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Nuovo contratto 5: part-time per donne e uomini

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Roma, 7 ottobre 2015 – La stagione sindacale, informano i colleghi di Stampa Romana, sarà dominata dal rinnovo del contratto. Uno dei temi di discussione è quello del part-time. Mi ha incuriosita, e a dire il vero anche un po´ indignata, una frase riportata in uno dei comunicati di Stampa Romana in cui, auspicando che si arrivi a definire questo punto, si dice: “Solo una visione moderna della nostra professione e del contratto può dare valore a quello che si fa ogni giorno, può farci declinare in modo nuovo i nostri diritti, compresi quelli delle colleghe (sarebbe ora di far viaggiare il part time come strumento effettivo di equilibrio tra lavoro e famiglia)”.
Cosa mi suona sbagliato in questa frase? Innanzitutto, che si faccia riferimento alle sole colleghe come come coloro che hanno l´esigenza di conciliare LAVORO e FAMIGLIA.
La famiglia è di tutti e due i coniugi, padre e madre. La parità parte da questa ovvia constatazione, prima a casa e poi al lavoro. Sarà sempre troppo tardi quando si finirà di dire che i padri ´danno una mano´, ´collaborano´, ´aiutano le mogli´ nella cura dei figli. E sarà una bella giornata per tutte le donne che lavorano quando non solo i loro mariti, ma anche i colleghi con cui lavorano, avranno davvero un´idea di che cosa vuole dire in concreto, nelle 12 ore in cui si sta svegli, conciliare famiglia e lavoro.
E´ inutile parlare e scrivere di pari opportunità, pari retribuzioni, ´soffitto di cristallo´ sui media in cui lavoriamo se poi si continua a dare per assodato che i figli e la famiglia sono una questione che riguarda SOLO le donne. I bambini sono o non sono il futuro, la risorsa principe della società, la nostra speranza? Se è così, e non c´è dubbio che lo sia, se dobbiamo farci avanguardia facciamo avanguardia di questo. Di una visione che consideri la cura dei più piccoli una questione da affrontare insieme. Maschi e femmine.

Lo dico perché ci sono peraltro ´madri di famiglia´ che non hanno alcuna intenzione di chiederlo, il part time, e padri che vorrebbero averlo. Né le une né gli altri vanno considerati bestie rare, né vanno penalizzati.
Detto questo, se un giornalista o una giornalista chiede il part time, ha diritto di farlo per qualunque altro motivo: perché ha una persona da assistere, perché vuole impegnarsi nello studio di una materia impegnativa, perché vuole fare sport. La sua motivazione è forse meno legittima della mia? L´azienda deve giudicare sulle motivazioni, o deve piuttosto impegnarsi a gestire le risorse in modo che chi lavora possa bilanciare non tanto lavoro e famiglia quanto lavoro e vita e lavoro e salute, intesa come benessere mentale e fisico?
Questo punto (e si ritorna così a tutto ciò che nel contratto riguarderà il digitale) non è banale in redazioni in cui si lavora on-line. Quindi a “rullo continuo”, senza non dico uscire dalla redazione per servizio esterno, ma nemmeno rispettando spesso le normative sulle pause previste dalla normativa sul lavoro. Teniamolo a mente, quando parliamo del futuro della professione.

Lara Crino – L’Espresso

 

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