Roma, 20 mag 2010 – L´accordo e´ ancora li´ in attesa di essere firmato e, se qualcuno vuole che Michele Santoro resti in Rai, allora glielo deve chiedere. Solo in questo caso lui e´ pronto a restare: Santoro – nell´anteprima di Annozero – parla a lungo, sviscerando il tema che lo ha visto protagonista in questi ultimi giorni, quello del divorzio consensuale dalla Rai. Il conduttore si presenta ai suoi spettatori con un cipiglio battagliero e finalmente si libera di molti pesi in una sorta di catarsi: replica a Bruno Vespa, al Corriere della Sera e a Repubblica che lo ha accusato di aver deposto le armi, a Sergio Zavoli quando parla di moralita´, al centrodestra di Silvio Berlusconi e allo schieramento opposto di Pierluigi Bersani. Quello che emerge e´ una profonda insofferenza di Santoro il quale non e´ piu´ disponibile a farsi insultare e attaccare, a sentirsi come un clandestino a bordo, ad accettare che Annozero sia percepito come un corpo estraneo alla Rai e non il suo fiore all´occhiello. Il conduttore, in sintesi, non vuole stare piu´ nella Rai solo in virtu´ della sentenza di un giudice. ´´Gli unici ad avere sicuramente ragione – e´ l´incipit dell´invettiva di Santoro – sono i telespettatori che possono perfino insultarmi. Un programma come il nostro non crea un movimento politico ma una comunita´. Per cui quando il programma che noi preferiamo ci viene portato via, ecco che lo spettatore giustamente si incazza´´. Piccolo preambolo per entrare nel vivo del tema e respingere alcune lezioni di morale, una in particolare, quella di Bruno Vespa: ´´Ora, che Vespa, pagato come l´ultimo Oscar da protagonista per fare un programma in crisi, dia lezioni a noi, e´ veramente troppo´´. ´´Otto anni fa – ricorda il conduttore – ci fu l´editto bulgaro che non e´ stato mai rimosso. E sapete perche´? Perche´ io e i miei collaboratori siamo rimasti praticamente fermi, congelati nella situazione di allora. E siamo tornati in onda solo per le sentenze della magistratura´´. Ma, nonostante i due pronunciamenti dei giudici, continua, ´´i partiti di destra e di sinistra che controllano la Rai non ne hanno mai voluto prendere atto e, infatti, hanno sempre fatto ricorso. E adesso siamo alla Cassazione´´. ´´Nel frattempo – rivendica il conduttore – Annozero andava e realizzava grandissimi profitti. Mentre la Rai incassava questi profitti, i contratti venivano bloccati, le posizioni congelate, subivamo minacce di punizioni, si invocavano regole e regolamenti. Ora qualcuno scrive che sono stanco e provato da tutto questo. Ma non sono ne´ stanco ne´ provato´´. ´´Quale giornalista Rai, di Repubblica o del Corriere della Sera – chiede Santoro con veemenza – avrebbe messo in onda Patrizia D´Addario quando aveva sul tavolo una diffida dell´ufficio legale della Rai a dieci minuti dall´inizio del programma? Allora, quando Curzio Maltese scrive che Santoro si e´ arreso a Berlusconi, e´ grave perche´ io non mi sono mai arreso a nessuno nemmeno all´indifferenza del suo giornale, Repubblica, verso i problemi che riguardano la liberta´ del giornalista televisivo. Dove era Repubblica quando noi venivamo sanzionati dall´Authority in dispregio a quello che prevede la Costituzione sulla liberta´ di espressione? Dov´erano quando si abolivano i docudrama e si intraprendeva una battaglia contro il fatto che un genere che impera in tutta Europa in Italia diventava proibito?´´. ´´Scusate, direttore del Corriere della Sera, direttore di Repubblica, direttore della Stampa, rispondete a questa domanda: se non fossero uscite le intercettazioni dell´inchiesta di Trani e se fosse arrivata la sanzione di 90 milioni di euro — chiede – che cosa avreste scritto? Che finalmente veniva cancellato Annozero, un programma indegno, magari una vera barbarie dal punto di vista del servizio pubblico´´. Insomma, Santoro vuole che si dica con chiarezza se lui e´ una risorsa o un problema. E, nel secondo caso, meglio sarebbe lasciarlo andare per ripetere magari esperienze analoghe a quelle di Raiperunanotte. ´´Se mi considerate un estraneo, allora arrivederci e grazie´´, chiude con estrema chiarezza. (ansa)