Teheran, 30 lug 2009 – Il reporter del quotidiano economico “Abrar Eghtesadi” aveva subito pesanti pestaggi dalla polizia ed era sparito il 15 giugno, 3 giorni dopo il voto e la rivolta popolare. Sarebbe spirato per un ictus lo stesso giorno ma il suo corpo è stato riconsegnato alla famiglia solo il 13 luglio: la notizia diffusa nelle scorse ore. Altri 7 giornalisti ancora in carcere, mentre Ahmadinejad parla di 140 imminenti liberazioni, tra le quali non figura nemmeno un cronista. Sospeso intanto anche il giornale “Sedai Edalat”.———————————————————Reporters sans Frontières ha diffuso in queste ore la notizia della morte, avvenuta il 15 giugno 2009 in Iran, del giornalista Ali Reza Eftekhari, di 29 anni. Le esatte circostanze del decesso restano sconosciute. Secondo le informazioni raccolte, Ali Reza Eftekhari sarebbe morto in seguito ad un ictus cerebrale, dopo essere stato duramente picchiato dai Pasdaran agli ordini del governo del presidente Ahmadinejad. Il suo corpo è stato restituito alla famiglia il 13 luglio scorso, quasi un mese dopo il decesso, senza alcuna spiegazione. Collaboratore per cinque anni del quotidiano economico “Abrar Eghtesadi” (Gruppo Abrar), aveva lasciato il giornale nel 2008.
«Alireza Eftekhari – sostiene Reporters sans Frontières – è il primo giornalista a morire per la repressione delle autorità iraniane a seguito della rivolta dovuta alle elezioni del 12 giugno. Invitiamo le autorità a far luce sulle cause della morte. Siamo molto preoccupati per tutti gli altri giornalisti ancora detenuti, senza alcun rispetto per i loro diritti fondamentali».
RSF, inoltre, ha preso atto della liberazione della giornalista Shadi Sadr, avvenuta il 28 luglio 2009, ma contesta il fatto che nessun giornalista sia menzionato nelle liste dei 140 prigionieri che potrebbero essere liberati secondo quanto ha annunciato il 28 luglio scorso il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad fissando comescadenza il 7 agosto.
Per quanto riguarda il presunto rilascio del giornalista Hajjarian Saeed, gravemente disabile, Reporter sans Frontières non è in grado di confermare le informazioni pubblicate sui siti conservatori a partire dalla mattinata del 29 luglio: la circostanza, del resto, è stata smentita perfino dai parenti del collega. Secondo la famiglia, autorizzata a fargli visita in carcere, il giornalista è stato torturato dal momento del suo arresto, avvenuto il 15 giugno scorso e il suo stato di salute sarebbe estremamente preoccupante.
Inoltre, il quotidiano “Sedai Edalat”, vicino ai riformisti, è stato sospeso il 27 luglio dalla Commissione di autorizzazione e vigilanza della stampa, diretto dal Ministero della Cultura e dell´Orientamento islamico. Questa decisione fa seguito alla pubblicazione, avvenuta per errore nel l´edizione del 25 luglio, di un commento sulle opere del famoso poeta iraniano Ahmad Shamlo. Nonostante le scuse pubblicate dal giornale il giorno successivo, la Commissione ha ritenuto che si sia trattato di «un chiaro affronto all´ayatollah Khomeini». E ai sensi dell´articolo 27 della legge sulla stampa, che vieta «l´oltraggio contro la guida, il fondatore della Repubblica islamica e il grande Ayatollah», e permette che i giornali possono essere sospesi e la persona responsabile condotta dinanzi alla giustizia per “Sedai Edalat” è stata la fine. Attualmente i giornalisti arrestati dal 12 giugno e ancora in stato di detenzione in Iran sono 41. Altri sette si trovavano in carcere prima della consultazione elettoriale che ha causato, per l´accusa di brogli avanzata dai candidati progressisti di cui il leader più in vista è Moussavi, la sollevazione popolare guidava dall´Onda verde e sostenuta sopratutto dagli studenti. (agendacomunicazione)