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Perché La7
vuole licenziare i giornalisti

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Perché si vogliono licenziare i 25 giornalisti de La7? E´ la domanda che
da qualche settimana il sindacato dei giornalisti, territoriale e nazionale, si
sta facendo senza trovare una risposta convincente fra quelle che la
controparte, Telecom Italia Media, propone al tavolo della trattativa. Ho
chiesto a un collega di un’importante testata, esperto di economia (che ho
battezzato Geronimo, come il grame capo Apache), di dare un’occhiata alla carte
e provare a ipotizzare una risposta. L’articolo qui sotto è il risultato del suo
lavoro. Credo che il sindacato, la politica e tutti quelli che hanno a cuore la
sorte dei lavoratori ne debbano tenere conto.


Paolo Butturini
Consigliere segretario
Dell’Associazione Stampa
Romana



La richiesta di licenziare 25 giornalisti del Tg La7 è basata su ragioni
talmente deboli e contraddittorie da far chiedere quale sia la vera ragione. La
risposta possibile è una sola. L’amministratore delegato Stella e il suo
azionista di controllo, Franco Bernabé, hanno un problema di immagine. Per
tenere in piedi La7 – con i conti devastati dalle gestioni precedenti – devono
ottenere che Publitalia allenti la sua morsa (La7 ha il 3 per cento degli
ascolti ma molto meno del 3 per cento della pubblicità); e devono fare sì che
Telecom Italia compri dalla sua tv quei prodotti multimediali che, per decine di
milioni di euro, la gestione Tronchetti Provera ha dirottato su altri fornitori,
tra cui la stessa Mediaset.  Per legittimare le sue richieste, Stella non
può far altro che far vedere quanto è severo nella sua azione di risanamento.
Cosa c’è di meglio che offrirsi come ariete per l’attacco frontale al lavoro
giornalistico?


La procedura di licenziamento collettivo aperta dalla Telecom Italia Media
per 25 giornalisti del Tg La7, infatti, sfida il sindacato a misurarsi con il
tentativo degli editori (in questo caso il gruppo Telecom) di imporre il
ridimensionamento degli organici redazionali su base del tutto discrezionale, al
di là di ogni motivazione economica. Da questo punto di vista il documento con
cui l’amministratore delegato di T.I., Media Giovanni Stella e il direttore del
tg Antonello Piroso hanno aperto la procedura, è un esempio che tutti i colleghi
dovrebbero studiare, tante e tali sono le argomentazioni infondate e/o
contraddittorie portate a supporto della volontà di licenziare oltre un quarto
della redazione.
Stella e Piroso dicono in primo luogo che La7 è una tv di
successo. Negli ultimi cinque anni, anni difficili per il mercato della
pubblicità televisiva, comunque dominata dal duopolio Rai-Mediaset, i ricavi di
La7 sono cresciuti nientemeno che del 78 per cento, e questo anche grazie al
lavoro dei giornalisti che hanno legato l’immagine della rete all’informazione
di qualità, come tutti hanno constatato in questi anni. Però, dicono, anche le
perdite sono aumentate. A quanto pare infatti i costi sono cresciuti del 50-60
per cento. Perché? Stando a pubbliche dichiarazioni dello stesso Stella, che
però si è ben guardato dal ribadirle nella richiesta di licenziamenti, la
precedente gestione di La7 (Tronchetti Provera-Campo Dall’Orto) ha largheggiato
in appalti esterni a società di produzione. L’impressione è che si continui a
largheggiare. La7 è una tv che si permette, mentre tenta di licenziare 25
giornalisti per risparmiare 3 milioni di euro all’anno, di comprare dalla
società di produzione Magnolia un programma giornalistico, Exit, che costa
quanto alla Rai Annozero di Michele Santoro, che fa ascolti da 5 a 10 volte
superiori.


 



Certo, si potrebbe anche ipotizzare che per guadagnare ascolti e
pubblicità si debba spendere di più per fare buona televisione. Come ha spiegato
all’ultima assemblea degli azionisti il presidente del collegio sindacale, “è
assai difficile immaginare di poter incrementare lo share complessivo
comprimendo ulteriormente i costi”. Ed ecco invece che Stella e Piroso
annunciano “un’incisiva azione di riduzione dei costi”, naturalmente “senza
penalizzare la qualità del canale”. E naturalmente a partire dal 2009, perché
scrivono loro stessi che quest’anno, nel primo semestre, le perdite sono
cresciute di 9 milioni di euro. Motivi: 800 mila euro di minor raccolta
pubblicitaria, il resto, oltre 8 milioni di euro, dovuti a “investimenti
effettuati nei programmi di intrattenimento e sport (coppa Uefa), investimenti
pianificati con l’obiettivo di conseguire un incremento del dato di audience
nella fascia pregiata del Prime Time”. In realtà nel conto economico non si
conteggiano gli investimenti ma la spesa corrente: dunque, mentre dicono di
dover tagliare i costi di palinsesto, e perciò licenziare 25 giornalisti, i
costi di palinsesto aumentano. Stella lo dice anche nella semestrale 2008: “Più
in dettaglio la minor redditività operativa dell’emittente La7, oltre a
risentire della riduzione dei ricavi, è da attribuirsi ai maggiori costi del
palinsesto. In particolare sono stati sostenuti maggiori investimenti nei
programmi di Intrattenimento e Sport (Coppa Uefa)”.
Il fatto è i vertici di
Telecom Italia Media nei loro documenti glissano anche su dati noti e
interessanti. Per esempio nel primo semestre 2008 i costi per acquisto di
materiali e servizi esterni (parliamo sempre di spesa corrente e non di
investimenti) sono saliti a 135 milioni di euro dai 104 del primo semestre 2007:
31 milioni in più, con una crescita del 30 per cento. Visto che chiedono di
sacrificare 25 posti di lavoro per ottenere un risparmio di 3 milioni di euro
all’anno, chiedere notizie di quei 31 milioni è legittimo o è una minaccia alla
libertà di impresa?
Alla luce di quanto sopra, risulta singolare l’altro
argomento di Stella e Piroso per licenziare 25 giornalisti: “I programmi
realizzati dalle Testate giornalistiche di La7, come negli anni precedenti,
hanno conseguito ancora nel corso del 2007 un risultato negativo, pari a circa
20 milioni di euro”. Strano. Come nasca questo numero (20 milioni di euro)
nessuno lo vuole spiegare. Però pochi giorni prima di aprire la procedura per i
licenziamenti Stella ha scritto nella semestrale 2008: “Le “colonne” del Day
Time restano l’informazione, la divulgazione e la fiction, con un occhio di
riguardo per gli eventi sportivi (…) Gioca un ruolo fondamentale anche la
testata giornalistica di La7: il TG La7 delle 12:30 (2,6% di share) e l’edizione
della tarda sera (3,4%) di fatto pareggiano il dato del 2007; l’edizione
principale del TG (h. 20:00) realizza invece il 2,0% di share medio, ottenendo
una crescita del 12% rispetto al 2007 (share 1,8%); inoltre, nel mese di giugno,
il notiziario realizza il miglior risultato degli ultimi 3 anni (2,4%). L’area
dell’informazione ha rafforzato il privilegiato rapporto con il proprio pubblico
con una maggiore presenza di Speciali TG che hanno soddisfatto le esigenze di
attualità straordinaria, come nel caso delle elezioni. Sono quasi 22 le ore
dedicate del 2008, per una share media del 3,6% (+14% rispetto al 2007)”.
L’informazione va dunque benissimo quando si parla al mercato finanziario, dove
mentire è peccato, ma diventa un disastro quando si vogliono giustificare dei
licenziamenti.


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