Roma, 22 apr 2010 – La parola ´cacciare´ non la dice in pubblico, ma e´ esattamente quello che Silvio Berlusconi vorrebbe fare con Gianfranco Fini. In ogni caso la sua minaccia alla terza carica dello Stato e´ chiara: se non si allinea e´ fuori dal Pdl. In questo e´ convinto di essere sostenuto dal testo che riesce a far approvare a larga maggioranza, schiacciando i ´finiani´ nell´angolo. Un documento che recita: le decisioni sono prese a maggioranza e sono vincolanti per ´´chiunque faccia parte del Pdl´´. Tradotto: chi sgarra e´ fuori dal partito. Ma il presidente della Camera non ci pensa proprio a farsi da parte. Lo dice in pubblico, ma anche in privato. ´´Non ho nessuna intenzione di lasciare la presidenza della Camera, ne´ tantomeno il partito: ho pieno diritto di porre questioni politiche´´. L´obiettivo, spiegano apertamente i suoi, e´ quello di fare una ´´minoranza politico-culturale´´ all´interno del Pdl. Non una corrente per avere posti, ma ´´un´area´´ dentro il partito. Questioni semantiche che non spostano i termini della questione: Fini non intende retrocedere. L´epilogo della Direzione Nazionale va ben oltre qualsiasi piu´ nera previsione: la frattura appare ormai definitiva. Anche perche´ va in onda in diretta, sotto l´occhio delle telecamere. E nessuno dei due ora puo´ fare marcia indietro. Non puo´ Fini. Non a caso i fedelissimi gli attribuiscono frasi al vetriolo: il partito non e´ un´azienda, non puo´ licenziarmi come se fossi un suo dipendente. Anzi, il presidente della Camera preannuncia battaglia e lo dice apertamente a Sandro Bondi che poi riferira´: mi ha detto che intende fare scintille in Aula. Ed e´ proprio quello che Berlusconi teme. La ´´guerriglia´´ dentro il Parlamento. Una continua conta di ´finiani´ e ´lealisti´. Un incubo. Ma contro questa balcanizzazione del Pdl, il Cavaliere pensa di avere un asso nella manica: il documento votato in Direzione, appunto. Certo avrebbe preferito un finale diverso: sarebbe stato meglio se mi avesse detto ´me ne vado´, ha confidato il premier ai piu´ stretti collaboratori. Un ragionamento che prosegue cosi´: ma non ci pensa proprio vuole restare e logorarmi, ma io non ho nessuna intenzione di lasciarglielo fare e ora, grazie al documento approvato, ho lo strumento per sbattere fuori dal partito chi non si allinea alle decisioni. L´interpretazione data del premier e´ chiara: e non vale solo per l´aula. Non pensino di andare in televisione a remare contro – ha ragionato con i piu´ stretti collaboratori – come hanno fatto finora i vari Italo Bocchino o Adolfo Urso: perche´ non staro´ a guardare, mentre mettono alla berlina il partito. Se lo fanno, sono fuori. Il Cavaliere e´ convinto che questo possa scoraggiare molti ´finiani´. Gli altri si convinceranno. Ecco perche´ e´ fiducioso che il governo possa andare avanti anche in caso di strappo definitivo. Se cosi´ non fosse, e´ il suo monito, vi sarebbe una sola via d´uscita: il voto anticipato. L´analisi del voto sul documento comunque lo conforta. Giudica ´´devastanti´´ i risultati per Fini che porta a casa un misero 6%. Con questi numeri, si e´ chiesto, come si fa a continuare a rivendicare per se´ la presidenza della Camera? Intanto la resa dei conti e´ gia´ cominciata: fra i ´berlusconiani´ e´ gia´ partita: i ´berlusconiani´ meditano un documento di sfiducia contro Italo Bocchino. Sul fronte degli alleati, i vertici del Carroccio per il momento stanno a guardare, con una certa preoccupazione per l´esito della delicata partita delle riforme. L´unico ad esprimersi e´ Roberto Castelli. Per il leghista, l´ex leader di An ha ´´tradito´´ il patto con gli elettori. E chi fra i berlusconiani pensa di poter sostituire i finiani con l´Udc rischia di rimanere deluso: Lorenzo Cesa, segretario dei centristi, sottolinea infatti che ´´da due anni l´Udc dice le stesse cose sostenute da Fini´´. Come dire: con noi dentro la maggioranza la musica cambierebbe poco. Il Quirinale non si esprime, ovviamente. Ma dal Colle, trapela che il capo dello Stato osserva attentamente la situazione. (ansa)_____________________________________________PDL: CLAUSOLA ANTI-FINI IN DOCUMENTO, SANCITA ROTTURA. Rivendicazione dei ´´due anni di successi in tutte le consultazioni elettorali e dei risultati del governo´´, riconoscimento di ´´una forte e autorevole leadership del presidente´´, un programma di governo per i prossimi tre anni ma soprattutto una ´clausola´ per ´´il rispetto delle decisioni votate democraticamente´´ che dovrebbe ´silenziare´ il dissenso di Gianfranco Fini. Sono questi i punti principali del documento finale approvato con una maggioranza ´bulgara´ dalla Direzione Nazionale del Pdl e che ha sancito di fatto la rottura tra il premier ed il presidente della Camera. Un documento che riceve soltanto dodici voti contrari, calcolando anche quello del ministro Andrea Ronchi, reso noto in serata, e l´astensione dell´ex ministro dell´Interno, Beppe Pisanu, al termine di una ´´giornata amara´´, per usare le parole di Gianni Alemanno, all´Auditorium della Conciliazione di Roma. Il documento raccoglie parte dei contributi dei relatori che si sono alternati sul palco ma soprattutto scava un solco profondissimo tra i due cofondatori del Pdl. L´orgoglio per ´´la vittoria´´ che permette al partito di governare su ´´40 milioni di italiani a livello regionale´´ lascia subito spazio ad una analisi delle ´´tensioni interne incomprensibili dopo due anni di successi´´. Nel documento si sottolinea come ´´certe polemiche fossero pretestuose o comunque non commisurate ad un dibattito responsabile e costruttivo´´, un dibattito che nelle intenzioni dei sottoscrittori del documento dovrebbe portare alla ´´realizzazione del programma´´ che impegna il governo su ´´spesa pubblica; riforma fiscale; sostegno a famiglie e imprese; riforma della P.A. ; piano per il Sud; lotta alla criminalit… organizzata; grandi infrastrutture; riforma della giustizia e riforme istituzionali, ivi compresa la modifica dei regolamenti parlamentari´´ a cui proprio Fini si e´ spesso detto contrario. Obiettivi per i quali si indica come necessaria ´´la forte ed autorevole leadership´´ di Berlusconi, anche perche´ ´´la leadership forte ormai e´ caratteristica dei moderni sistemi politici´´ e perche´ gli italiani ´´certo non rimpiangono leadership e governi deboli´´. Leadership che Fini, pur riconoscendo a Berlusconi nel suo intervento, sembra mettere in discussione quando chiede di poter ´´dissentire´´. E non a caso il documento sottolinea che ´´in un grande partito e´ possibile discutere di tutto´´ ma a patto ´´che tutti si adeguino al risultato del voto´´ delle decisioni degli organi di partito. Ed e´ qui che viene inserita la ´clausola anti-Fini´. ´´Il principio della democraticita´ non esonera dalla possibilita´ di assumere decisioni – si legge – e una volta che tali decisioni sono state assunte all´unanimita´ o a maggioranza, esse acquistano carattere vincolante per chiunque faccia parte del Pdl, sia che le abbia condivise sia che si sia espresso in dissenso´´. ´´In tal senso questa Direzione Nazionale – si sottolinea – da´ mandato al presidente e ai coordinatori di assumere ogni iniziativa utile ad assicurare la realizzazione del programma e delle decisioni assunte dagli organi statutari, stabilendo il rispetto delle decisioni votate democraticamente´´. Nessuno spazio neanche alle ´´correnti o componenti´´ perche´ ´´negano la natura stessa del Pdl ponendosi in contrapposizione con il suo programma stipulato con gli elettori e con chi e´ stato dagli stessi elettori designato a realizzarlo´´. Ma al presidente della Camera viene fatta pesare anche l´assenza in alcuni momenti ´clou´ del partito, sottolineando come non siano possibili ´´deroghe´´ alle regole ´´come e´ stato ribadito anche a piazza san Giovanni lo scorso 20 marzo´´, occasione alla quale Fini, in quanto presidente della Camera, decise di non partecipare. E´ la maggioranza ´bulgara´, citata prima dal premier per indicare l´indice della sua popolarita´, a dare maggiore sicurezza a Berlusconi. Il documento finale riceve, infatti, l´approvazione del 93% dei votanti; contro, ovvero a favore di Fini, vota soltanto il 6,39% mentre l´unico astenuto Beppe Pisanu raggiunge statisticamente lo 0,5%.(ansa)____________________________________________Contano i gesti più delle parole. Contano quei volti contratti, quel gesticolare, quell´ira trattenuta a stento che poi esplode. E che arriva a concretizzarsi in una sorta di “licenziamento” in diretta. Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini che, davanti alla platea della direzione del Pdl, rendono palese un contrasto che li divide da tempo. Fino ad oggi celato, raccontato nei retroscena, affidato, per via indiretta, ai rispettivi fedelissimi. Ed oggi esploso pubblicamente in tutta la sua drammaticità. I due se le sono dette “in faccia”, dando evidenza a quell´antipatia politica ma anche umana che li divide da tempo. Poi nel tardo pomeriggio c´è la votazione sul documento finale, e in serata l´ultimatum dettato ai suoi fedelissimi dal Cavaliere: “Se lui non si allinea è fuori”. Si sapeva che la direzione di oggi sarebbe stato un appuntamento ad alta tensione. Si sapeva, ma nessuno immaginava che lo scontro sarebbe stato così violento. Si sapeva che Fini, pur consapevole di parlare ad una platea tutt´altro che favorevole, non avrebbe fatto un passo indietro. “Basta mettere la polvere sotto il tappeto”. E così è stato. Il presidente della Camera ha visto la sfilata dei ministri che rivendicavano, puntigliosamente (e “puerilmente” chiosa Fini), l´operato del governo, ha sentito Berlusconi annunciare il congresso del Pdl entro l´anno e poi è salito sul palco. Un´ora di discorso in cui il presidente della Camera non è arretrato di un passo. Davanti ad un Berlusconi sempre più infastidito dalle sue parole, Fini, ha esordito così: “Non credo che la libertà di opinione possa rappresentare il venir meno alla lealtà all´interno del Pdl solo perché si danno indicazioni diverse da quelle che vanno per la maggiore”. E su questo tasto Fini punta molto. Rimanda al mittente le accuse di “tradimento”, di “eresia”, di muoversi per “interessi personali”. Ricorda le “bastonature mediatiche ad opera di giornali proprietà di familiari del premier”. Tutte accuse che, da tempo, si sente rovesciare addosso dai media vicini al Cavaliere e dai molti fedelissimi del premier. Lui, e lo si capisce mentre parla, ha in mente un partito diverso dal Pdl di oggi. Che, dice chiaro, partito non è. Semmai è un´aggregazione dove vige il “centralismo carismatico”, dove non si discute, dove si creano situazione come la spaccatura in Sicilia. Una formazione che sembra inerte davanti alle pressioni della Lega. “Al nord siamo diventati la fotocopia della Lega, l´identità del Carroccio è chiara, la nostra al nord non lo è. Appiattirsi sulle posizioni di Bossi è pericoloso, nel centrosud sono preoccupati per l´influenza della Carroccio”. A pochi metri Ignazio La Russa, plenipotenziario del Pdl lombardo e ex fedelissimo di Fini, guarda fisso gli appunti. Il volto di Berlusconi è terreo. Fini va avanti. E si rivolge direttamente al premier, dando inizio al botta e risposta che sfocerà nel durissimo scontro finale. Sono tanti i temi che il presidente della Camera pone. Ma, al di là, delle varie critiche, è proprio l´idea di quello che è il Pdl oggi che a Fini non piace. Per questo definisce quella di oggi “una giornata di svolta”. Il giorno in cui non si potrà fingere che non esista una componente, minoritaria, all´interno del partito portatrice di idee diverse da quelle dominanti. Fini, questo lo rivedica, e non vuole sentirsi dare dell´eretico. Il partito che Fini ha in mente è quello che sui temi dell´immigrazione si schiera con le tesi dei partito popolare europeo improntate al rispetto della “dignità umana” e non su quelle della Lega (“ma le posizioni del Carroccio sono le stesse che aveva An” gli sbatte in faccia il premier), un partito che assume la legalità come valore, che celebra, senza reticenze, l´unità d´Italia che non delega tutte le scelte al governo. Berlusconi è sempre più insofferente. Si sfrega i polpastrelli a significare un apprezzamento negativo sulla sostanza. Verdini, al suo fianco, cerca di rabbonirlo. Ma Fini non si fa intimidire, ricorda i tanti che nel Pdl “pubblicamente” si sperticano in elogi e poi “vengono da me a lamentarsi di come vanno le cose”. E porta sul palco anche un tema incandescente come quello della giustizia. “Ricordi il processo breve? Quella era un amnistia mascherata” incalza Fini ricordando “un litigio forte” col premier. “Mi devi dire – si chiede Fini – che cosa c´entra la riforma della Giustizia se poi passano questo tipo di messaggi”. Si va avanti così. Con il presidente della Camera che chiede di “rivedere” il programma economico del Pdl”, che mette in guardia dall´attuazione del federalismo che il Carroccio vuole a tutti i costi. “Ma avete parlato con i nostri governatori del centrosud che sono preoccupati per come finirà?” continua Fini chiedendo la creazione di una commissione del partito sui decreti attuativi (l´unica cosa che Berlusconi accetterà). Dopo un´ora Fini conclude. Pochi gli applausi e frettolosa le stretta di mano con Berlusconi. Il premier scatta verso il microfono. Doveva parlare stasera ma la rabbia è troppa. E quello che dice dal palco ne è la chiara espressione: “Dici cose senza grande rilevanza politica e oggi hai cambiato totalmente posizione. Martedì mi hai detto di essere pentito di aver collaborato a fondare il Pdl e che volevi fare un gruppo parlamentare diverso”. Boato della platea. Fini è rosso in volto. Berlusconi è senza freni: “Delle cose che hai chiesto non avevo notizia, comunque ne discuteremo. Lascia stare la Sicilia che ci sono dentro i tuoi uomini e ti ho già detto che voglio vendere il Giornale”. Si arriva così al rush finale gettato in faccia a Fini tra gli applausi della sala: “Dici che sei supert partes? Per queso non sei venuto a piazza San Giovanni? Allora se vuoi fare politica lascia la presidenza della Camera”. Il presidente della Camera agita il dito e urla: “Che fai mi cacci?”. Poi si riunisce con i suoi sostenitori e decide che nessun finiano interverrà in direzione. Poi annuncia: “Non ho nessuna intenzione di dimettermi dalla presidenza della Camera. Nè tantomeno di lasciare il partito. Oggi è un giorno importante per il Pdl: viene meno la fase dell´unanimismo o della totale convergenza e si apre una positiva e democratica fase di discussione”. Il documento finale della direzione definisce “poco comprensibili e pretestuose” le polemiche, punta il dito contro “le ambizioni personali e le correnti” e riafferma fedeltà e “gratitudine” al Cavaliere. I voti contrari sono 12 (tra cui quello del ministro Ronchi), contro i 20 inizialmente previsti, ma Bocchino spiega: “C´erano molti assenti, non abbiamo perso nessuno, anzi abbiamo guadagnato due ex di Forza Italia”. Ma è forse nell´epilogo il senso vero di questa giornata. “Avrei preferito che dicesse ´me ne vado´ – dice in serata il Cavaliere ai suoi – invece non ci pensa proprio: vuole restare e logorarmi. Ma non ho nessuna intenzione di lasciarglielo fare e ora, con il documento approvato dalla Direzione Nazionale, abbiamo lo strumento per sbattere fuori dal partito chi non si allinea alle decisioni”. Ma non basta: secondo il premier il voto al documento finale ha dimostrato che Fini ha il 6% dei consensi nel partito, quindi presto bisognerà porsi il problema di come con questi numeri possa ancora ricoprire un ruolo così importante come quello di presidente della Camera. In altre parole, Berlusconi sta studiando se e come poter davvero allontanare l´attuale presidente dallo scranno più alto di Montecitorio. Ultimo passaggio del suo ragionamento esposto ai fedelissimi: “I numeri ci sono, noi andiamo avanti a governare. E´ chiaro che se non c´è la possibilità di governare si va a votare”. Viene da chiedersi che accadrà adesso. Che fine avrà questa storia. Ammesso e non concesso che lo scontro di oggi non l´abbia già scritta. (repubblica.it)____________________________________________FINI,L´UOMO DEGLI STRAPPI RESTA NEL PDL, MA IN MINORANZA. A Gianfranco Fini piacciono i record. Primo uomo della destra a salire sullo scranno piu´ alto della Camera, dopo aver per primo denunciato il rischio del ´cesarismo´ nel Pdl nel 2008, ora e´ il primo a costituire una pattuglia di opposizione interna pronta a battersi e a fare il ´controcanto´ a Silvio Berlusconi nel Pdl. E cosi´ da ´delfino´ di Almirante e ex ´delfino´ designato di Berlusconi, l´ex segretario dell´Msi e di An, riscopre una vecchia vocazione politica che gli uomini della destra hanno sperimentato a lungo: quella della battaglia di minoranza. Per ora la denuncia del ´cesarismo´ non contempla nessun ruolo da ´Bruto´, ne diretto ne´ indiretto, ma solo una orgogliosa rivendicazione delle ragioni della politica. Un ulteriore ´strappo´, non il primo nella biografia di Fini dopo lo ´sdoganamento´, il passaggio da Msi ad An e lo scioglimento del partito e la nascita del Pdl. Con una strada tutta in salita che gi… dall´inizio dell´avventura del Popolo della liberta´ aveva evidenziato la logica diversa con cui gran parte degli uomini di An guardava al futuro del nuovo partito.´´Se avessi avuto un problema di prospettiva personale, mi sarei tenuta stretta An. Io, anche se qualcuno adesso non mi credera´, voglio fare il Pdl, ma non per me´´. Tre righe che bastarono a Gianfranco Fini, alla vigilia dello scioglimento di An nel Pdl, per dire come stavano le cose. Alla Camera dei deputati Fini arriva a 31 anni, nel 1983. Da allora non ha mai lasciato Montecitorio. La sua carriera politica inizia da giovane segretario del Fronte della Gioventu´, nel ´77. Solo dieci anni dopo, alla festa del Msi-Dn a Mirabello, Giorgio Almirante lo indica poco prima di morire come suo delfino. Nel congresso di Sorrento, a dicembre, Fini viene eletto segretario e (a parte la breve parentesi della segreteria di Pino Rauti tra il ´90 e il ´91) resta alla guida prima del Msi e poi di Alleanza Nazionale. Il suo curriculum e´ pieno di attestati: vicepresidente del Consiglio nel secondo governo Berlusconi, tra i costituenti alla Convenzione europea, ministro degli Esteri dal novembre 2004. Pochi mesi dopo, con la svolta di Fiuggi, Fini chiede ai camerati missini di ´´lasciare la casa del padre´´, per poi incamminarsi su una strada di drastiche revisioni storiche: le visite a San Sabba, alle Fosse Ardeatine e ad Auschwitz, il mea culpa sulle leggi razziali, la catalogazione della Repubblica Sociale tra le pagine vergognose della storia italiana, il fascismo nell´alveo di cio´ che fu il ´Male Assoluto´, il mutato giudizio su Mussolini non piu´ grande statista del ´900. Fino allo storico viaggio in Israele, a lungo negato, dove il leader della destra italiana riceve l´accoglienza solenne riservata a capi di Stato e premier e passa la cruna dell´ago del giudizio degli ´italkim´, gli ebrei italiani che fino all´ultimo si erano rifiutati di stringergli la mano. Intanto, Fini gira l´Europa da Costituente: Londra, Madrid, Parigi, Berlino, Vienna, tutte le capitali dell´Est. Un instancabile viaggiare nel mondo, fino ai faccia a faccia con i grandi della terra: a Mosca nella Dacia di Putin, al Cairo con Mubarak, a Washington e New York, Hanoi, Nassiriya, Kabul. Il leader di An mette crediti diplomatici nel suo carniere, poi utili per l´approdo alla Farnesina. Insieme, un tragitto parallelo fatto di scelte politiche e piccoli passi privati. La fondazione ´FareFuturo´, la caparbia volonta´ di andare verso la grande famiglia popolare europea, le ´rotture´ per rimodulare in chiave di modernita´ tutte le parole d´ordine della destra: patria, famiglia, identita´ nazionle , sicurezza, giustizia sociale, lotta al crimine, meritocrazia. E le battaglie su temi etici, droga, laicismo, la proposta choc del voto agli immigrati, l´appoggio a sorpresa alla fecondazione assistita. Fino alla nuova svolta politica, con la scelta di sciogliere Alleanza Nazionale nel Popolo delle Liberta´ e di archiviare quindi per sempre la ´piccola fiamma´ nata nel dopoguerra. Ora, a poco piu´ di un anno dalla nascita del partito, arriva un nuovo ruolo per Fini. Un ritorno all´antico per guardare al futuro. (ansa)