Chicago, 8 dic 2008 – E´ ufficiale. Il gruppo Tribune, che pubblica il Chicago Tribune e il Los Angeles Times, ha chiesto l´accesso alle procedure di in bancarotta a fronte di debiti per 13 miliardi di dollari. Lo ha reso noto la testata capofila sul suo sito web. La società acquistata nel dicembre 2007 per 8 miliardi di dollari dal magnate immobiliare Sam Zell, ha assunto gli esperti della società Lazard, per ricorrere agli strumenti previsti dalle leggi sulla bancarotta per proteggersi dai creditori. Il gruppo ha già messo in vendita la squadra di baseball dei Chicago Cubs e ha già venduto il quotidiano newyorkese Newsday. Le voci sul possibile ricorso della Tribune Co. alle procedure previste dal cosiddetto Chapter 11 erano circolate nel fine settimana, dopo che nella sede di Chicago erano arrivati consulenti della Lazard.
Ma il gruppo Tribune non è il solo in cattive acque. E´ sempre più crisi per la stampa americana che deve fare i conti con il calo della pubblicità e delle vendite. Più del 20 per cento del settore editoriale ha problemi finanziari, secondo le stime del Wall Street Journal, e il calo del 15 per cento della pubblicità (cartacea e online) registrato dal settore nei primi nove mesi dell´anno non sembra solo il frutto della recessione.
Gli analisti vedono una crisi strutturale e si aspettano una riorganizzazione complessiva, con fusioni, tagli e scelte dolorose. I media americani sono considerati da Wall Street ancora troppo frammentati: l´editore più potente, Gannet (UsaToday), controlla per esempio il 13,6 per cento della circolazione dei quotidiani e gli esperti vedono spazio per accorpamenti. Non manca chi ipotizza per i media piani di salvataggio simili a quelli per i quali Detroit sta battendo cassa in Congresso, ma è una possibilità che appare lontana. Nel frattempo, di fronte all´emergenza, ogni gruppo tenta la propria strada.
Il New York Times ha deciso di accendere un ipoteca sulla nuova nuova sede realizzata da Renzo Piano. Il Nyt, che controlla anche il Boston Globe oltre all´International Herald Tribune, ha reso noto sul proprio sito di voler di ipotecare la propria per raccogliere 225 milioni di dollari di liquidità.
Il gruppo, che in realtà possiede solo il 58% del grattacielo di 52 piani sulla Ottava Avenue completato nel novembre del 2007, deve far fronte a due linee di credito di 400 milioni ciascuna. Di queste, una scadrà a maggio. Recentemente l´agenzia di rating Standard & Poor´s ha abbassato la valutazione sulla solidità del gruppo e Moody´s si prepara a fare altrettanto. Dall´inizio dell´anno il titolo del Nyt ha perso oltre metà del suo valore.
In Florida un altro gigante dei media, McClatchy, terzo gruppo editoriale degli Usa forte di 30 quotidiani, secondo indiscrezioni cerca acquirenti per il Miami Herald, offrendo non solo il quotidiano, ma anche il patrimonio immobiliare che lo accompagna, a partire dalla sede del giornale affacciata sull´Oceano. L´Herald, che ha una diffusione media di 210.000 copie, ha vinto 19 premi Pulitzer: un´ulteriore conferma che la qualità non è una garanzia contro il fallimento.
Ma la crisi offre nel anche nuove opportunità a chi resta solido. La Cnn, reduce da una stagione elettorale che l´ha vista regina degli ascolti, con conseguente aumento dei profitti pubblicitari. Il network fondato da Ted Turner nei giorni scorsi ha lanciato una sfida alla Associated Press e alla sua redazione planetaria (4.000 giornalisti sparsi in 243 uffici in 97 paesi del mondo). La CNN si offrirà come agenzia di stampa a basso costo ai giornali che ritengono l´abbonamento alla AP troppo caro.
Nello stesso tempo, però, la stessa Cnn sta tagliando: ha fatto rumore nel mondo dei media americani l´annuncio che verrà cancellata l´intera redazione scienza e ambiente, compreso il responsabile Miles O´Brien, un veterano della CNN e uno dei volti più noti del network. (repubblica.it)