1 aprile 2017 – Nelle cessioni degli immobili agli inquilini effettuate dagli enti pubblici, la percentuale di acquirenti si è attestata spesso attorno al 90 per cento. Nelle vendite decise invece dalle Casse private, l’operazione è stata considerata di successo quando la quota di inquilini acquirenti superava il 60-65 per cento. Ma l’Inpgi canta vittoria perché meno della metà degli inquilini ha prenotato un alloggio della prima delle quattro tranches di vendita. Più esattamente, siamo al 45 per cento delle prenotazioni, sul piano nazionale: un dato per giunta da confermare, perché vi saranno anche offerte d’acquisto vincolate alla vendita di altri immobili, alla cessione di una casa al mare o in campagna, all’ottenimento effettivo del mutuo.
Questo 45 per cento, fa sapere la seconda newsletter diramata da “Inpgi notizie” nell’arco di pochi giorni, darà un ristoro di oltre 57 milioni di euro alle disastrate casse dell’Istituto di previdenza dei giornalisti. L’Inpgi però dalla prima tranche di vendite, alle condizioni decise il 19 dicembre scorso, contava di realizzare 213 milioni di euro, e se il 45 per cento di inquilini effettivamente comprerà, potrà dire di aver raggiunto, in termini finanziari, appena il 26,7 per cento del suo obiettivo. Domanda: riuscirà a centrarlo tutto, offrendo ora gli immobili invenduti a terzi, in un momento di grave crisi del mercato e delle capacità economiche delle famiglie, considerando che gli alloggi liberi (circa un centinaio in questa tranche) dovranno essere ceduti al prezzo di listino senza poter applicare sconti, come da verbale sottoscritto nell’ultimo incontro tra Investire e sindacati?
Avevamo promesso un commento quando I’Istituto avesse comunicato i dati stabile per stabile, ricevuti da Investire, la società di gestione del Fondo Inpgi che sta curando le vendite. Ora lo ha fatto, e diamo quindi prima spazio a ciò che è scritto nella newsletter. Intanto, si ribadisce con soddisfazione che il 45 per cento deriva da un 42 per cento di vendite “fuori Roma” e un 52 per cento a Roma. Iniziamo dagli immobili fuori della capitale: a Torino via Verdi è stato prenotato soltanto il 20 per cento degli immobili, ad Arenzano il 22 per cento, a Milano via Fraschini e via Romeo il 58 per cento e il 35 per cento a via Taranto e via Faenza. A Napoli S.Giacomo dei Capri siamo al 38 per cento, a Santa Maria a Cappella Vecchia al 14. A Bari via Lenoci saliamo al 78. E poi Roma: a via Chini ha prenotato il 71 per cento degli inquilini, a via Clelia il 56, a via Trionfale il 50, a via del Casaletto il 46 per cento, a via dei Lincei il 44 e, ultima dell’intera prima tranche. via Sanzeno, con solo il 6 per cento di prenotazioni, causa un vistoso errore di supervalutazione delle due palazzine.
“Particolarmente importanti sono le percentuali di adesioni di Roma e di Milano” scrive l’Inpgi nella sua newsletter, per trarre queste conclusioni: “Evidentemente i prezzi sono stati ritenuti dagli inquilini in linea con i valori di mercato e il criterio individuato per definirli può a questo punto essere considerato valido per le prossime tranche del processo”.
Poi il bilancio finanziario, che abbiamo già anticipato: “Verranno recuperate risorse per oltre 57 milioni, ai quali vanno aggiunti circa 4,6 milioni di euro per unità ad uso terziario in via Taranto a Milano e via Parigi a Roma”. Infine una stoccata alle proposte del sindacato, che chiedeva di partire dai costi di mercato reali delle compravendite, come fotografati dal capillare Osservatorio Omi dell’Agenzia delle Entrate, scontati del 30 per cento: “Le ipotesi alternative non avrebbero raggiunto lo stesso obiettivo. Se per esempio fossero state applicate alla prima tranche le proposte dei sindacati, l’incasso per l’Istituto, a parità di adesioni sarebbe stato di 47 milioni” e cioè dieci in meno “ma anche ipotizzando un’adesione più alta, ad esempio il 70 per cento, l’incasso sarebbe stato di 59 milioni, lo 0,3 per cento in più”.
Cominciamo col confutare quest’ultima considerazione. Il fatto che a prezzi di vendita migliori e più vicini al valore di mercato degli immobili il numero di adesioni sarebbe stato lo stesso, è semplicemente al di fuori di una logica di mercato, e dunque non va nemmeno preso in considerazione. Che invece con il 70 per cento di adesioni, l’incasso sarebbe stato soltanto dello 0,3 per cento in più, è un dato tutto da dimostrare. Con valori più congrui e più trasparenti di quelli imposti da Investire, che ha fatto media fra Omi e Scenari Immobiliari più sconto del 25 per cento per l’inquilino, sarebbe certamente più agevole e veloce cedere a terzi l’invenduto occupato e quel centinaio di immobili liberi che, non rispettando le quotazioni di mercato, resteranno per anni e anni sul groppone dell’Inpgi. Tanto per capire di cosa stiamo parlando, Scenari immobiliari ha stimato via Sanzeno a 7 mila euro al metro quadro, valore che è arduo riscontrare in zone ben più centrali come Prati, via Po, Corso Trieste.
Detto in due parole: l’Inpgi ha raggiunto a stento il 27 per cento del suo obiettivo finanziario e colmare il 73 per cento che manca sarà un’impresa quasi impossibile.
In ogni caso di lunghissimo periodo. Si rischia di avere per anni palazzi per metà in proprietà e per metà in affitto, proprio quello che si voleva evitare. A meno di una svendita, che Investire si è impegnato a non realizzare. Secondo le stime della Società di gestione del Fondo Inpgi, la proposta del Siai, del Sunia e degli altri sindacati avrebbe fatto incassare a fine operazione “prima tranche” 177 milioni e 600 mila euro, 47 milioni in meno rispetto a quella di Investire, ma ben più concretamente e velocemente incassabili. E’ stato un grave errore non accettarla, per la salute dell’Istituto e dei suoi 59 mila iscritti.
Risalendo su per li rami, ecco un’ammissione clamorosa e inquietante, a proposito di svendite: è stato effettivamente ceduto a poco prezzo l’ufficio di 800 metri quadri che l’Inpgi possedeva in via Parigi, già sede dell’Ordine nazionale dei giornalisti, che nel bilancio 2015 compariva con un valore di 9 milioni e mezzo di euro. In un articolo pubblicato su questo sito a fine gennaio (“Il mistero di via Parigi”), si ipotizzava che, con un’operazione rimasta misteriosa, senza pubblicità sul sito, senza passare per il Cda dell’Inpgi, fosse stato svenduto a 3 milioni e 800 mila euro. A darne conferma indiretta adesso è proprio l’Inpgi, se è vero che sono stati ceduti per 4,6 milioni di euro due immobili ad uso terziario, in via Taranto a Milano e, appunto, in via Parigi a Roma. Nelle due commissioni Alloggi e Dismissioni, convocate per il prossimo 6 aprile a Roma, ci sarà un esponente che avrà il coraggio di domandare che cos’è successo, oltre a farsi portavoce di tutti questi nostri dubbi?
Veniamo ora ad esaminare i singoli casi citati dall’Inpgi, smitizzando intanto l’enfasi delle percentuali. Se si dice che ad Arenzano ha comprato il 22 per cento degli inquilini, vuol dire che tre hanno prenotato e uno ha chiesto il diritto di usufrutto, perché gli appartamenti sono 22. E se si dice che a via Verdi a Torino ha comprato il 20 per cento, è perché in tre hanno dato la loro adesione. A Napoli, in via San Giacomo dei Capri, hanno comprato in 41, il 38 per cento degli inquilini, ma gli appartamenti invenduti sono 88. Il 46 per cento del Casaletto diventa il 27 per cento, sul numero totale degli appartamenti. Il 6 per cento di via Sanzeno significa che ha presentato l’offerta di vendita una persona sola, e che 29 appartamenti restano da vendere. A questo punto sorge una domanda: per tutti gli immobili citati il processo di vendita proseguirà? Non era stato ripetuto continuamente che sarebbero stati tolti dal mercato gli immobili dove le prenotazioni fossero state troppo poche? Ci aspettiamo immediati chiarimenti da Inpgi-Investire anche su questo punto.
Un cenno, adesso, alle operazioni di successo: sono state proprio con i prezzi di partenza vicini a quelli dell’Osservatorio Omi dell’Agenzia delle Entrate. Così a Milano Fraschini-Romeo, dove si è venduto con lo sconto a 1800 euro a metro quadro, o a Bari via Lenoci, dove si è scesi addirittura a 1770. Ampiamente previsto anche il successo di via Chini a Roma, dove si è venduto a 2.620 euro a metro quadro, e l’Inpgi ha messo sul piatto più di 1 milione di euro di lavori. A via Trionfale, cento metri dall’angolo con via della Camilluccia, cinque su dieci hanno comprato o chiesto l’usufrutto (conquista, non dimentichiamolo, ottenuta dai sindacati) e il residuo 50 per cento degli appartamenti risulta non occupato: ma i prezzi sono abbastanza appetibili anche per chi compra a libero. La scarsa trasparenza dei criteri adottato ha prodotto differenze inspiegabili da zona a zona.
Nei prossimi giorni, ha annunciato l’Inpgi, verranno resi noti gli immobili che faranno parte della seconda tranche di vendite, mentre verrà lanciato il bando per l’invenduto ai giornalisti e dipendenti Inpgi della prima.
La seconda tranche avrà successo se i prezzi saranno più bassi, e questo dipenderà molto dalle sorprese che ci riserverà il nuovo listino di Scenari Immobiliari. E’ quanto mai urgente, intanto, che sindacati, Fondo e Inpgi tornino ad incontrarsi.