La Corte d’Appello di Kabul ha condannato Sayed Parwez Kambakhsh a 20 anni di carcere, annullando la sentenza capitale decisa in primo grado: il giovane studente di giornalismo è accusato di ”blasfemia”, dopo aver scaricato da un sito in farsi e distribuito all’università di Balkh un articolo sui diritti delle donne giudicato ”irrispettoso” nei confronti dell’Islam. Il 24enne Kambakhsh si è sempre dichiarato innocente, spiegando che la prima confessione gli è stata estorta sotto tortura.
Dal procedimento del tribunale del Balkh, che in primo grado lo aveva condannato a morte, risultava che l’imputato avesse confessato di aver scritto e firmato tre paragrafi dell’articolo. Oltre a ciò, Kambakhsh è stato accusato di aver aggiunto la frase: ”Questo è il vero volto dell’Islam. Il profeta Maometto ha scritto i versi del Sacro Corano soltanto a proprio beneficio”.
Il caso dello studente afgano ha attratto l’attenzione dei media occidentali e italiani, anche perché l’Italia – promotrice della moratoria globale sulla pena di morte – è responsabile, nell’ambito della comunità internazionale, della ricostruzione post-bellica del sistema giudiziario afgano.
L’Unione Nazionale Cronisti chiede al governo, alle istituzioni e a chiunque ne abbia la possibilità, di esercitare il massimo di pressione per tutelare Sayed Parwez Kambakhsh, il giovane cronista afgano che era stato condannato a morte e che in appello ha avuto oggi una condanna a 20 anni di reclusione. Come era evidente dalle accuse formulate nel tribunale tribale di Mazar-i-Sharif, e come ha spiegato il fratello Sayed Yaqub Ibrahimi – che nello scorso marzo è venuto a Viareggio a ritirare il Premio Cronista internazionale assegnato a Parwez – il giovane cronista è del tutto innocente e le accuse che gli sono state rivolte sono servite ad ammonire la stampa a non interessarsi delle vicende che riguardano i signori della guerra e le spartizioni territoriali dell’Afghanistan.
L’Unione Cronisti chiede quindi che riparta la mobilitazione internazionale a favore di Sayed Parwez Kambakhsh e della libertà di stampa in Afghanistan e che anche il governo italiano si adoperi affinché da parte di tutte le istituzioni afgane, a cominciare proprio dalle aule giudiziarie, siano garantiti la legalità e i diritti umani.
La democrazia che anche l’Italia sta cercando di costruire in Afghanistan, con il suo impegno politico e militare, non può rinunciare ai principi dell’inviolabilità della vita e della libertà di stampa e di opinione.