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ASR: 2025 l’anno del contratto

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Care colleghe, cari colleghi,

il 2025 è iniziato con la chiusura di due testate: Metro, la più significativa esperienza di free press nel nostro paese, e Redattore sociale, agenzia di stampa nata per occuparsi di marginalità e volontariato.

Posti di lavoro che si perdono, nonostante i sacrifici a lungo sostenuti dai colleghi, voci che si spengono in un quadro che non è molto diverso da quello dell’anno scorso.

Aziende piccole e grandi si sono già attivate per fruire dei prepensionamenti previsti dalla legge 416 sugli stati di crisi nell’editoria, appena rifinanziata: per accedervi non serve neppure avere i conti in rosso e non si deve neanche rimpiazzare chi esce assumendo giornalisti.  

Sono sempre più frequenti i casi di testate in cui gli editori, pur destinatari di cospicui finanziamenti pubblici, non rispettano gli obblighi contrattuali e di legge nei confronti dei colleghi, a cominciare dal pagamento degli stipendi, senza rischiare nulla, confidando spesso nella garanzia di una sostanziale impunità.

Tutto questo dimostra, se mai ce ne fosse ancora bisogno, che le attuali leggi di sostegno al settore sono da rivedere radicalmente.  

L’editoria “di carta” è in crisi irreversibile, ma si sviluppa, con costi molto più bassi, quella digitale con nuove forme di introito, come la cessione ai “giganti del web” dei contenuti giornalistici, degli archivi e dei “dati di navigazione” dei lettori, merce preziosissima per marketing e pubblicità.

Insomma non ci sono solo le edicole che chiudono, c’è un’editoria che si trasforma. Sono nate nuove testate. Il caso di Open che ha convertito, come da impegni assunti al momento della fondazione, i contratti dei giornalisti Fnsi-Anso Fisc nei più onerosi Fnsi- Fieg dimostra che si può puntare sulla qualità riconoscendo le corrette retribuzioni.

Ma i grandi editori si rifiutano di comunicare alle rappresentanze sindacali i contenuti anche economici degli accordi con motori di ricerca, social network, portali, altre testate, strumenti di intelligenza artificiale; accordi che invece, secondo la legge, dovrebbero rendere noti ai rappresentanti dei lavoratori.  Spesso gli editori non corrispondono alcunché ai giornalisti per i contenuti ceduti a terzi, come imporrebbero il CNLG e la legge sul diritto d’autore.

Siamo pronti ad agire in ogni sede affinché i contenuti di questi accordi siano condivisi con il sindacato, sono infatti indispensabili per una concreta trattativa per il rinnovo del contratto Fnsi- Fieg, quello che è applicato alla maggioranza dei colleghi (i contratti con Aeranti-Corallo e Anso Fisc sono stati da poco aggiornati). 

Il contratto è scaduto da troppi anni e le retribuzioni sono state falcidiate dall’inflazione. La richiesta del sindacato è semplice: adeguare gli stipendi al costo della vita. Gli editori rispondono chiedendo altri tagli alle buste paga.  

Posizioni distanti. Tanto che non si può escludere la necessità di una mobilitazione di tutta la categoria. Perché sia efficace è necessaria condivisione con le redazioni.

La Fnsi ha aperto dei tavoli con tutte le componenti sindacali sui temi al centro del confronto con gli editori. Ė il metodo giusto, in discontinuità rispetto a ciò che accadde in occasione dell’ultimo rinnovo, anni or sono, quando fu gestito da un drappello di dirigenti, creando fratture non ancora sanate.  

Si dovrà discutere di nuove figure professionali e di Intelligenza Artificiale, che ha cominciato a fare capolino in qualche accordo. Bisogna evitare che gli editori ripetano l’errore commesso al tempo della cosiddetta rivoluzione digitale: considerare la tecnologia come uno strumento per ridurre il costo del lavoro, sfoltire le redazioni, e non come un’opportunità per produrre informazione migliore, più ricca e capillare, in grado di attrarre utenti.  

La scorciatoia illusoria che ha portato a marginalizzare il lavoro di inchiesta per un’offerta di informazione gratuita, omogenea, indistinguibile, di bassa qualità, “seduta”, è stata l’inizio del circolo vizioso che ha fatto avvitare la crisi.

Invece il giornalismo avrà un futuro solo se sarà valorizzato, anche grazie alla tecnologia, il fattore umano. Questo richiede investimenti, tempo, ricerca, approfondimento, presenza sul campo e retribuzioni adeguate.  

Gli stipendi si sono abbassati nel nostro paese anche perché si sono ridotti i diritti dei lavoratori, sempre più ricattabili e sfruttabili, e il potere contrattuale dei sindacati. Lo misuriamo ogni giorno nelle vertenze.

Per questo abbiamo aderito alla campagna di raccolta firme della Cgil per il referendum che si propone di ripristinare il vecchio articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, che prevedeva l’obbligo di reintegrare in azienda chi era ingiustamente licenziato. Era un deterrente contro ogni forma di abuso, sopruso, inadempienza dei datori di lavoro, che oggi invece possono fare strame dei contratti collettivi, non pagare il dovuto, pretendere più del dovuto, con un’arma formidabile contro chi si oppone o chiede il giusto: il licenziamento, senza la possibilità di essere riassunti in azienda grazie all’intervento di un giudice.

Un caso per tutti: recentemente in tribunale sono stati dichiarati illegittimi i licenziamenti alla Dire, da noi contestati dal primo minuto: solo per un collega, assunto prima della modifica dell’articolo 18, è stato disposto il rientro in azienda. Per gli altri ci sarà un indennizzo.

La questione retributiva è ancora più grave e urgente per i colleghi freelance, soggetti all’arbitrio degli editori, costretti a lavorare per paghe spesso non dignitose e incerte.  Nella recente conferenza stampa di inizio anno la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, sollecitata sul punto, ha detto di essere a favore dell’equo compenso per i giornalisti, la cui determinazione da molti mesi è bloccata in sede ministeriale, nonostante Ordine dei giornalisti e Fnsi abbiano consegnato da tempo le tabelle con gli importi, parametrati sulla retribuzione dei giornalisti in redazione.

Ė una battaglia che ci sta particolarmente a cuore. Ė grazie a un’iniziativa giudiziaria dell’Associazione Stampa Romana, insieme all’Associazione Siciliana della Stampa, se l’equo compenso dei giornalisti, avversato dagli editori, è stato messo in agenda.

Vedremo nei prossimi mesi se le parole di Meloni sono state di circostanza o se invece, come ci auguriamo, si è trattato di un auspicio in grado di sbloccare la situazione.

Bloccata è anche la Rai. Non ci riferiamo tanto allo stallo sull’elezione del presidente, quanto alla riscrittura, ancora in alto mare, delle regole per nomina di tutti i vertici. La impone, entro il prossimo otto agosto, pena una procedura di infrazione con conseguente sanzione economica, l’European Media Freedom Act (EMFA), un regolamento dell’Ue che stabilisce uno standard per i servizi pubblici ispirato a competenza, indipendenza e autonomia dei gestori, procedure trasparenti di nomina e controllo, certezza delle risorse.  

Ne abbiamo parlato lo scorso venti novembre alla Torretta, nel convegno su “Missione e governance del servizio pubblico” che abbiamo organizzato con l’associazione Articolo Quinto (riferimento alla specifica norma dell’EMFA), presieduta da Stefano Balassone, studioso di media ed ex dirigente di Viale Mazzini, con la partecipazione dei rappresentanti di quasi tutte le forze politiche, consiglieri di amministrazione Rai, sindacalisti, giornalisti, esperti.  Verificheremo tra non molto lo stato dell’arte con una nuova iniziativa.

Dare una prospettiva alla Rai, la più grande azienda editoriale del nostro territorio, significa darle solidità industriale e finanziaria. Anche per garantire il “giusto contratto”, ovvero il riconoscimento del CNLG, a tutti coloro che fanno la nostra professione nel servizio pubblico, ma sono diversamente inquadrati. Stampa Romana è e sarà accanto ai colleghi in questa battaglia, che deve essere affrontata anche nelle altre aziende in cui ci sono situazioni analoghe. La questione dei giornalisti senza contratto (e spesso senza una testata di riferimento) non riguarda solo la Rai, ma numerose emittenti private e i programmi di informazione appaltati a società esterne.

Ci sono vertenze collettive, a Roma e nelle altre province, che richiedono un impegno costante, con uno stillicidio di attacchi ai diritti, alle retribuzioni, ai posti di lavoro dei giornalisti, altre che invece procedono a strappi.  ‘Ė il caso di quella sulla cessione dell’Agi da parte dell’Eni, attualmente congelata.  Continuerà il nostro impegno perché sia tutelata l’indipendenza e l’autonomia dell’agenzia, perché non si impoverisca l’offerta di informazione primaria.

Ci sono le vertenze che riguardano i colleghi che lavorano nelle pubbliche amministrazioni. Un intervento legislativo che garantisca una completa agibilità sindacale è indispensabile, come è necessaria una legge chiara a tutela dei colleghi degli uffici stampa, nel pubblico e nel privato.

Ci sono poi molte vertenze individuali, di colleghi sottoposti a mobbing, demansionamenti, attacchi, abusi, che vedono non riconosciuti i diritti elementari.  Spesso sono i più deboli, i precari, le donne. Un fronte caldissimo su cui siamo impegnati quotidianamente.

Caldo è anche il dibattito sulla recente “manovra salvaconti” della Casagit, approntata in emergenza per mettere in sicurezza la Cassa di assistenza dei giornalisti: non ci convince. Chiediamo di modificarla, garantendo criteri più equi di contribuzione e solidarietà, che guardino alle reali facoltà economiche di tutti i soci, alle necessità dei più fragili, a sobrietà e sostenibilità. Su questo apriremo un dibattito pubblico, senza processi, ma esigendo comunicazione, trasparenza, condivisione, salvaguardando lo spirito originario con cui la Cassa fu fondata. Non possiamo rischiare che faccia la fine dell’Inpgi.

L’anno che si è chiuso ha posto con forza alcune questioni essenziali per la nostra professione: la libertà di stampa limitata dalle cosiddette “leggi bavaglio” e dalle querele temerarie; la necessità di confini netti tra informazione e pubblicità (la protesta dei colleghi di Repubblica è stata emblematica); la tutela dei cronisti minacciati e nelle zone a rischio; il diritto e il dovere di raccontare le guerre, senza piegarsi alle logiche di propaganda, rendendo la complessità e la drammaticità degli eventi. Sono vicende per le quali ci siamo mobilitati, con la Fnsi, con l’Ordine dei giornalisti del Lazio, con altre associazioni di cittadini, come nel caso della protesta contro la strage degli operatori dell’informazione a Gaza, o per la liberazione di Cecilia Sala.

Ė in queste circostanze che si manifesta la necessità e la forza di un sindacato unitario come il nostro. Stampa Romana continua a essere la casa di tutti. Le scissioni danneggiano la categoria, possono dare vantaggi solo a qualche furbacchione o a datori di lavoro ammiccanti a contratti più penalizzanti per i dipendenti. Ci adoperiamo e continueremo a farlo per scongiurare ogni divisione, per ricomporre divisioni ed esodi.

In questo scenario, senza dubbio difficile, ci sono anche luci che infondono fiducia. A cominciare dall’attività di formazione garantita, come tutte le attività dell’Associazione, dall’impegno volontario di colleghi generosi: l’offerta di corsi, varia e di qualità, anche in collaborazione con le Università e altre istituzioni, riscuote consensi. Lo scorso anno abbiamo partecipato con un nostro workshop sull’Intelligenza Artificiale a Videocittà, la rassegna internazionale sulla cultura digitale e l’audiovisivo che si è tenuta nell’area del Gazometro di Roma. Un’esperienza positiva e qualificante, che ripeteremo.

A confortarci in questo anno sono stati gli sguardi interessati degli studenti che hanno ascoltato, agli incontri organizzati da Ossigeno per l’Informazione, le storie dei giornalisti e delle altre vittime della mafia, l’inchiesta bellissima sull’estrazione e il commercio del petrolio iracheno che si è aggiudicata il Premio Ivan Bonfanti, realizzata da Fada, un collettivo di reporter indipendenti.

Soprattutto ci incoraggia l’affetto di tanti colleghi in difficoltà che hanno trovato aiuto e sostegno dalla nostra Associazione e l’impegno di tutti quelli che si spendono al servizio della nostra comunità e della nostra bellissima professione.  

A tutti gli iscritti, la forza del sindacato,

Un caro saluto

Stefano Ferrante

Il network