Con il passaggio delle pensioni e dei contributi dei giornalisti dipendenti da Inpgi a Inps si chiude una fase di protezioni e tutele delle colleghe e dei colleghi e se ne apre un’altra.
Si chiude la fase di un sistema perfettamente compiuto e autosufficiente. Un sistema devastato da una gravissima crisi del mercato del lavoro caratterizzato da un precariato abnorme, con il contratto scaduto da sei anni e con paghe e salari oggi aggrediti dall’inflazione.
La salvezza di pensioni e di contributi con garanzia pubblica, sollecitata anche da Stampa romana, non deve illuderci. I problemi e gli squilibri a iniziare da un uso patologico del lavoro autonomo sono ancora tutti lì.
Anche per questo è necessario aprire una nuova fase. Va affrontata senza pregiudizi con l’ascolto di tutte le voci del sindacato dei giornalisti, puntando a offrire nuovi servizi perché oggi non ci sono soluzioni salvifiche.
Anche per questa ragione ci sarebbe sempre bisogno del contributo di tutti senza esclusioni se vogliamo ricostruire un terreno comune al di là di legittime differenze di politica sindacale.
Il Direttivo di Stampa romana ritiene che il nuovo statuto Inpgi sarebbe stato per le ragioni esposte un ottimo banco di prova trovando una mediazione di diverse e legittime esigenze rappresentate dalle diverse anime che compongono il consiglio generale. La stessa maggioranza qualificata, chiesta per modificare lo Statuto, suggeriva un accordo ragionevole.
Così non è stato, raggiungendo due risultati: è stato annullato qualsiasi coinvolgimento pubblico della categoria nella costruzione di un pezzo di welfare e oggi si è lasciato il governo della nuova Inpgi in una situazione di stallo.
A questo punto riteniamo doveroso chiedere a tutte le parti coinvolte, inclusi i ministeri vigilanti, il rispetto delle regole fissate nella legge istitutiva dell’Inpgi.