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Unità: garantita la cassa integrazione. Cosa fare del giornale?

L'Unità

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Con la firma di un’intesa al Ministero del Lavoro sulla cassa integrazione per cessazione di attività si chiude la storia più recente dell’Unità. Una storia targata Pessina-Stefanelli per la quota di maggioranza e Partito Democratico per il 20% di minoranza. Una storia durata due anni. Una storia nata male e proseguita peggio.

Gli editori di maggioranza non avevano competenza editoriale generica e specifica. Il PD non ha investito in vendita e distribuzione del quotidiano cartaceo. Il lavoro dei redattori si è svolto senza la bussola di un piano industriale ed editoriale. Si raccoglie oggi con la chiusura del giornale quanto si è seminato. Con la cassa integrazione garantiamo, come sindacato, i diritti di colleghi che da mesi erano rimasti senza stipendio, lavorando a un giornale che non usciva in edicola.

Possiamo rassegnarci a questo destino o possiamo considerare questo passaggio una delle tante vite dell’Unità, morta più volta e più volta risorta dalle ceneri? Non sono domande superflue. Si può ripartire a patto che il giornale non sia ostaggio della vecchia proprietà e delle logiche che ne hanno segnato il recente fallimento ma ritrovi la sua identità, la rappresentanza del mondo civile, sociale ed economico che si muove intorno a quella “cosa” che chiamiamo Sinistra, dispersa in mille rivoli spesso conflittuali. Se la Sinistra ha voglia di battere un colpo, pensiamo che ci siano gli estremi per giocarsi un’altra possibilità.

Ci sono molto probabilmente più di 4mila lettori al giorno in grado di comprare un quotidiano che rinasca intorno alle battaglie e alle rivendicazioni di diritti sociali, civili ed economici.

Stampa Romana è pronta a fare la sua parte in un progetto di rilancio su queste basi.

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