO GIUSEPPE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI SANTA COSTANZA 46, presso lo studio dell’avvocato LUIGI MANCINI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato AGOSTINO CALIFANO; – controricorrente – 
avverso la sentenza n. 563/2013 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 13/12/2013, R.G.N. 474/2013; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/04/2019 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PAOLA MASTROBERARDINO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso; udito l’Avvocato PAOLO BOER; 
udito l’Avvocato SAVINA BOMBOI per delega Avvocato AGOSTINO CALIFANO. 

                                                                                                                  RILEVATO 

che, con sentenza del 13 dicembre 2013, la Corte d’Appello di Genova confermava la decisione resa dal Tribunale di Genova e accoglieva la domanda proposta da Remo Giuseppe Guerrini nei confronti dell’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani “Giovanni Amendola” – INPGI, condannando l’Istituto, previa disapplicazione dell’art. 15 del regolamento relativo, stante la ritenuta illegittimità del regime di cumulo tra pensione di anzianità e redditi di lavoro ivi disciplinato in termini meno favorevoli rispetto a quello previsto dall’art. 72, comma 2, I. n. 388/2000 e 44, comma 2, I. n. 289/2002 per i titolari di pensione maturate presso l’AGO, alla restituzione delle somme a tale titolo indebitamente trattenute; che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto, in conformità all’orientamento accolto da questa Corte nella sentenza n. 1098/2012, che l’Istituto, a prescindere dall’autonomia gestionale, organizzativa e contabile, riconosciutagli in esito alla sua privatizzazione, operata con il d.lgs. n. 509/1994, sia tenuto, in quanto gestore di una forma di assicurazione sostitutiva dell’AGO, di una provvidenza, quindi, a quella identicamente corrispondente dal punto di vista funzionale, data la natura subordinata dei rapporti assicurati e la comune radice, da rinvenirsi nell’art. 38 Cost., anche con riguardo al cumulo tra pensione di anzianità e redditi di lavoro all’applicazione del medesimo regime; che per la cassazione di tale decisione ricorre l’INPGI, affidando l’impugnazione ad un unico motivo, cui resiste, con controricorso, il Guerrini; che entrambe le parti hanno poi presentato memoria; 
                                                                                                                    CONSIDERATO
che, con il primo motivo, l’Istituto ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 44, I. n. 289/2002, 2, 3, comma 4, d.lgs. n. 509/1994, 3, comma 12, I. n. 335/1995, e 15 Regolamento INPGI approvato con d.m. 24.7.1995, lamenta la non conformità a diritto dell’orientamento accolto dalla Corte territoriale, non risultando esso coerente con la nuova configurazione assunta dal sistema di previdenza obbligatoria a seguito della privatizzazione degli Enti di cui all’allegato A del d.igs. n. 509/1994, ivi compresi quelli che gestiscono forme sostitutive dell’AGO, cui è riconosciuto il potere di modificare, nei limiti e con le modalità precisate, la disciplina legale preesistente; che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 76, I. n. 388/2000 e 3, comma 4, d.lgs. n. 509/1994, l’Istituto ricorrente ripropone la medesima censura di cui al motivo che precede con specifico riguardo alla previsione di cui all’art. 76 I. n. 388/2000 che rimette agli enti privatizzati il coordinamento delle norme che regolano le forme previdenziali dagli stessi gestite con quelle relative alla previdenza obbligatoria; che, con riferimento ad entrambi i motivi, i quali, in quanto, strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, questo Collegio ritiene di doversi pronunciare per l’infondatezza, intendendo, in consapevole contrasto con l’orientamento da ultimo espresso, relativamente al medesimo thema decidendum, da questa Corte con le sentenze n. 8067 del 21.4.2016 e n. 12671 del 20.6.2016, dare continuità all’indirizzo in precedenza accolto in questa sede con la decisione n. 1098 del 26.1.2012, non certo per negare il valore semantico attribuito dall’opposto orientamento al disposto dell’art. 76, comma 4, I. 23.12.2000, n. 388, secondo cui l’autonomia gestionale, organizzativa e contabile riconosciuta all’INPGI, come agli altri enti privatizzati ai sensi del d.lgs. n. 509/1994, troverebbe limite nella mera esigenza che l’Istituto assicuri il coordinamento delle proprie regole gestionali con quelle operanti con riguardo al regime delle prestazioni e dei contributi delle forme di previdenza sociale obbligatoria e basato sul rilievo per cui il ricorso al concetto di “coordinamento” vale di per sé stesso quale negazione di una diretta e necessaria efficacia delle norme di previdenza sociale nell’ordinamento dell’Istituto e per converso ad affermare un autonomo potere di adeguare le norme stesse alle interne esigenze ed in particolare alle esigenze di bilancio, ma per attribuire la necessaria rilevanza alla norma regolatrice della fattispecie ratione temporis di cui all’art. 72, comma 2, I. n. 388/2000 poi esteso dall’art. 44, comma 2, I. 27.12.2002, n. 289 (legge finanziaria 2003), la cui formulazione letterale (“A decorrere dal 1° gennaio 2003 il regime di totale cumulabilità tra redditi di lavoro autonomo e dipendente e pensioni di anzianità a carico dell’assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive, esclusive ed esonerati ve della medesima, prevista dall’art. 72, comma 1, della legge 23 dicembre 2000 n. 388, è esteso ai casi di anzianità contributiva padri  o superiore ai 37 anni a condizione che il lavoratore abbia compiuto 58 anni di età. I predetti requisiti debbono sussistere all’atto del pensionamento”) è tale da legittimare l’interpretazione della stessa nel senso che il regime di cumulo tra pensione di anzianità e redditi da lavoro dalla stessa introdotta operi identicamente per la previdenza sociale obbligatoria e per le forme sostitutive della stessa anche ove gestite da enti privatizzati cosicché la stessa previsione possa rappresentare, secondo quanto affermato dalla stessa Corte territoriale, quella “norma espressa” che lo stesso INPGI sostiene essere necessaria perché la disciplina dettata per i trattamenti pensionistici gestiti dall’AGO sia applicabile all’Istituto medesimo, esito interpretativo questo che non contrasterebbe con la pronunzia resa da questa Corte a sezioni unite con la decisione n. 17589 del 4.9.2015, riferendosi questa alla lettura da darsi alla disciplina sul contenimento della spesa pensionistica di cui al d.l. 6.12.2011 n. 201 (c.d. decreto Salva Italia) convertito in legge 22.12.2011, n. 214, lettura per la quale la sancita non estensibilità del riferimento alle forme esclusive e sostitutive dell’AGO di cui al comma 4 dell’art. 24 a quelle gestite dagli enti privatizzati, lungi dal valere come criterio interpretativo generale, per cui quella formula non comprenderebbe in ogni caso le forme previdenziali gestite dagli enti privatizzati, sicché in quei termini non potrebbe leggersi neppure l’art. 44, comma 2, I. n. 289/2002 qui in questione, si giustifica con specifico riferimento a quella normativa, per essere in essa il regime riguardante gli enti privatizzati gestori di forme obbligatorie di previdenza ed assistenza regolato in apposita sede, data dal comma 24 del medesimo art. 24; che si deve tenere altresì presente, sempre nel solco della citata sentenza n. 1098/2012, che l’autonomia finanziaria dell’INPGI non va enfatizzata , giacché essa non è neppure integrale, soccorrendo in alcuni casi nei confronti dei suoi iscritti la fiscalità generale; infatti, con il D.L. 29/11/2008, comma 18-ter, lett. A), punto n. 2), convertito, con modificazioni, con I. 28.1.2009 n. 2, si è inserito l’art. 37, comma 1-bis, I. 5.8.1981, n. 416, che così dispone: “L’onere annuale sostenuto dall’INPGI per i trattamenti di pensione anticipata di cui al comma 1, lett. B), pari a 10 milioni di Euro annui a decorrere dall’anno 2009 è posto a carico del bilancio dello Stato. L’INPGI presenta al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali la documentazione necessaria al fine di ottenere il rimborso degli oneri fiscalizzati. Al compimento dell’età prevista per l’accesso al trattamento della pensione di vecchiaia ordinaria da parte dei beneficiari dei trattamenti° di cui al primo periodo, l’onere conseguente è posto a carico del bilancio dell’INPGI, fatta eccezione per la quota di pensione connessa agli scivoli contributivi , riconosciuti fino ad un massimo di cinque annualità, che rimane a carico dello Stato”; che, pertanto, il ricorso va rigettato e le spese compensate tra le parti tenuto conto del pronunciamento qui reso in contrasto con l’orientamento da ultimo espresso da questa Corte.                                                                                                                         P.Q.M.  

La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità. Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13. Così deciso in Roma, nell’adunanza camerate del 3 aprile 2019. 

Il network